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Roma-Shakhtar è un lungo abbraccio: nessuno è solo in mezzo ai romanisti

Un boato che non conosce secondi e schemi mentali e scienze esatte. Chiamatele emozioni e ridete in faccia a chi vi dirà che è solo un gioco

14 Marzo 2018 - 17:20

Dicono che nel momento dell'abbraccio tutto resti sospeso, che non ci sia tempo a scorrere inesorabile né leggi e né proibizione e né tantomeno desideri perché questi sono aboliti e ci sembra di esser appagati, sazi. Una pienezza nell'anima. Diffidate da chi vi dirà che ci si può e ci si deve abituare, ridete forte al cospetto di chi predica normalità nell'eccezionalità del quarto quarto.

Pagine di un libro con la pieghetta sopra l'angolino pronte ad esser ripescate, raccontate, descritte se mai fosse possibile trovar parole adatte per dar l'idea di un abbraccio grande com'è grande uno stadio e forse di più. Come se davvero i Distinti e le Tribune si fossero trasformate in braccia mentre il cuore delle Curve pulsavano a ritmo di battimani.

Abbiamo visto capitani correre a ritroso come in un gesto innaturale, una carpa che si trasforma in drago nel lungo abbraccio con l'uomo abituato a festeggiare in solitudine. In mezzo ai romanisti nessuno resterà mai solo, soprattutto mentre la sfera rotola beata dove è giusto che il destino la spinga. Dove è giusto che la Curva Sud, lo Stadio Olimpico la attiri come calamita.

Un boato che non conosce secondi e schemi mentali e scienze esatte. Chiamatele emozioni e ridete in faccia a chi vi dirà che è solo un gioco e sono solo sprazzi di gioia di un destino segnato. Conservatele gelosamente prima che il tempo ci riporti ad una realtà fatta di urne, quelle belle, e attese, speranze, chilometri da macinare per raggiungere un cielo sempre più blu ed un nuovo viaggio che non sarà bellissimo. Sarà molto di più.

Custodite quel lungo momento di euforia e smodata gioia mentre la Roma passava in vantaggio. Che bella frase, la più bella. C'erano romanisti sopra romanisti sotto romanisti in mezzo ai romanisti e un "gooooooo" che continuerà a rimbombare nella dolce prigione della mente. C'erano romanisti in piedi sui divani e tavoli ribaltati e birre volanti e un uomo che un tempo si era soliti chiamare affettuosamente "Edin" diventato per molti "Proprio lui". C'era la magia dei romanisti per i romanisti e la magia per tutti gli altri babbani sul canale successivo.

A ciascuno il suo. Ma soprattutto c'era un abbraccio capace di cristallizzare il momento per difenderlo dal nemico tempo e poi petti d'acciaio, astuzia ma soprattutto tanto cuore e un partire tutti se toccano uno, anche se è un giovane raccattapalle. Perché la vittoria è anche di chi ha beffato lo scorrere inesorabile dei secondi allontanando e spostando, nascondendo e cadendo gambe all'aria sotto un colpo gobbo, infecondo. Sul finir di questo abbraccio ci sono migliaia di cuori e un filo invisibile e un "Voglio solo star con te". Stare solo con la Roma e i suoi tifosi, perché in fondo nessuno può restare solo in mezzo ai romanisti. Soprattutto in un lungo abbraccio.

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