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Antunes: "Totti un grande capitano, come De Rossi. La Roma ha un posto nel mio cuore"

Il terzino portoghese che ha vestito la maglia giallorossa: "Domani sarà una sfida divertente. Prima di venire a Roma stavo per firmare con la Juventus"

Vitorino Antunes con la maglia della Roma, di LaPresse

Vitorino Antunes con la maglia della Roma, di LaPresse

La Redazione
11 Febbraio 2019 - 19:07

Vitorino Antunes, portoghese che ha vestito la maglia giallorossa, ha rilasciato un'intervista al Match Program ufficiale in vista di Roma-Porto. Eccone un estratto.

Sapeva di essere l'unico giocatore portoghese della Roma ad aver giocato in Champions?
"Non lo sapevo, sinceramente. Ma mi fa piacere, mi fa molto piacere. A Roma ci ho lasciato un pezzo di cuore. Torno spesso nella Capitale, ho tanti amici. È lì che la mia carriera è partita, una volta lasciato il Portogallo. E pensare che avrei potuto vestire un'altra maglia prima di firmare per la Roma…".

Quale maglia?
"Quella bianconera, della Juventus. Avevo già firmato un precontratto con loro, ma nell'accordo rientrava che io sarei dovuto andare a giocare a Vicenza un anno per farmi le ossa [...]. Poi verso la fine di agosto arriva una chiamata al mio procuratore e lui mi propone di partire per Roma. Era stato contattato dai direttori Pradè e Conti. Lì non ci ho pensato un attimo, dalla prospettiva di finire al Vicenza, mi ritrovai in una squadra che faceva la Champions League, con tanti campioni".

Campioni come Totti, De Rossi, ma non solo. Come fu il suo approccio a una realtà così?
"Era la mia paura iniziale più grande, quella di entrare in uno spogliatoio formato da tante personalità importanti. Ma l'impatto fu più semplice di quello che pensavo. I ragazzi mi fecero sentire uno di loro, accogliendomi nel gruppo da subito. Francesco era un grande capitano e una persona splendida, così come Daniele. Ma devo ringraziare anche Panucci. Pure lui mi ha dato tanto sul piano personale. Per non parlare di Spalletti…".

Il suo primo allenatore in Italia.
"Esattamente, gli sono grato. Mi ha insegnato molto a livello tattico e tecnico. Io pensavo già di avere una buona predisposizione a difendere, ma una volta arrivato in Italia ho capito che non bastava. Che c'era da lavorare tanto. E il mister mi fece lavorare in allenamento curando ogni dettaglio. Mi prendeva da parte e mi spiegava i movimenti corretti. Cose, concetti, che poi mi sono ritrovato nel proseguo di carriera".

Poi, arrivò la sera dell'esordio contro il Manchester United.
"Giocai dal primo minuto e non venni sostituito. Ebbi un buon impatto sulla gara, andammo sotto nel punteggio, ma poi la riprendemmo anche se il risultato contava fino ad un certo punto. Ma quella partita mi servì per farmi capire che potevo giocare a buon livello. Tanto che l'anno dopo andai prestito a Lecce e iniziai molto bene, ma poi ci furono altri problemi. Non prettamente calcistici…".

Ovvero?
"L'allenatore, Beretta, ad un certo punto ebbe una sorta di indicazione dal club di non schierare più i giocatori arrivati in prestito dal mercato. Tra cui il sottoscritto, che ero ancora di proprietà della Roma. Evidentemente volevano valorizzare i tesserati di proprietà. E da quel momento la squadra ebbe una flessione continua. Venne esonerato Beretta e arrivò De Canio. Troppi cambiamenti, arrivò inevitabile la retrocessione. Un peccato".

Vedrà Roma-Porto?
"Certo che la vedrò. È una partita molto interessante, complicata per entrambe e difficilmente pronosticabile. La Roma è in un buon momento, il Porto è primo in classifica in campionato e con Sergio Conceiçao è diventata una formazione molto organizzata. Ci sarà da divertirsi, ma la Roma occupa ancora un posto particolare nel mio cuore, anche se sono portoghese".

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