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L'intervista

Villani, Cts: «In guerra chi pensa a giocare?»

Una voce del Comitato Tecnico Scientifico: «Ci riuniamo ogni giorno per quattro ore. E gratis. La ripresa? Neanche Otelma lo sa»

07 Maggio 2020 - 10:44

Il professor Alberto Villani, presidente della Società Italiana di Pediatria, è uno dei venti superesperti del cosiddetto Comitato Tecnico Scientifico, uno dei presunti "cattivoni" che terrebbero in ostaggio la Serie A. Per parlargli abbiamo dovuto sfruttare l'unico quarto d'ora libero nell'arco di due giorni.

Grazie del tempo che ci concede, professor Villani. Ci dice intanto come è stato composto questo Comitato?
«Il Comitato è un organo consultivo della Protezione Civile che fa capo alla Presidenza del Consiglio. Al comitato afferiscono figure istituzionali della Sanità Pubblica, tipo i presidenti dell'Istituto e del Consiglio Superiore di Sanità, il presidente dell'Istituto Nazionale delle malattie infettive, i direttori generali del Ministero della Salute e, come esperti, figure tipo i presidenti dell'Agenzia del Farmaco e delle società della Geriatria, Broncopneumologia, della Rianimazione e della Pediatria. Tutti scelti in base al ruolo, non certo al nome».

Ogni quanto vi riunite?
«Tutti i giorni per diverse ore, di media quattro. Sabato e domenica compresi. Tutto in videoconferenza, verbalizzato e registrato».

In quante di queste si è parlato di calcio?
«Molto e con grande attenzione, su quesiti diretti dei ministri. Io peraltro sulla questione protocolli non intervengo perché ho partecipato alla stesura di quello del Coni».

Una voce che si leva dal mondo del calcio, banalizzando, è che il movimento è finito nelle mani di un manipolo di esperti.
«C'è una task force, che fa capo al dottor Colao, che ha una valenza di supporto al Governo nelle decisioni. A noi vengono fatte delle richieste scientifiche, non decidiamo».

Non ci si vede come un cattivo che ostacola la ripresa.
«Guardi, questo virus, ha bloccato il mondo, ci sono migliaia di morti, ha rischiato di portare al collasso il nostro sistema sanitario, impegnando fino allo stremo il nostro personale medico. La responsabilità è del virus. Faccio io una domanda a lei: qualcuno sotto un bombardamento in un qualsiasi scenario di guerra si porrebbe il problema del campionato di calcio?».

No.
«Bravo. Consideri che noi siamo in guerra, mentre c'è in atto un terremoto e uno tsunami. Tutto contemporaneamente e per un tempo non definibile. Ci sono paesi come la Francia e gli Usa che ci hanno deriso e adesso ci prendono a modello. Ci manca solo passare per cattivi. Può essere una colpa adesso essere degli "esperti" nel nostro paese? Quando la competenza è diventata un difetto di cui vergognarsi?».

Si possono fare previsioni sui tempi di ripresa, come pretendono i dirigenti del calcio?
«A oggi le misure adottate hanno contribuito in maniera determinante, e a volte anche fortunosa, a contenere grandemente i rischi della maggior diffusione del virus. Quel che accadrà dipenderà dal virus e dai comportamenti di ciascuno di noi».

Ma la data di giugno per riprendere il campionato la ritiene plausibile?

«A oggi a una domanda così non saprebbe risponderebbe neanche il mago Otelma. Ci si può solo organizzare per riprendere in base agli scenari che si determineranno, ma questo non vale solo per il calcio».

L'ultima domanda invece è antipatica, ma inevitabile: quanto stanno costando allo stato tutte queste task-force?
«Non è una domanda antipatica, anzi. Ed è facile rispondere perché facciamo tutto in maniera gratuita. Sono ore e ore ogni giorno di straordinario, faticosissimo e non pagato. Lo facciamo solo per dedizione e senso dello stato».

E allora glielo diciamo noi, per quelli che hanno altro a cui pensare: grazie.
«Dovere».

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