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Quando Cristante negò lo scudetto ai Giovanissimi di Montella

Milan-Roma 3-0. Lui era la mente, Petagna il braccio. Nelle giovanili: scudetto nel 2010, scudetto nel 2011 e premio di miglior giocatore al Viareggio nel 2013

03 Giugno 2018 - 11:00

Difficile immaginarlo nel 2010, Cristante a Roma. Forse perché allora, il ragazzo nato a San Vito al Tagliamento e cresciuto a San Giovanni di Casarsa, sembrava destinato a diventare il futuro del Milan, che lo aveva appena strappato all'Udinese, che poteva essere la sua destinazione naturale, per motivi geografici. Ma il talento supera facilmente i confini regionali: i rossoneri avevano rapporti molto stretti con la Liventina Gorghense, lo storico club dilettantistico del trevigiano che lo aveva tesserato, e non se lo lasciarono sfuggire. Anche perché era oggettivamente difficile non notarlo: era alto una spanna più degli altri, ma si vedeva che non erano solo le evidenti doti fisiche a renderlo speciale, aveva personalità e pulizia di calcio, lanciava e batteva le punizioni, in mezzo al campo sapeva fare tutto. Al Milan trovò un altro alto come lui, e cominciarono a fare sfracelli: Cristante in regia, Petagna al centro dell'area, col fisico di un giocatore di rugby in mezzo ai lanciatori di coriandoli. Era il campionato 2009-10: la Federcalcio diffuse le convocazioni per il Torneo di Natale, radunando per la prima volta due squadre di 1995, per l'Under 15: molti si sono persi, solamente in 5 hanno giocato in serie A la scorsa stagione: lui, Alessio Romagnoli, Gollini, all'epoca alla Spal, Sensi, che giocava al Rimini, e lo juventino Mattiello.

Ma quello era solo uno stage, e l'Italia non aveva ancora una nazionale Under 15: di quei 5 che hanno fatto strada, lui fu l'unico che debuttò sotto età con l'Under 16. Era il più pronto, e trascinò i Giovanissimi del Milan alla finale scudetto, il 17 giugno 2010. Il giorno della doppia finale della Roma: i ‘93 di Stramaccioni vinsero lo scudetto battendo la Juventus, una mezz'oretta dopo iniziò la finale dei ‘95, contro i rossoneri. In porta Perilli (quest'anno protagonista a San Siro col Pordenone, portando ai rigori l'ottavo di Coppa Italia con l'Inter), terzini Nanni e Sammartino, Di Gioacchino e Romagnoli centrali, in una mediana a tre - in cui curiosamente non trovò spazio Mazzitelli - c'erano Musto, Catania e Ferazzoli, in attacco Anastasio, Fedeli e Ferri. Il nome più noto era in panchina: Vincenzo Montella, alla sua prima esperienza da allenatore. Tutto bene fino a quel giorno, in cui la squadra crollò: 3-0, in 60' di gioco. E se la Roma aveva solo due giocatori arrivati in A, il Milan non stava messo meglio: Cristante, Petagna e poi il diluvio, visto che dei vari Galbusera, Claveria e D'Avolio, protagonisti di quella finale, si sono perse ben presto le tracce.

Il secondo tentativo

Si giocavano a Montepulciano in quegli anni le finali organizzate dal Settore Giovanile e Scolastico, il Milan ci tornò un anno dopo, con gli Allievi, classe 1994, e vinse in scioltezza, con l'Empoli, 1-0 firmato Kingsley Boateng, il ghanese poi naturalizzato italiano che ha passato quegli anni a spiegare che non aveva parentele con Kevin-Prince, all'epoca sulla cresta dell'onda. C'era Hysaj al centro della difesa di quell'Empoli, non Rugani, già in Primavera, il Milan vinse quella finale senza stancarsi troppo: la fatica vera l'aveva fatta nella gara prima, l'ultima gara del girone a tre, ancora contro la Roma, che sarebbe passata anche col pareggio.

Erano i ragazzi del ‘94, Verre e i gemelli Ricci, c'erano solo tre ‘95 sotto età: Bende Bende, uno dei tanti africani che fanno sfracelli nelle giovanili e poi spariscono, Romagnoli e Cristante. Che quel giorno giocava con la maglia numero 10, lanciava appena poteva Boateng - che da grande, con Catania, Bari e Italia Under 21, ha segnato la miseria di 3 gol, ma all'epoca spaccava le partite - e segnò pure il 2-0, al 23' del primo tempo, con una punizione che in realtà doveva essere un cross. Scudetto nel 2010, scudetto del 2011, secondo posto e premio di miglior giocatore al Viareggio nel 2013, gol a San Siro alla seconda presenza in A nel 2014. Non aveva ancora 19 anni: il Milan aveva trovato un tesoro, lo vendette al Benfica ancor prima di rendersi conto di quanto potesse valere.

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