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Intervista a TvBoy: «Tolto Totti mentre le buche stanno ancora lì»

Parla lo street artist più chiacchierato delle ultime settimane. Quello che ha creato “San Francesco da Roma” e “Amor Populi”: ecco cosa voleva dire

Valentina Mira
27 Marzo 2018 - 09:02

Roma, venerdì 23 marzo. I giornalisti sembrano impazziti: i parlamentari fanno il loro ingresso a Montecitorio, ma tra volti vecchi e nuovi è un'altra la notizia che serpeggia nel centro storico. La parola sulla bocca di tutti è "murales". Uno, forse più d'uno. Per chi se li fosse persi, ecco in breve di che si trattava: tre opere, una raffigurante Totti vestito da francescano con tanto di aureola in testa; una con Di Maio e Salvini avviluppati in un abbraccio, intenti a scambiarsi un bacio sulla bocca; e l'ultima con la Meloni e un bambino di colore in braccio. La maggior parte dei giornali si è soffermata sulle reazioni degli stessi politici alle opere firmate TvBoy; Il Romanista ha pensato che potesse essere interessante contattare direttamente lui, l'artista. Anche perché in questi giorni gli sono stati messi in bocca significati altri da quello che, ci spiega, voleva far passare lui. Ecco il risultato di una lunga chiacchierata telefonica con il gentilissimo artista, che non ha avuto paura di sbilanciarsi anche su tematiche scottanti per Roma e per l'Italia. Chiaramente siamo partiti dal suo omaggio a Francesco Totti.

Tu hai realizzato un'opera che si chiamava "San Francesco da Roma".
«Sì, lo hanno già cancellato. Ne avevo fatto prima uno con Totti come "ottavo re di Roma", davanti al Bar del Fico, un anno fa e l'hanno strappato. Questo mi aspettavo durasse un po' di più e invece c'è stata proprio una campagna di demolizione: li hanno tolti tutti. Di solito qualche giorno o qualche anno durano, per cui vuol dire che c'è stato un ordine dall'alto».

Alcuni nostri lettori hanno commentato la notizia chiedendo: «Che senso ha mischiare il calcio con la religione?». In effetti c'è un altro Francesco a Roma, il papa, a cui tu hai dedicato più di un'opera.
«Ho realizzato "Super Francisco" col papa che si apre la tonaca ed esce fuori la maglietta con la "S" di Superman, e anche un'opera intitolata "Il Bene perdona il Male" con un altro bacio, quello tra papa Francesco e Trump».

Sei stato tacciato di blasfemia anche in quel caso.
«Quello di Trump e il papa non voleva essere però un bacio blasfemo, ma un bacio di perdono. Raffiguravo papa Francesco come un angelo e Trump con corna e pistola era il diavolo. L'avevo realizzato in vista del loro incontro di maggio dell'anno scorso».

Un'arte, la tua, molto ottimista, quasi naïf, che spesso è stata fraintesa.
«Sì, e questa sorta di ingenuità, questo sguardo pulito, che non punta a dare risposte ma a sollevare domande, è anche sintetizzato nel segno distintivo di TvBoy».

Cioè?
«Se Banksy si firma con un topolino, il simbolo ricorrente di TvBoy è appunto un bambino con la testa incastrata in un televisore. Il bambino sottolinea proprio questa voglia di uno sguardo pulito, senza pregiudizi. Mentre la televisione è dedicata alla mia generazione, quella cresciuta negli anni Ottanta. Quella successiva è la generazione dei cellulari, ma la mia è decisamente quella della televisione».   

Andando al bacio tra Salvini e Di Maio, qual è l'interpretazione più corretta?
«Beh, diciamo che Salvini non ha mai negato di essere di destra, mentre i Cinque Stelle forse per non precludersi voti da nessuna parte non hanno mai dichiarato nulla del genere. Il loro bacio aveva diversi significati. Il primo è che potrebbero avere molte più affinità di quante la gente sia disposta a credere. Il secondo prende spunto da una definizione che è stata data dell'arte di TvBoy, "l'arte dei baci impossibili"; ecco, quello che volevo dire è che quel bacio non era così impossibile: al contrario. Entrambe le forze per mantenere il potere avrebbero fatto un patto. Un patto non poi così chiaro. Anche se le mie opere non vogliono assolutamente essere politiche, di certo c'era un punto di vista critico».  

L'hai chiamato "Amor Populi", giusto?
«Sì, questo perché entrambi i movimenti sono accusati di populismo. Hanno anche altro in comune, come il fatto di essere entrambi antieuropeisti (ecco il perché della bandiera europea sbarrata). E il latino mi sembrava perfetto per Roma. Per cui, il titolo "Amor Populi"». 

E quello di Di Maio e Salvini per te è amore per il popolo? 
«Beh, Amor Populi può anche essere un modo per arrivare al potere e poi dimenticarsi del popolo. Questa è una prima interpretazione, sicuramente più negativa ma non meno plausibile. La seconda è quella ottimista: si tratta comunque di un bacio, di un patto, purché forzato. Un bacio vuol dire trovare anche un punto di accordo». 

Tu per chi hai votato?
«Non lo dico perché non voglio fare arte politica. Quello che mi interessa è porre dei quesiti, non dare delle risposte. Ognuno è libero di rispondere come vuole, e stavolta ha funzionato perché ognuno aveva la sua interpretazione». 

La Meloni col bambino. Era da un po' che i romani ironizzavano sui poster elettorali della Meloni dicendo che sembrava la Madonna, perché erano particolarmente postprodotti. Ecco: ora tu l'hai ritratta veramente come una Madonna, con un bambino in braccio. Però nero. 
(Ride) «Come dimenticare quei poster photoshoppati. No, in realtà alla Madonna non ci avevo pensato, ma è un'interpretazione corretta. Una Madonna materna per davvero, accogliente. Il senso di quel lavoro è anche in questo caso partito da una definizione del mio lavoro con TvBoy; alcune delle nostre opere, si è detto, erano "i murales impossibili". Arte su situazioni irrealizzabili. Per cui stavolta ne ho voluto fare uno proprio impossibile, che apparisse come una sorta di ossimoro. La Meloni è volutamente schierata contro l'arrivo di nuovi migranti e non credo si faccia volontaria proattiva per Save the children e organizzazioni simili; per cui volevo rappresentare quest'immagine».

Qual è il pensiero che intendevi veicolare in quel caso?
«Volevo dire che ovviamente il problema della crisi migratoria va affrontato e non si può essere buonisti; non si può dire che non sia un problema il modo in cui viene gestito, né negare che esista il tema. Però è anche vero che se vedi un bambino (o chi per lui) che muore di fame e che ha bisogno di aiuto, se hai un minimo di cuore ti commuovi e glielo dai, quell'aiuto lì. Per cui la mia voleva essere un'opera che fosse di buon auspicio: che anche chi è volutamente chiuso, se ha un cuore si apra al prossimo. Era un'opera di speranza».   

In questi giorni i giornali hanno parlato di "murales" in relazione ai tuoi ultimi lavori romani. Chi ha avuto la fortuna di vederli dal vivo prima che fossero distrutti però sa che non si tratta di murales. Cos'erano invece? 
«Esatto, non erano dei murales anche se tutti li hanno chiamati così. Erano dei poster. Li prepariamo in studio con lo spray acrilico e poi li attacchiamo sul muro con la colla; questo chiaramente li rende molto meno invasivi di un classico murales. Quantomeno, non sono più invasivi di quanto non lo siano tutti i volantini abusivi che i partiti politici attaccano spesso e volentieri, ecco. Visto che mi dai l'opportunità di chiarire delle imprecisioni riportate dagli altri giornali, eccone un'altra: TvBoy non è una persona».

Come, non è una persona?
«TvBoy non sono io, com'è stato scritto. Io sono solo uno degli artisti che fanno parte di questo collettivo che ha sede a Barcellona, ma il nostro è un lavoro di squadra. Soprattutto quando attacchiamo i poster per strada».   

Street Art e Italia. Ricordiamo quello che successe a marzo 2016, esattamente due anni fa, a Bologna. Una fondazione fece una mostra sulla Street Art staccando opere dai muri senza il consenso degli autori. L'artista Blu per protesta decise di cancellare i suoi stessi murales. In quel caso si parlò di suicidio dell'arte, che nasce libera e libera decide di morire. Nel tuo caso più che di suicidio si può parlare di omicidio dell'arte: le tue tre opere non sono durate neanche 24 ore.  
«Io credo che se da un lato le abbiano uccise, dall'altro quando proibisci una cosa con così tanta convinzione la rendi più interessante. Sicuramente hanno contribuito a renderla così popolare il luogo e il momento che abbiamo scelto, ma anche il fatto della censura in sé; prima della cancellazione, la proibizione con gli scatoloni messi davanti all'opera come fosse una grande vergogna. Io credo che l'opera viva anche della sua riproducibilità mediatica. L'arte non è esecuzione tecnica ma idea, e l'idea in questo caso è sopravvissuta».  

Cito Romatoday: «Sul posto si sono precipitati i carabinieri che invieranno una segnalazione alla procura. Attivato il servizio decoro». Ancora la parola "decoro". Una parola d'ordine a Roma, da qualche anno. Tu come t'inserisci in questo annoso dibattito?  
«Faccio un ragionamento che mi sembra lineare e dico solo: il disegno del fallo sul monumento l'avete lasciato, il poster l'avete rimosso. La spazzatura l'avete lasciata, il poster l'avete rimosso. Le buche sono diventate crateri, il poster l'avete rimosso. Se c'è decoro ci dev'essere ovunque, altrimenti cambiate parola d'ordine o questa diventa sinonimo d'ipocrisia, di incoerenza. Mi pare evidente che alcune cose diano più fastidio di altre. Forse perché quelle cose se la prendono con chi ha potere e non con la gente comune».

Abbiamo aperto con il calcio e chiudiamo con il calcio: ma tu, che non ci vuoi dire per chi voti, invece di che squadra sei? 
«Guarda, io ho vissuto a Milano per tanti anni, per cui sono sempre stato del Milan. Ora, è da tanto tempo che sto in Spagna, e simpatizzo molto per il Barcellona. In tutto questo però va detto che Totti è un personaggio che va oltre la fede calcistica: non si può negare che sia un campione, un simbolo, una sorta di eroe, e io l'ho voluto omaggiare con quell'immagine che è stata cancellata. Aspetto con ansia Roma-Barcellona. Sarà una bella partita tra due belle squadre».

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