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Dalle riunioni inglesi ai monitor del VAR: l'evoluzione del calcio non si ferma mai

Dalle origini della Football Association nel 1863 all'introduzione del più richiesto strumento della moviola in campo: viaggio nella storia del pallone

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA La Redazione
11 Settembre 2025 - 15:19

L’evoluzione del calcio non è una linea retta: più una strada piena di deviazioni, ripensamenti, inciampi. Dalle riunioni londinesi del 1863 ai monitor del VAR, sembra un racconto di compromessi, incidenti e, ogni tanto, anche idee brillanti. La Football Association nasce il 26 ottobre 1863 con quattordici club e prova a mettere ordine in un gioco fino ad allora fluido, spesso ruvido. Le regole si muovono parecchio, a volte di colpo, nel tentativo (non sempre riuscito) di proteggere i calciatori e convincere il pubblico pagante.

Sfogliando Wikipedia e i documenti IFAB si vede come lo scheletro delle 17 regole si consolidi poco per volta, mentre la tecnologia entra in scena senza far troppo rumore, poi sempre di più. Il risultato? Non solo ordine. Anche un po’ più di spettacolo, più equità, meno ambiguità… non sempre, però. La discussione resta aperta, e ogni riforma riparte daccapo.

Dalle origini della Football Association alla prima unificazione

Nel 1863 la FA licenzia il primo regolamento unificato. I delegati, alla Freemasons’ Tavern, tagliano il gioco con le mani, i calci agli stinchi e gli sgambetti: una separazione netta dal rugby, o quasi. Il campo, prima un casino di consuetudini locali, diventa uno spazio con confini chiari e principi comuni anche se l’elasticità interpretativa, quella, rimane. Già in quei mesi, stando a Wikipedia, compaiono i semi di concetti duraturi: rimesse laterali, calci d’angolo… poi rifiniti e rifiniti ancora. Londra indica la rotta, ma i club litigano su tutto: pali, larghezza delle porte, perfino dettagli che oggi paiono minimi. Intanto il pubblico cresce, la stampa registra incidenti e proteste, e spinge verso nuovi compromessi. Il gioco, lentamente, si professionalizza; il regolamento diventa non solo ordine pubblico ma, non giriamoci attorno, strumento di spettacolo.

L’ascesa dell’IFAB e la standardizzazione internazionale

Nel 1886 nasce l’IFAB con le quattro federazioni britanniche. Unico organismo autorizzato a toccare le regole: scelta che smorza (o prova a le varianti locali che falsavano tornei e amichevoli. DAZN ricostruisce un momento chiave nel 1897: partita da 90 minuti, undici giocatori per squadra. Due capisaldi che, sorprendentemente, reggono ancora. Nel 1902, sempre secondo DAZN, arrivano area di rigore, area di porta, linea di metà campo: geometria che diventa tattica.

L’anno successivo spunta il vantaggio, più discrezionalità all’arbitro e meno fischietti "spezzagioco". La standardizzazione, inevitabile con l’internazionalizzazione, sembra proteggere lo spettacolo e ridurre casini regolamentari; al tempo stesso apre nuove crepe interpretative. Crepe che nel Novecento si allargano.

Dalle 17 regole al linguaggio dei cartellini

Nel 1938 Stanley Rous guida una riforma organica che, riporta AIA Parma, consolida lo schema delle 17 regole e affin(a) la Regola 11 sul fuorigioco. La prosa è più chiara, i dubbi non spariscono. Però almeno si parla la stessa lingua. Nel 1958 si ammette la prima sostituzione per il portiere infortunato (DAZN docet), preludio all’allargamento del 1970. Messico ’70, porta due gesti che tutti capiscono: giallo e rosso. E i rigori per decidere le gare bloccate. Negli anni ’90, sottolinea Rivista Contrasti, la stretta sul retropassaggio al portiere cambia il ritmo: squadre meno attendiste, difensori più responsabili con la palla. È difficile dare numeri solidi qui, ma si è visto più gioco pulito e meno perdite di tempo. Qualche allenatore storce il naso, altri ci costruiscono sopra.

La rivoluzione tecnologica tra VAR e fuorigioco semi automatico

Il VAR parte in prova nel 2017 e diventa ufficiale nel 2018, con ambiti ben circoscritti: gol, rigori, rossi diretti, scambi d’identità secondo alcune analisi di settore. Dopo Russia 2018 la FIFA parlò di accuratezza vicino al 99,3%: cifra notevole, anche se qualcuno fa notare che dipende da cosa conti e come lo misuri. I tempi di revisione, non di rado oltre i 60–90 secondi, generano comunque frustrazione e discussioni infinite. La goal-line technology, più sobria, chiude i casi millimetrici quasi senza rumore. Sul fuorigioco, la versione semi automatica combina sensori e tracciamento corporeo con una rete di telecamere: restituisce decisioni più rapide e meno contestabili. L’IFAB, prudente ma tenace, aggiorna note interpretative ogni anno. Il bilancio? Tende all’equità, anche se a volte sacrifica un pezzetto di emotività grezza. Dipende da cosa cerchi in una partita.

Il percorso che va dal 1863 al VAR somiglia a un patto sempre rinegoziato tra tradizione e innovazione. Le 17 regole restano l’ossatura; il contesto globale, televisivo e iper-analizzato spinge a ritocchi continui. fonti regolamentari e osservatori indipendenti convergono su tre obiettivi ricorrenti: sicurezza, equità, spettacolo. Oggi il gioco è più veloce e più esigente per arbitri e calciatori. Le tecnologie, se ben governate, riducono gli errori e forse liberano talento. Quanto al resto, si vedrà: il dibattito non è un bug, è la funzione. Un regolamento vivo, a pensarci, assomiglia al calcio stesso. Un po’ disordinato, sì, ma in movimento.

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