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nel nome della rosa

Da Karsdorp a Mayoral, da Villar a Cristante: l'importanza dell'altra Roma

Fonseca tiene in tensione il gruppo, la squadra risponde. Le seconde linee giallorosse stanno diventando qualcosa in più di semplici alternative

Rick Karsdorp e Borja Mayoral contro il Parma, di LaPresse

Rick Karsdorp e Borja Mayoral contro il Parma, di LaPresse

23 Novembre 2020 - 18:45

È stata come un'illuminazione. Arrivata verso il tramonto di una partita che la nostra Roma ha vinto e gestito come sanno fare solo le grandi squadre. Il tutto in una giornata in cui all'appello non avevano risposto Dzeko, Smalling, Zaniolo, Fazio, Kumbulla, Pastore, Santon e Pellegrini solo quarantotto ore prima era tornato abile e arruolabile.

Dunque, correva il minuto ottantacinque, o giù di lì, di una sfida che aveva già detto tutto. Sulla nostra fascia destra continuavamo a vedere un orange che correva avanti e indietro senza neppure dare l'idea di sentire la stanchezza. L'orange è Rick Karsdorp, che, come sanno bene gli statistici, novanta minuti con la nostra maglia nei precedenti tre anni li aveva giocati poco e niente. Ieri, contro il Parma, stava ancora lì, in campo, sempre pronto ad appoggiare la manovra offensiva, mai pigro nei ripiegamenti difensivi, protagonista come mai con tanto di assist (e che assist) per il secondo gol di quel campione che è Mkhitaryan (ammazza quanto è forte), quello che di fatto ha chiuso gioco, set e incontro. Ma come, potreste domandarvi, nel giorno in cui l'armeno regala ancora una volta gli effetti speciali, Pedro si conferma che è ancora come un ragazzino a cui piace correre dietro un pallone, Veretout giganteggia in mezza al campo e non solo, voi state qui a esaltare l'orange?

Sì. Non solo perché Karsdorp se lo è meritato, ma perché con questo vogliamo sottolineare i meriti dell'altra Roma, quella di scorta, quella operaia, quella che in molti hanno sempre sottovalutato ritenendola non all'altezza. Sia chiaro, i titolari restano i titolari, ma rispetto a quello che in molti pensavano, la distanza con i panchinari non è poi mica tanta. Merito, probabilmente, anche di quel signore che è Fonseca, capace di far sentire tutti importanti, ma soprattutto di mettere in campo una squadra che è una squadra, in costante miglioramento, con un'identità sempre più identificabile.

E, si sa, quando una riserva entra in una squadra che funziona, tutto gli viene più facile sapendo di giocare in un gruppo che pensa per tutti, lasciando negli spogliatoi individualismi ed egoismi. Per fare un esempio: ricordate quando Valigi, Anni 80, prendeva il posto di Falcao? Dire che tra i due ci fossero non meno di cinque categorie di differenza non è peccato, eppure a noi che ormai abbiamo i capelli bianchi, pure Valigi ci sembrava un grande giocatore in quella meravigliosa Roma.

La partita di ieri, in questo senso, non ci ha dato solo la risposta dell'orange. Vogliamo parlare di Borja Mayoral? Il centravanti, arrivato dal Real Madrid, nelle sue prime uscite, inutile nascondercelo, qualche perplessità l'aveva suscitata, della serie che da queste parti la pazienza è un privilegio per pochi. Ha faticato nelle prime settimane, ma ha continuato a lavorare e, piano piano, ha cominciato a capire questa Roma, magari pure vedendo Dzeko giocare. Il risultato è che contro il Parma è stato determinante con quel primo gol che solo chi non ha mai giocato a calcio può pensare che sia stato facile, con quell'assist, forse inconsapevole, a Micki per quel destro che ha disegnato un sogno, con un altro assist, prima ancora della sua rete, per Veretout che è stato molto dzekiano. Prima due gol in Europa al Cluj, ora questo primo brindisi in campionato, segnali importanti, al punto da poter pensare quello che non avevamo mai pensato, cioè si può fare a meno anche del bosniaco.

E di Villar che vogliamo dire? Il ragazzino spagnolo, anche in precedenza, ogni volta che era stato chiamato in causa aveva sempre dato la sensazione di un giocatore che aveva solo bisogno di andare in campo per rivelarsi al calcio che conta. Ce lo ha ribadito anche ieri. Ha tutto. Tecnica, visione di gioco, coraggio, ambizione. È già adesso qualcosa di più che una semplice alternativa.

L'ultima annotazione, la vogliamo riservare a un giocatore che da queste parti è stato più insultato che applaudito. Cioè Cristante. Andrebbe apprezzato solo per la disponibilità tattica che ha sempre garantito. Daniele De Rossi una volta disse: «Io di Cristante ne vorrei dieci». Pure noi.

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