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Stadio della Roma: adesso è braccio di ferro. Fiumicino piano B

Si è svolta la riunione tecnica per mettere a punto la Convenzione Urbanistica. Tra privati e Campidoglio è scontro sulle opere pubbliche

20 Giugno 2019 - 08:12

Alla fine con una mossa un po' a sorpresa la tanto sospirata riunione "tecnica" per mettere a punto la Convenzione Urbanistica per il nuovo stadio della Roma è stata anticipata di un giorno, tenendosi in gran segreto martedì sera, e non ieri come preventivato. Sede dell'incontro ancora gli uffici della Direzione del Dipartimento Urbanistica del Comune di Roma, guidato dall'architetto Esposito, in via del Turismo all'Eur, a pochi passi dalla nuova sede sociale giallorossa. Non si è trattato del primo incontro e purtroppo nemmeno dell'ultimo, perché, contrariamente a quanto sperato fino alla fine dai proponenti, il Comune di Roma non vuole cedere rispetto alla posizione resa pubblica dalla sindaca sulle opere pubbliche, anche quelle non di pertinenza diretta dei privati. Posizione inaccettabile, dal canto loro, per i privati, che vedrebbero quindi subordinata l'apertura dell'impianto a opere pubbliche che dovrebbero essere realizzate dal pubblico, come il Ponte dei Congressi o la Roma-Lido. Il primo vive una fase di stop forzato dall'assenza di denaro nelle casse comunali, e che ad oggi sembra sempre più lontano anche dai desiderata del Governo, che ha già stanziato oltre 170 milioni di euro per il progetto, e non intende andare oltre. Mancano i 37 milioni di euro di competenza del Comune, e che erano stati stanziati nel bilancio comunale lo scorso anno, salvo poi decidere di rinviare l'investimento, stralciandolo dal bilancio, a data da destinarsi. Circa 40 milioni di euro che la Capitale al momento non ha, e che, forse, vorrebbe farsi finanziare dalla Roma. Peccato che il Ponte dei Congressi non riguardi lo stadio, al punto da non essere mai entrato in discussione nell'ambito della Conferenza dei Servizi, da dove anzi venne espunto l'altro ponte, quello di Traiano, tanto caro ai dirigenti del Partito Democratico (si trattasse del sindaco Marino o dei ministri del Governo Renzi/Gentiloni, poco importa) e che invece venne ritenuto superfluo dalla giunta Raggi (sia dall'ex Berdini che dall'attuale assessore Montuori).

La Roma-Lido, dal canto suo, prevede un profondo restyling ad opera della Regione, cui il privato contribuirà con lo stanziamento di circa 45 milioni di euro per l'acquisto di nuovi treni. La Regione Lazio, titolare della ferrovia, alla fine dello scorso mese ha firmato (dopo averla approvata in assemblea lo scorso 21 febbraio) la convenzione tra Regione stessa, ministero dei Trasporti, Rfi ed Atac (in quanto ente attualmente gestore) per l'ammodernamento della Roma-Lido. La linea diventerà una sorta di metropolitana urbana con passaggio di un treno ogni 6 minuti, e nuovi convogli, entro l'inizio del 2023. I lavori saranno assegnati nel secondo semestre del 2020 ed i cantieri dovrebbero aprirsi nei primi sei mesi del 2021 per concludersi tra la fine del 2022 e appunto l'inizio del 2023. Tempistiche queste che, anche se rispettate (cosa non sempre probabile con le opere pubbliche), costringerebbero comunque i privati ad attendere almeno sei mesi per l'apertura del proprio impianto, anche una volta terminato. La questione sembra quindi di principio, almeno così la sta mettendo la Raggi, ma è invece sostanziale. E da queste posizioni difficilmente ci si può spostare. I privati sono legittimamente convinti di aver prodotto il massimo sforzo, sia in termini progettuali che finanziari. Il pubblico invece non intende rinunciare ad un proprio cavallo di battaglia, facendo leva anche sul momento di scarsa popolarità del club giallorosso. Per molti anzi sarebbe forte la tentazione nella sindaca e nel suo entourage di fare un passo indietro e sfilarsi definitivamente dal progetto. Nessuno però ha voglia di intestarsi un altro "no", soprattutto arrivati a questo punto. E allora ecco che insistere sul punto delle opere pubbliche (omettendo che queste competerebbero al Comune stesso) potrebbe favorire una resa dignitosa.

Di soluzioni ce ne possono essere tante. Motivo per cui sarebbero stati previsti almeno altri due incontri tra le parti nel giro di un paio di settimane. Uno si cui si starebbe lavorando (soprattutto da parte dei privati) prevederebbe delle forti penali per il pubblico in caso di ritardo nella costruzione delle opere infrastrutturali di propria competenza, garantendo quindi una sorta di risarcimento per i privati in caso fosse impossibilitati ad usare l'impianto secondo le tempistiche stabilite. Non si esclude nemmeno la possibilità di ricorrere ad un parere esterno, che sarebbe stato identificato nella Conferenza dei Servizi, sul quale poi chiedere il voto dell'Assemblea Capitolina. E non si può escludere nemmeno il "commissario ad acta", previsto peraltro per legge, in caso di immobilità della pubblica amministrazione, oltre i tempi previsti per legge (ed in questo caso ci siamo abbondantemente). Sullo sfondo resta il Piano B di Fiumicino, ma per ora, come detto, dalle parti di Trigoria si resta convinti di poter portare a casa il progetto di Tor di Valle.

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