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L'ira dei Friedkin: la linea societaria è quella di Mou

E' da sempre che la Roma è "piccolina agli occhi del potere". Provarono a intervenire in momenti diversi sia l'ingegner Dino Viola e Franco Sensi, senza risultati

I Friedkin in tribuna (Getty Images), di Mancini

I Friedkin in tribuna (Getty Images), di Mancini

07 Febbraio 2022 - 09:30

«Mister president, è successo ancora». Mister Dan e mister Ryan, sabato pomeriggio per una volta assenti all'Olimpico, sono stati tenuti al corrente in tempo reale del nuovo disguido arbitrale (eufemismo) che ha coinvolto la loro Roma. E la rabbia (eufemismo pure qui) è tornata a salire. Come era accaduto dopo l'ammonizione a Pellegrini nella sfida interna contro l'Udinese. Come era riaffiorata durante e al termine del derby. Come era tornata a farsi sentire dopo la sfida del girone d'andata contro la Juventus. Come era raddoppiata per le due partite contro il Milan. Come era esplosa dopo gli scempi di Aureliano a Venezia. Come un'inaccettabile colonna sonora di una stagione in cui gli interrogativi della famiglia Friedkin si sono infittiti con il trascorrere del campionato. Perché ci sono stati tanti episodi contrari alla Roma e nessuno a favore? Perché con le altre squadre, Juventus, Milan, Inter e via discorrendo, a un episodio sfavorevole fa sempre da contraltare uno a favore? Perché la classe arbitrale chiede scusa al Milan e con noi non si è mai fatta sentire, rispondendo solo con la sospensione degli arbitri dopo che il danno l'hanno fatto? Perché al Var non richiamano quando c'è un episodio potenzialmente a nostro favore, mentre al contrario fanno a gara nel richiamare il direttore di gara di turno? Perché la comunicazione nazionale e locale in molti casi dipinge il club come capace soltanto di lamentarsi? Perché la Roma sta così antipatica? Perché con la Roma i cartellini gialli e rossi sono così frequentemente estratti, spesso peraltro quando non ce ne sarebbe neppure bisogno?

Mister Dan e mister Ryan, ma pare pure il resto della famiglia, si domandano tutto questo, ma non riescono a trovare risposte. E se le trovano, magari suggerite da qualche romanista di vecchio corso, restano allibiti. C'è da capirli, del resto non hanno decenni di storia romanista alle spalle, cosa che consentirebbe di sapere che quelle risposte che lasciano allibiti, sono vere e di vecchia data. La famiglia Friedkin, fin dal suo sbarco da queste parti, ha scelto la strada del silenzio e continuerà a farlo. Ma la posizione della società è quella che ha puntualizzato Mourinho, con la solita abilità dialettica, nel dopo partita contro il Genoa. Rabbia e insoddisfazione per tutto quello che la Roma ha dovuto subire dalla classe arbitrale, dal primo all'ultimo, in questa stagione. «Siamo piccolini agli occhi del potere» ha sentenziato Mou (caro Josè ora avrai capito quello che ti sembrava folcloristico quando sedevi sulla panchina dell'Inter). Ed è su questo aspetto che la società proverà a lavorare oggi, domani e dopodomani. Nella consapevolezza di non voler sostituire un centro di potere con un altro, ma soltanto con l'obiettivo di vedersi assegnato quanto gli spetta, niente di più. Sperando che quell'uniformità di giudizio a cui tutti dovrebbero tendere, si riesca a toccarla con mano con più frequenza di quanto succede nel nostro calcio. E' questo aspetto, quello di un'uniformità di giudizio che con la Roma rimane sempre negli spogliatoi, il fattore che più ha fatto e fa arrabbiare la proprietà texana.

Oltre all'episodio del gol annullato che il consulente arbitrale della società Calvarese (presente all'Olimpico) ha promosso, l'altro episodio che ha rialimentato i rabbiosi interrogativi dei Friedkin, è stato il cartellino rosso a Zaniolo, giudicato esagerato. Soprattutto perché tutta la Roma ricorda bene il milanista Rebic mettere le mani in faccia all'arbitro dopo l'annullamento di un gol non avendo concesso la regola del vantaggio (tipo Orsato in Juventus-Roma). In quell'occasione, invece, niente, nessuna sanzione, le lacrime dell'arbitro, le scuse dell'intera classe arbitrale. Sarà perché il Milan «non è piccolino agli occhi del potere?». Ecco, su questo la proprietà vorrà e dovrà lavorare nei prossimi mesi per cercare di non doversi arrabbiare con la frequenza di questo campionato. Non sarà un lavoro semplice. Anzi. E' da sempre che la Roma «è piccolina agli occhi del potere». Provò a intervenire l'ingegner Dino Viola con la sua intelligenza ed eleganza, nessun risultato. Ci riprovò l'irruento e passionale Franco Sensi, pure qui nessun risultato. Al momento non ci risultano dossier pronti per essere trasmessi nei palazzi che contano, ma i Friedkin attraverso le voci dell'amministratore delegato Berardi e del consulente Calvo, sono intenzionati a manifestare, con educazione e fermezza, il disappunto (ennesimo eufemismo) per il trattamento ricevuto dalla Roma. La squadra da tutto questo questo, anche se non sarà facile, dovrà essere tenuta fuori. Ieri a Trigoria il mantra di Mourinho è stato uno solo, pensiamo all'Inter per puntare alla semifinale di coppa Italia. Anche se i cocci ci sono e li paga soltanto la Roma.

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