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Il silenzio degli innocenti non paga: i carnefici continuano a vessare

Sulla questione arbitrale la Roma ha scelto il profilo basso, ma i fatti stanno dimostrando che questa strategia è sbagliata: la pacatezza è stata interpretata come “Va tutto bene”, l’eleganza confusa per lassismo

Ryan e Dan Friedkin, di Mancini

Ryan e Dan Friedkin, di Mancini

02 Marzo 2021 - 11:25

Mettete i fiori nei vostri cannoni, la guerra è finita. Anzi, da qualche anno, per la questione arbitrale non è proprio cominciata: la ROMA ha scelto il profilo basso-bassissimo. La giacca invece della corazza, il sorriso di circostanza anziché il ghigno, le medaglie al valore piuttosto che le cicatrici. E così, dopo ogni decisione avversa – anche quelle più grossolanamente sbagliate – gli studi televisivi sono rimasti vuoti… Non si è fatto vivo nessuno che parlasse per conto della società. Zero. La scelta di lasciar correre, di non sottolineare l'errore, nessuno sbaglio cerchiato in rosso. Niente. Una linea di condotta studiata, è chiaro.

L'idea – forse inizialmente condivisibile – di battere, con la classe arbitrale, una strada differente rispetto a quella dello scontro nel tentativo di passare alla cassa ricevendo in cambio, non sia mai, nessun vantaggio ma nemmeno più torti. I fatti hanno dimostrato, e stanno dimostrando, che questa strategia è sbagliata. Perché gli errori – evidenti, decisivi – continuano a ripetersi come sanguinose ferite oggi per la classifica e domani, chissà, per il bilancio perché restar fuori dalla Champions costerebbe parecchi milioni e perderli, questi milioni, oltre che per i tuoi limiti anche per due-tre rigori che non t'hanno dato, o che t'hanno fischiato contro con leggerezza, sarebbe delittuoso. E invece niente, tutto tace.

Senza prendere coscienza del fatto che il silenzio è stato interpretato come "Va tutto bene", l'eleganza confusa per lassismo. Sia chiaro: lasciamo fuori dal nostro vocabolario parole comiche come "complotto", escludiamo a priori atteggiamenti chiassosi e involontariamente buffi tanto cari a platee più afone e scomposte. Nulla di tutto questo, assolutamente. Ma fermezza, questo . Intransigenza, sempre. E costante presidio degli studi televisivi che raccontano la partita, e gli episodi, a seconda dell'ospite presente: ecco, la ROMA da quelle parti non c'è mai. Né prima né dopo, dite quello che volete tanto noi non saremo lì a controbattere, a mettere pressione a nessuno.

E così capita che – al netto dei primi disarmanti quindici minuti – perdi contro il Milan sperperando azioni da gol e, pure, perché Theo Hernandez sdraia Mkhitaryan e Guida e Irrati lasciano correre… e tu, ROMA, lasci più correre di loro. Perché non dici nulla, un'altra volta. Lasciando spazio al rimbombo di un silenzio così assordante da spingere Paolo Di Canio a dire quello che tutti i romanisti stanno pensando: «È rigore». Paolo Di Canio che si sostituisce a un qualsiasi dirigente della ROMA per sottolineare che c'è stato un errore evidente. Lo riscrivo: Paolo Di Canio.
Lo capite da soli, no?!?

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