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il presidente della camera di commercio italiana a

L'intervista ad Alessandro Belluzzo: "Da fuori conviene"

Si parla di Decreto Crescita: "Favorisce chiunque voglia trasferirsi a lavorare in Italia, nel provvedimento rientrano i calciatori con la defiscalizzazione fino al 50%"

Smalling, Pedro e Mkhitaryan

Smalling, Pedro e Mkhitaryan

21 Giugno 2020 - 19:23

Decreto crescita. Cioè il decreto legge numero trentaquattro pubblicato il 30 aprile dello scorso anno ed entrato in vigore ventiquattro ore dopo, nel giorno della festa dei lavoratori. Un decreto che è stato un po' dimenticato, forse perché la sua notorietà l'ha avuta con la dizione, nel linguaggio più semplice, di decreto per favorire il rientro dei cervelli nel nostro paese. Definizione, peraltro, limitativa. Perché prevede l'estensione di agevolazioni fiscali per tutti quei lavoratori che trasferiscono la propria attività nella nostra penisola. Compresi i calciatori che, magari si potrà pure non essere d'accordo considerando gli stipendi che incassano rispetto a quelli dei comuni mortali, decidono di portare la loro arte pedatoria nel nostro campionato. Italiani o stranieri non fa differenza. Per questa ragione, negli ultimi tempi il decreto è tornato di grande attualità. Per quanto riguarda la Roma ancora di più, visto che nella prossima stagione potrebbe avere diversi calciatori (Smalling, Mkhitaryan, Pedro, Zappacosta e magari non è finita qui) che potrebbero usufruire del decreto crescita con conseguenti e notevoli vantaggi fiscali e, quindi, economici. Per farci spiegare nel dettaglio il decreto, abbiamo fatto una chiacchierata con Alessandro Belluzzo dello studio Belluzzo International Partners, sedi a Milano, Verona, Londra, Singapore, presidente della Camera di Commercio italiana sotto il Big Ben, professionista che è stato decisivo estensore del decreto. 

Dottor Belluzzo, prova a spiegarci le motivazioni che hanno portato a questo decreto? 
«L'obiettivo era cercare di semplificare le cose per consentire il ritorno dei lavoratori nel nostro paese. La definizione "rientro dei cervelli" fa capire quali fossero le motivazioni. Io ho dato una mano in commissione con alcuni suggerimenti. Credo che si sia fatto un buon lavoro». 

I vantaggi fiscali che poi vedremo, sono usufruibili da tutti? 
«Ad alcune condizioni». 

Quali? 
«Che chi rientra abbia avuto residenza all'estero almeno per due anni. Prima gli anni erano fino a 5 per i non laureati e bisognava essere iscritti all'Aire, l'anagrafe degli italiani residenti all'estero. Ora questa iscrizione non è più condizione necessaria ai fini del decreto ma è un diritto e  un dovere e quindi non andrebbe mai dimenticata». 

Che tipo di vantaggi fiscali garantisce il decreto? 
«Una detassazione del settanta per cento che arriva al novanta per chi decide di rientrare nel Sud dell'Italia. È una norma che vale per cinque anni che può essere estesa per ulteriori 5 anni a certe condizioni». 

Vale soltanto per gli italiani? 
«Ora non più. È usufruibile per chiunque decida di trasferirsi a lavorare nel nostro paese». 

Quindi anche per i calciatori? 
«Sì. Abbiamo inserito proprio una parte relativa agli sportivi professionisti, compresi ovviamente i calciatori. Si è deciso di attuare una defiscalizzazione diversa rispetto agli altri lavoratori. Ovvero la percentuale è minore rispetto agli altri lavoratori, cioè del cinquanta per cento ed è valida per tutta l'Italia, non c'è un incentivo maggiore se il calciatore dovesse trasferirsi in un club del Sud Italia». 

Che tipo di vantaggi può avere una società che decide di usufruire del decreto? 
«Il vantaggio è solo per lo sportivo. Tenuto però conto che i compensi degli sportivi sono quasi sempre concordati "al netto", di riflesso il vantaggio per le società sportive è quello di una riduzione del costo dell'ingaggio». 

Facciamo un esempio. Nel nostro campionato arriva un calciatore che come stipendio incasserà un milione di euro netto. Lo sportivo quante tasse pagherà? 
«Avrà un risparmio sull'Irpef notevole. Perché il cinquanta per cento, in questo caso mezzo milione, non sarà tassato, l'altro cinquanta sarà tassato secondo le regole vigenti». 

Questo risparmio vale sin dal primo anno?
«Dipende da quando la residenza viene stabilita in Italia. Chi trasferisce in Italia la residenza nella seconda metà di un periodo d'imposta è considerato fiscalmente residente in Italia solo a partire dal periodo d'imposta successivo, e quindi la fruizione del beneficio inizia con l'anno fiscale successivo. Inoltre, per poter mantenere il beneficio fiscale, è obbligatorio rimanere residenti nel nostro paese almeno per due anni, pena la restituzione del beneficio ricevuto». 

Per poter accedere al decreto, chi deve farne richiesta? 
«Per questo regime la richiesta viene fatta dallo sportivo al club, mediante autocertificazione del possesso dei requisiti. Cosa diversa è la richiesta da avanzare all'erario per l'applicazione del regime dei centomila euro utilizzato da Ronaldo». 

A noi, per esempio, risulta che la Roma, con Mkhitaryan, Smalling e Zappacosta, per la stagione in corso, la prima in Italia dei tre calciatori, non abbiano fatto nessuna richiesta. Potrà farla se i calciatori dovessero continuare a giocare nel nostro campionato, quindi anche per il secondo anno? 
«Se ricorrono le condizioni per l'applicazione, potrà fare richiesta anche per l'anno in corso. E credo che non ci sarebbe nessun problema nell'applicazione». 

Lo scorso anno, in occasione dell'arrivo di Ronaldo alla Juventus, si parlò del fatto che il portoghese avrebbe pagato soltanto centomila euro di tasse. Dov'è l'errore? 
«È una cosa diversa. Quei centomila euro, cifra fissa, sono relativi ai redditi, pensate agli sponsor per esempio, che il calciatore percepisce all'estero. Il beneficio accordato dal decreto crescita invece riguarda i compensi percepiti in Italia per la prestazione sportiva». 

Uno sportivo può allora usufruire di entrambi i vantaggi fiscali, cioè centomila euro per il cash incassato all'estero e decreto crescita? 
«No, le due cose non sono assolutamente cumulabili. Il calciatore deve scegliere: evidentemente il portoghese ha fatto i suoi conti decidendo per i centomila euro». 

La stessa cosa dovrà fare Pedro, o chi per lui, se dovesse decidere di venire a giocare in Italia? 
«Certo. Dovrà valutare quale è la soluzione migliore per lui e discuterne con il club». 

Un risparmio per la società che, volendo, aggiungiamo noi, in parte potrebbe finire sull'ingaggio del calciatore

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