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L'esperienza di Petrachi alla Roma: storia di un feeling mancato in un anno

L’arrivo del ds dal Torino è convulso. Il caso Dzeko lo manda sotto inchiesta e viene assolto dalla procura federale. Dopo il (buon) mercato, più di una gaffe

, di Mancini

, di Mancini

19 Giugno 2020 - 15:15

Un anno vissuto pericolosamente. L'esperienza di Gianluca Petrachi a Roma contiene già nel prologo le stimmate di un rapporto complicato. Dopo l'addio di Monchi e il breve interregno di Massara, il club punta tutte le fiches sul ds cresciuto accanto a Rino Foschi. L'idea nemmeno troppo velata è quella di tentare l'accoppiata di matrice leccese: lui dietro la scrivania, Antonio Conte in panchina. Il corteggiamento all'ex ct però va a vuoto e per liberare il dirigente dal suo decennale rapporto con il Torino, si ingaggia un'estenuante battaglia con Cairo. Alla fine il patron granata cede all'inevitabile, ma pretende un corrispettivo che arriva in forma di giocatori: al Toro passano i due giovani Greco e Bucri.

Petrachi viene annunciato il 25 giugno, a mercato non ancora ufficialmente iniziato ma di fatto già nel vivo. I compiti che lo attendono non sono semplici: la squadra viene da una stagione più che deludente, è stata affidata a un tecnico bravo ma a digiuno di calcio italiano, la piazza è in tumulto per gli addii di De Rossi e Totti e sulla società pende la spada di Damocle del 30 giugno, spauracchio inquietante in un anno privo degli introiti della Champions. Bisogna far quadrare i conti con una cessione importante: tocca a Manolas partire, in direzione Napoli. Anche in questo caso il tira e molla con la controparte arriva fino al gong, complice l'ostinazione del neo-dirigente. Il percorso inverso lo compie Diawara e qualcosa di simile accade con la Juventus, nell'operazione che coinvolge Spinazzola e Luca Pellegrini. Gli affari successivi sconfessano quasi completamente le campagne di Monchi, cui lo stesso Petrachi non risparmierà poi frecciate a distanza («Ho detto subito che questo era l'anno zero, sono stato chiamato dalla proprietà per provare a recuperare gli errori dei due anni precedenti»).

La nuova squadra prende forma con Pau Lopez, Mancini e Veretout, ma la trattativa che tiene banco è quella che riguarda Dzeko. Proprio Conte dopo averlo mancato al Chelsea prova a portarlo all'Inter. Petrachi cerca un degno sostituto prima in Icardi, poi in Higuain ( che nomina pubblicamente), ma nel frattempo non molla il suo centravanti se non alle proprie condizioni. Il ds rivelerà poi che «quando a maggio ho incontrato l'Inter ho proposto il mio prezzo, ma i nerazzurri non ci sono mai arrivati», dichiarazione-boomerang, perché all'epoca il dirigente era ancora tesserato col Torino, anche se dall'inchiesta della procura federale verrà assolto. Alla fine Dzeko rinnova, con lui Zaniolo e Ünder, e dall'Inghilterra arrivano a fine sessione Zappacosta, Smalling e Mkhitaryan, che con Kalinic chiudono un mercato di tutto rispetto. Ma le gaffe di Petrachi continuano: dopo il gol annullato col Cagliari protesta, «Il calcio non è da signorine», scatenando una bufera che si placa solo dopo le scuse. Ma la sensazione è che il feeling non sia scattato, e con la squadra il rapporto si incrina per una sortita negli spogliatoi nell'intervallo col Sassuolo. Il resto è storia recente.

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