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Pellegrini, El Shaarawy e Mancini: una Roma nazionale

Tre splendidi protagonisti di una grande partita. Avrà gradito di sicuro anche il Ct Mancini, che vuole portarli tutti e tre al prossimo Europeo

Il gol di El Shaarawy in Roma-Shakhtar Donetsk, di LaPresse

Il gol di El Shaarawy in Roma-Shakhtar Donetsk, di LaPresse

12 Marzo 2021 - 14:56

Il dubbio, dopo la capocciata di Mancini, c'è venuto. Ovvero: ma chi c'è sulla panchina della nostra Roma? No, perché prima Lollo nostro, poi il Faraone, infine il difensore che non deve chiedere mai, sono tre scelte che il commissario tecnico azzurro Roberto Mancini non si è quasi fatto mai mancare. E di sicuro ieri sera il ct avrà gradito parecchio che a decidere i primi novanta minuti (guai nonostante tutto a sentirsi già qualificati) della doppia sfida con gli ucraini, siano stati proprio i ragazzi a cui gli piace consegnare una maglia azzurra. Splendidi tutti e tre. Protagonisti di una partita in cui Mancini ha fatto la differenza in difesa, Pellegrini per tutto il campo, El Shaarawy in fase offensiva e non solo.

Ecco, cominciamo proprio dal Farone. È voluto tornare con tutte le sue forze a indossare la nostra maglia. Voleva la Roma, la Roma ha avuto. Ci ha messo poco a mettersi a disposizione di Fonseca, nonostante fossero otto mesi che non giocava una partita vera e fosse reduce pure dal Covid. Lo ha fatto, peraltro, con la discrezione ed educazione che hanno sempre fatto parte di lui, nessuna pretesa di giocare per diritto divino, semplicemente caro mister quando vuoi io risponderò presente. Come ha fatto nella seconda parte del secondo tempo contro gli ucraini, quando Fonseca lo ha mandato in campo al posto di un Pedro a corrente alternata. Vogliamo parlare del suo gol? Il primo dal suo ritorno: un lancio rasoterra sulla sua corsa, due avversari che è stato come se non ci fossero, pare che ancora stiano cercando il pallone, uno sguardo al portiere, un tocco al pallone, poi scavetto e s'abbracciamo. E poi tanto, tanto altro. Una splendida giocata di punta su assist di Pellegrini (e come ti sbagli) deviata in angolo dal portiere ucraino, una terza occasione davanti al portiere su assist di Spinazzola, un assist faraonico per Borya Majoral con lo spagnolo che ha sbagliato lo stop altrimenti sarebbe stata un'altra tacca. Fin qui, si potrebbe dire, avrebbe fatto il suo mestiere, quello dell'attaccante. In realtà El Shaarawy ha fatto molto altro anche in fase difensiva, sempre pronto a ripiegare, in un'occasione anche da decisivo ultimo uomo. Confermando di non aver dimenticato come si fa, ribadendo di essere diventato un giocatore completo come era stato nella sua ultima stagione alla Roma prima di cedere alle lusinghe di una vagonata di soldi cinesi.

E poi Lollo nostro. Sono ancora in circolazione presunti capiscioni di calcio che ne mettono in dubbio qualità sopra la media? No, sicuramente ora si saranno rinchiusi nei loro tombini, magari pronti a rispuntare fuori quando Pellegrini steccherà una mezza partita. Se mai dovesse succedere, ricordiamoci della partita di ieri sera del nostro Capitano, dominante in tutte le zone del campo, in qualche occasione pure finto nueve, come è accaduto in occasione del gol che ha sbloccato la partita. Pedro ha fatto la miglior cosa della sua partita, verticalizzazione sui piedi di Lollo, stop a seguire, tiro rasoterra a battere il portiere, giocata che in qualche misura ci ha ricordato la rete di Dzeko all'Olimpico sempre contro gli ucraini, un gol che ci regalò il Barcellona e non aggiungiamo altro. Partita meravigliosa quella di Pellegrini. Da leader di una Roma che ruota sempre meglio intorno alle sue idee che è calcio che voi umani. Quest'anno ha pure ripreso confidenza con il gol, cosa che quelli dei tombini cavalcavano per criticarlo perché non segnava.

Dulcis in fundo, Gianluca Mancini. Capace di mettere ko una, due, tre, quattro, cinque volte Tyson. L'altro Capitano di questa Roma. C'è chi dice che di Mancini ne vorrebbe undici. Chi lo dice ha ragione. Perché è con la sua personalità che si può andare oltre. Anche di un piccolo infortunio accusato nel primo tempo, Ibanez pronto a entrare, lui che a Fonseca gli dice no mister, esco solo se riavverto dolore. È rimasto in campo fino al fischio finale. Assoluto protagonista nella nostra metà campo. E pure in attacco andando a realizzare il terzo gol della serata, quello che dovrebbe assicurarci un pizzico di serenità a Kiev. Lo ha fatto con l'ennesima capocciata della sua stagione, il quinto gol, tutti arrivati da quel suo capoccione che quando c'è da saltare in area di rigore non ha paura di niente e di nessuno. Partita dopo partita sta diventando sempre più leader di una Roma che vuole convincere a trasformarsi a sua immagine e somiglianza. Cioè con la faccia brutta sporca e cattiva, senza avere paura di niente, vietato abbassare lo sguardo. E i suoi compagni piano piano lo stanno seguendo. Quando c'è da mettere gamba, la mettono, come la mette lui, Gianluca Mancini il calciatore che non deve chiedere mai. Qualcuno dice che il ragazzo arrivato dall'Atalanta, in campo rappresenti meglio di chiunque altro lo spirito di un Fonseca ieri sera da applausi a scena aperta. Quel qualcuno ha ragione.

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