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Totti: "Spalletti ossessionato dalle carte, Nainggolan e Pjanic volevano scappare dalla finestra"

Nella sua biografia, la leggenda della Roma ha raccontato diversi retroscena sulla trasferta di Bergamo contro l'Atalanta

Totti e Spalletti, di LaPresse

Totti e Spalletti, di LaPresse

La Redazione
27 Settembre 2018 - 14:37

All'interno della sua biografia Un Capitano, scritta insieme a Paolo Condò e in vendita da oggi, Francesco Totti si è soffermato a lungo sul suo rapporto con Luciano Spalletti e in particolar modo sul trattamento a lui riservato dal tecnico toscano nel corso della sua seconda avventura in giallorosso. All'interno del libro, il dirigente romanista si sofferma molto sulla gara Atalanta-Roma, pareggiata per 3-3 grazie ad un suo gol. Oltre a raccontare un acceso diverbio con il tecnico toscano a fine partita ("perdo le staffe anche io e ci devono separare in quattro perché altrimenti ce le daremo di santa ragione"), Totti ha svelato in tutti i dettagli un retroscena riguardante la sera prima della gara. "Il mister pretende sempre di piazzarsi fra me, Nainggolan e Pjanić, i tre inseparabili che stanno assieme prima di andare a dormire. Il suo rovello è il solito, il gioco delle carte".

 

"Sabato sera a Bergamo io, Mire e Radja siamo riuniti in camera mia – sullo schermo c'è il Texas Burraco – quando, attorno alle 23.30, Spalletti in tuta nera arriva di soppiatto davanti alla mia porta e si siede a terra subito fuori, la schiena appoggiata alla parete, in attesa, praticamente invisibile perché il corridoio è poco illuminato [...] Poco prima di mezzanotte esce De Rossi. Nella semioscurità non crede ai suoi occhi. «Mister, è lei? Ma che sta facendo?». Spalletti risponde a bassa voce: «Niente, niente, tanto so che adesso avviserai i tuoi amici…». Daniele fa lo gnorri, «Ma che avvisare, mi faccio gli affari miei», torna in camera e manda subito un WhatsApp a Pjanić: «Occhio che avete il mister in agguato fuori dalla porta». Sono le 0.15, un quarto d'ora dopo l'orario limite: nulla di particolarmente grave, ma Radja e Mire valutano ugualmente l'idea di scappare dalla finestra lasciandosi cadere giù. Siamo al secondo piano, però. È troppo alto [...]  Alla fine socchiudo la porta di quel tanto che basta per vedere le gambe distese di Spalletti. Radja esce fingendo di inciamparvi, «Oddio, chi è? Mister, ma che diavolo…», Pjanić lo segue e io… chiudo la porta alle loro spalle. In tempo però per sentire la voce sarcastica di Spalletti: «Non fate i furbini, io lo so cosa facevate nella camera di Francesco, giocavate a carte», e Mire subito: «Quali carte? No, eravamo al computer!». «Facciamo i conti domani» è l'ultima, minacciosa frase che mi arriva".

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