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Femminile, Ceasar: "Il nostro calcio è a questo livello grazie a lotte importanti"

Le parole della classe '97 al podcast ufficiale della Roma: "La nostra è una società presente e attenta, le siamo molto riconoscenti per questo"

Ceasar in campo con la maglia della Roma

Ceasar in campo con la maglia della Roma (GETTY IMAGES)

La Redazione
26 Marzo 2024 - 18:49

Camelia Ceasar ha parlato nel corso del nuovo episodio di AS Roma Podcast: di seguito le dichiarazioni del portiere giallorosso.

Per iniziare, ti saranno elencate 5 parate che hai fatto nel corso della tua carriera alla Roma e dovrai classificarle. Partiamo con il rigore parato in finale di Supercoppa: che cosa ne pensi?
"Diciamo che è stato rigore che una persona può pensare abbastanza centrale... Il problema è che lì avevo spinto molto di più rispetto alla palla, quindi ho dovuto correggerla. È una parata importante, è stata quella con cui abbiamo vinto un trofeo. Ma è anche merito degli altri minuti giocati a livello di squadra e dai rigori calciati dalle mie compagne. La metto al secondo posto tra le migliori parate che abbia mai fatto".

E quella contro il Pomigliano?
"Come spesso accade nelle nostre partite, fino al 73' non bisogna fare parate e poi bisogna fare quella che tiene in piedi la squadra. Questo è il bello e il brutto di giocare in una squadra forte, perché il portiere deve rispondere le poche volte in cui viene chiamato in causa. È una parata bella a livello tecnico, per come ho aspettato il tiro... È importante perché poi abbiamo vinto 1-0. Per la bellezza della parata e per il percorso dello scorso anno la metto al terzo posto".

Poi abbiamo quella contro il Bayern Monaco di quest'anno. Più facile o più difficile rispetto a quella contro il Pomigliano?
"È diversa. Quella di prima era 'preparata', col Bayern è stata fatta d'istinto. È una bella parata d'istinto, in una gara importante, eravamo sullo 0-0... Secondo me al di là della parata in sé va valutato il momento della partita in cui viene fatta. La metto al quarto posto; a livello visivo può essere più bella, ma qui eravamo ancora all'inizio della partita".

Roma-Barcellona... Hai fatto esultare uno stadio intero con quella parata. Che cosa ne pensi?
"Anche qui tutto istinto, era un colpo di testa ravvicinato. Ma non voglio metterla al primo posto: quella è stata una bella partita, una bella parata, però stavamo già perdendo. Se non ho messo altre parate al primo posto vuol dire che deve arrivare altro...".

Se il tuo criterio sta funzionando, sarai contenta di aver tenuto il primo posto libero. E infatti l'ultima, in Roma-Fiorentina 1-0, è forse quella che salva maggiormente il risultato. Era agli sgoccioli della partita.
"Sarebbe stato un peccato prendere gol. Avevamo creato tanto subendo poco, se non negli ultimi minuti. Ci sta mettere questa parata al primo posto; arrivi alla pausa nazionali a +8, è uno scontro diretto... Va bene, sono soddisfatta delle mie scelte".

Ti viene in mente una partita, un momento che ti ha fatto pensare che forse avevate fatto un altro passo di crescita rispetto all'anno scorso?
"A mente fredda dico la vittoria a Biella contro la Juve: stavamo vincendo 3-0 e stavamo soffrendo, perché loro stavano cercando di recuperare. Ma nella mia testa, dentro di me, sentivo questa consapevolezza per cui dicevo: 'Oggi non perdiamo, la portiamo a casa'. Una consapevolezza così forte fino a quella partita non l'ho mai avuta. Giocare contro la Juve, che è sempre stata la squadra che ha dominato il calcio italiano, e pensare 'non perdo' è una cosa forte, significa che veramente stai lavorando bene. Penso poi alla partita contro il Bayern, a Monaco. Anche lì avevo fatto un confronto con la partita col Wolfsburg, dove dopo aver preso i primi due gol ho pensato: 'Speriamo di non prenderne tanti'. Invece, dopo Monaco mi sono messa a letto e ho detto: 'Cavolo, abbiamo ripreso una partita in cui eravamo sotto 2 a 0, fuori casa...'. E addirittura abbiamo anche rischiato di vincerla! Quindi se ti fermi e fai questi paragoni capisci che la crescita c'è, proprio nella consapevolezza dei nostri mezzi. E questa consapevolezza ti fa lavorare ancora di più e capire dove puoi arrivare. Ti scontri con certe squadre e pensi di dover andare ancora più forte".

Leggendo certe considerazioni sul calcio femminile che venivano fatte negli anni '70, pensi a quanto sia positivo il fatto che siamo andati avanti e a quanto appariranno ridicoli certi stereotipi che ancora oggi riguardano questo sport.  
"Il tempo smentisce sempre. Spero che un giorno la gente smetterà di guardare le nostre partite per dire: "Eh, però i maschi... il calcio maschile...". Stai guardando una partita di calcio femminile. Se devi guardarlo per poi insultare, non guardarla e basta. Se pensi che le donne non possano giocare, va bene. Ognuno è libero di pensare quello che vuole e si qualifica per questo. Durante la guerra le donne andavano a giocare e riempivano gli stadi, ma poi hanno bloccato tutto dopo aver visto che c'era del successo. Devono essere dati gli strumenti, io lo so per prima perché ho iniziato a giocare a otto anni senza avere preparatori dei portieri fino ai 15, quando sono arrivata a Brescia. Quando vedo le ragazzine di oggi, che hanno già da piccole il preparatore dei portieri, mi dico: 'Cavolo, alla mia età avranno tante possibilità in più'. E' una questione di possibilità, di strumenti che oggi le atlete hanno ma che prima non avevano. Penso a Elisa Bartoli, il nostro capitano: arriva alla Roma e iniziamo ad allenare la forza in palestra, cosa che prima non avevamo mai fatto. Parliamo di sei anni fa. In sei anni quanto siamo migliorate? Prima non si faceva questo allenamento, ma solo lavoro sul campo. A quei tempi la figura del preparatore atletico era minore, non come oggi. Noi alla Roma abbiamo tanti preparatori, c'è un'attenzione specifica al lavoro sul corpo. Prima le condizioni erano completamente diverse, neanche si sapeva l'esigenza del preparatore. Sembra una vita fa, ma si tratta solo di sei anni fa. Se avessimo iniziato subito dove saremmo ora?"

Le invidi un po' le ragazzine che oggi iniziano a giocare a calcio? Un'invidia buona, ovviamente.
"No, spero solo che possano rendersi conto della fortuna che hanno e che la sfruttino bene. Perché per arrivare a questo punto sono state fatte delle battaglie, degli scioperi, delle lotte importanti. Quindi spero che non venga mai dato nulla per scontato, c'è qualcuno prima di te ha lottato per farti avere certe cose. Spero che questa fortuna la prendano anche come responsabilità di continuare ciò che è stato iniziato".

Lo scorso anno, nel giro di una settimana - tra andata e ritorno contro il Barcellona - avete giocato di fronte a circa 100.000 persone, molte delle quali andavano a vedere per la prima volta una partita femminile. Secondo te questi tifosi cosa si sono portati a casa?
"Nei giorni successivi alla partita dell'Olimpico ci siamo confrontate ed è stato bello quanto le persone ci avessero riempito di messaggi. Ne prendo uno che mi aveva fatto essere fiera: 'Erano tantissimi anni che non vedevo una partita all'Olimpico e mi fermavo dopo la partita con un amico a bermi una birra, mangiare un panino e parlare della bellezza della gara che ho visto'. Ce ne sono stati tanti di questi messaggi. E il fatto che molti abbiano scritto 'sono venuto per curiosità, ma da oggi verrò sempre', ti fa capire che sei riuscito a fare quello che andava fatto anche sul piano dello spettacolo da dare al tifoso. Sono contenta che dopo quella partita ci sono stati tutti sold out. È stata un'evoluzione bella, che ti fa capire anche che hai lavorato bene anche nel conquistare il tifoso. Perché avevamo fatto davvero una bella partita, ma non è difficile fare una cosa del genere nel momento in cui ci abbiamo sempre messo passione e determinazione. Ce la siamo giocata con la squadra più forte scendendo in campo con serenità e con voglia di fare bene. Questo si è visto e ha portato questi risultati".

Quest'anno abbiamo finalmente potuto giocare in casa, grazie al rinnovamento del Tre Fontane, le partite di Champions League.
"Più che rinnovamento, un investimento. Perché, come dicevo, nulla è scontato. Penso che quello che abbiamo fatto in questi anni sia stato dimostrare di meritarci un investimento di questo tipo, ma non è scontato. Da questo punto di vista la società ci è stata molto vicina, perché non era dovuto fare un investimento del genere. Ma noi avevamo fatto questa richiesta perché l'anno scorso fare Roma-Latina, non per noi ma per tutte le persone che volevano tifarci, è stato pesante, a livello di traffico e di orari. Non è scontato che ti venga dato ciò che chiedi, quindi il fatto che la nostra richiesta sia stata accolta dimostra che la società è presente e ci tiene al calcio femminile. Ce lo ha dimostrato anche venendo a trovarci prima della finale di Coppa Italia dello scorso anno. È una società presente e noi siamo molto riconoscenti per questo".

Come si passa il giorno della partita? Film, libri, videogiochi, musica?
"Quando giochiamo alle 9 di sera sembra che non arrivi più. Musica sì, il giorno della partita ascolto un po' di tutto. Ho una playlist specifica, una settantina di canzoni che ascolto anche nel viaggio dall'hotel al campo. La mattina sto tranquilla, perché altrimenti arrivo alla partita che sono già stanca prima ancora di iniziare. Quindi ti guardi un film, una serie, chiacchieri con la tua compagna di stanza. Mangi tante volte, ti riposi. Dopo la riunione invece ti focalizzi".

Che serie guardi?
"Ho da poco finito l'ultima stagione di 'Good Doctor', che mi piace tantissimo, è una delle mie preferite. Adesso ne devo trovare una da iniziare, sono a corto di idee. Tra quelle che mi sono piaciute ci sono anche 'Le regole del delitto perfetto', 'The Mentalist'. Ne ho viste tante di serie tv".

Piatto che ti viene meglio?
"Mi piace fare i risotti e i primi. Con i secondi me la cavo, ma con i primi vado meglio. Il mio risotto preferito è radicchio e taleggio, buonissimo".

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