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Tatticamente

L'analisi di Roma-Ludogorets: per Mou esiste solo il "sistema di risultato"

Non ci sono reparti, ruoli, specializzazioni: conta solo azzeccare la strategia vincente nella singola partita. La squadra veste abiti diversi a seconda del momento e del risultato

José Mourinho

José Mourinho (GETTY IMAGES)

05 Novembre 2022 - 11:00

Confermando di essere quella magnifica macchina acchiappa punti costruita da Mourinho, la Roma ha guadagnato il secondo posto nel gruppo C di Europa League e rimandato al verdetto del play-off di febbraio la qualificazione alla fase ad eliminazione diretta nella seconda competizione europea proprio nella serata in cui l’avversaria di domenica retrocedeva nella Conference, la terza competizione che ha ancora la Roma come detentrice. Ancora una volta, dunque, non è esistita per l’allenatore portoghese una sola Roma, ma solo la squadra da vestire con tanti abiti diversi a seconda del momento e del risultato. Un allenatore che è stato immutabile per tanti anni in un sistema di gioco chiaramente preferito ad altri (il 4231) e con il totem della difesa a quattro, da quando è arrivato a Roma ha ulteriormente perfezionato la sua straordinaria capacità di badare al sodo eliminando quasi del tutto il concetto stesso di sistema di gioco. Per lui esiste semmai il “sistema di risultato”. 

Il cambio in corsa

Così la Roma per prendersi la qualificazione è stata schierata prima con due punte, un trequartista, un esterno molto offensivo e un altro più difensivo, con due mediani a garantire l’equilibrio. Poi gli esterni molto offensivi sono diventati due nel secondo tempo, visto che il risultato era diventato addirittura negativo e non bisognava perdere tempo a compatire gli sfortunati protagonisti del primo: dunque dentro Volpato, Cristante e Zaniolo, fuori Belotti, Camara e Karsdorp. Ma per sua fortuna, e per la potenza che il nuovo assetto è stato subito capace di sprigionare, trascinata dal ruggito del pubblico che non aspettava altro, la Roma non ha avuto bisogno di difendere sulle fasce in quell’avvio così poderoso di ripresa e dunque l’anomalia dei due trequartisti usati da terzini è passata quasi inosservata. Poi di esterno offensivo ne è arrivato un altro, l’altro ex trequartista Zalewski, Volpato è passato a fare il mediano, posizione in cui era inevitabile che faticasse una volta che era stato conseguito un risultato favorevole, con i due rigori conquistati da Zaniolo nell’assalto di inizio ripresa e trasformati da Pellegrini, e alla Roma è tornato utile abbozzare un po’ meglio la fase difensiva per resistere all’inevitabile ritorno di fiamma dei bulgari.

Ecco quindi che Mou senza farsi troppi scrupoli ha richiamato in panchina appena 35 minuti dopo l’ingresso lo stesso Volpato, sfruttato dal portoghese per le sue capacità offensive finché non ha esaurito il suo compito, e poi subito rimesso da parte, per far spazio al più geometrico Bove che infatti si è messo a metà campo a riordinare le cose, facilitato però indubbiamente dal terzo gol nel frattempo trovato dall’ inesauribile Zaniolo. Fra queste scelte non si capisce neanche più quale sia il sistema di gioco da rendere numericamente a chi la partita non l’ha vista o l’ha fatto solo con l’occhio del tifoso che non bada a certi dettagli. Un po’ come quando col Napoli, nel tentativo di recuperare lo svantaggio arrivato a dieci minuti dal triplice fischio, si è inventato nel finale una strana formazione sghemba con Viña terzino destro ed El Shaarawy terzino sinistro. E lì la struttura decisamente più solida del Napoli ha esposto la Roma ad una brutta figura, visto che da quei cambi azzardati non c’è stata più partita. 

Se scala le marce

La Roma dunque cambia d’abito come una ragazza che cerca davanti allo specchio il vestito giusto per festeggiare il suo diciottesimo compleanno. Ecco, il sarto Mourinho ha la capacità di indovinare quasi sempre l’abito adatto ad ogni occasione. Infischiandosene delle etichette, della continuità tattica, della costruzione dal basso o dall’alto, della pallaavantiindietroesopra, dello scarico sul sostegno, dello schema e dei tagli. Non c’è tradizione da rispettare, non c’è neanche la necessità di mantenere l’equilibrio se è conveniente per qualche minuto perderlo, non c’è ruolo che tenga, non c’è carriera individuale di cui tener conto: si cerca il risultato e solo quello conta. «Sono i giocatori che devono salire al mio livello, non io scendere al loro», la frase cult che racchiude perfettamente la seconda parte della sua carriera, quella da “Special One”. Quando scala le marce e aggiunge cavalli la Roma diventa quasi irresistibile con le sue giocate offensive, con Pellegrini che cerca Zaniolo che cerca Abraham che trova Volpato che ispira Cristante che lancia Zalewski che serve El Shaarawy che crossa per Smalling, tutto sempre e solo mirato all’obiettivo. Conta solo vincere, non serve neanche stravincere se non è conveniente farlo. E il gioco? Si lavora sui concetti base, senza ossessive ripetizioni in allenamento.

La vigilia del derby

Il derby consente ora qualche riflessione supplementare, ma da consumarsi in tempi assai rapidi. Psicologicamente la botta che ha preso la Lazio costringendo il suo ds Tare a retrocedere nella «coppa dei perdenti» potrebbe mettere i biancocelesti in una condizione di disagio stanti anche le assenze di Immobile e Milinkovic (per non parlare della cupa parabola discendente di Luis Alberto) che equivalgono però alle defezioni di Wijnaldum, Dybala e Spinazzola. Toccherà poi capire quanti dei presenti, invece, saranno in grado di reggere la competizione. Viene naturale pensare che stavolta Pellegrini verrà affiancato da Camara e Cristante, con Zaniolo avanzato verso Abraham più Karsdorp e Zalewski sulle fasce.

Il fattore stanchezza sarà forse determinante, tra i risvolti psicologici (si dice che chi arriva peggio al derby in realtà poi ne diventi il vero favorito) e quelli atletici (è più usurante vivere un bel pezzo di gara al primo posto e precipitare all’improvviso al terzo in uno stadio ostile e lontano da Roma o rischiare il terzo posto per metà partita e conquistare il secondo trascinati dal pubblico in una ripresa comunque molto dispendiosa?). E molto dipenderà dal piano tattico. La sensazione che si portano dietro le due squadre alla vigilia è quella di una protagonista non bella ma matura e solida (la Roma) e di un’altra a tratti irresistibile che però alle prime difficoltà si smarrisce e cade rovinosamente (la Lazio). Non crediamo dunque che Mourinho inviterà i suoi a scoprirsi inutilmente anche se il ruggito del pubblico di casa unito alla voglia di staccare i cugini per la prima volta in stagione di quattro punti potrebbero indurre la Roma ad attaccare. Cosa che Sarri chiede ai suoi per statuto. Così, a naso, rischia di prevalere chi si scoprirà di meno.

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