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La partita

Cagliari-Roma, di kappa e di spada: in Sardegna una vittoria fondamentale

I giallorossi rimontano grazie alla doppietta di Kalinic e alle reti di Kluivert e Mkhitaryan. I rossoblù ci provano fino alla fine dei 7 minuti di recupero

La squadra titolare scesa in campo a Cagliari, di Mancini

La squadra titolare scesa in campo a Cagliari, di Mancini

02 Marzo 2020 - 08:27

Se prevale l'indubbio merito di aver vinto a Cagliari neanche 72 ore dopo la complicata trasferta di Gent, la sofferenza con cui si è chiusa la partita nonostante i 4 gol segnati e nonostante la fragilità tecnica ed emotiva del Cagliari è una lieve ombreggiatura che per fortuna nulla toglie alla sostanza della classifica, corroborata dai tre punti presi dopo aver visto nel pomeriggio l'ennesima goleada dell'Atalanta, rivale in formissima per il quarto posto.

Fonseca si è detto soddisfatto per la vittoria nell'anomalia di una partita sostanzialmente dominata dalla Roma eppure sempre in bilico, con le otto palle-gol sprecate nel primo tempo prima del vantaggio del Cagliari con Joao Pedro, la rimonta consumata in dieci minuti con la doppietta di Kalinic, il 3-1 ad inizio ripresa che avrebbe dovuto chiudere la serata con Kluivert, il gol di Pereiro che l'ha riaperta e che ha fatto infuriare Fonseca, il 4-2 di Mkhitaryan (che ha toccato la traiettoria velenosa su punizione di Kolarov) e pure il 4-3 segnato da Joao Pedro in respinta dopo che Lopez gli aveva parato il rigore al 90': in totale 97 minuti, recupero compreso, col cuore in gola e con i cattivi pensieri incombenti di altre incredibili rimonte subite su questo campo. Ma per fortuna è finita bene.

Il primo tempo era stata la fiera delle occasioni sprecate per la Roma, a livelli davvero imbarazzanti. Addirittura otto palle gol nei primi quindici minuti, con Fonseca che a mano a mano perdeva il suo aplomb british (al completo blu con cappottino trendy in tinta non aveva accoppiato la coppola stavolta, lasciando l'esclusiva a Petrachi) e lanciava urlacci nel cielo sgombro di nuvole di Cagliari mentre Olsen (schierato a sorpresa da Maran, mossa psicologica riuscita, almeno parzialmente) parava il parabile e anche qualcosa di più. Della stanchezza di Gent almeno nel primo tempo non s'è vista scoria, forse anche per via dei cinque cambi rispetto alla sfida di giovedì: dietro sono entrati Peres e Fazio al posto di Spinazzola e Mancini (squalificato), con i confermati Smalling e Kolarov, in mezzo Villar è stato schierato al posto di Veretout, perdendo qualcosa quanto a muscoli, ma guadagnandone per geometrie, davanti la grande sorpresa è Kalinic che dopo un avvio da mani nel ciuffo si è riscattato segnando i gol del pareggio e del vantaggio sfruttando la straordinaria vena di Mkhitaryan, gran trequartista di passo superiore, abile a infilarsi nei varchi e a palleggiare ora a destra con Ünder ora a sinistra con Kluivert, velocissimi folletti imprendibili per Cacciatore e Pellegrini.

Anche Maran si era giocato qualche carta a sorpresa schierando Paloschi al centro dell'attacco e non Simeone, Oliva in cabina di regia e per l'appunto Olsen in porta al posto di Cragno. Ma i più ispirati dei rossoblù sono stati ancora una volta Nainggolan e Joao Pedro.

Ma i primi quindici minuti sono stati una sinfonia a tratti irresistibile della Roma, le maglie bianche sfrecciavano ovunque, da destra, da sinistra e dal mezzo, partendo dal basso o ripartendo in transizione. La prima occasione è capitata al 4' a Mkhitaryan, con un destro respinto da Olsen in volo, al 7' ci ha provato Kalinic sortendo lo stesso effetto, all'8' sul corner Fazio è volato altissimo di testa ma la sua deviazione è finita fuori, poi al 10' il livello delle occasioni sprecate è salito al parossismo: in pochi secondi ha preso la traversa Ünder con una discesa sfrenata, sulla respinta Kluivert ha scaricato per Miky che ha battuto di sinistro costringendo Olsen all'ennesimo miracolo, ma la palla è rimasta lì per Kalinic che poteva far sicuramente meglio che farsi deviare da Klavan in scivolata.

Come spesso accade nel calcio, e come la mimica di Fonseca ad ogni occasione mancata dalla Roma sembrava evocare, quando l'occasione ce l'ha avuta il Cagliari non l'ha sprecata: è successo al 28', con una palla persa a centrocampo tra Kalinic e Mkhitaryan, immediata verticalizzazione di Oliva per Joao Pedro che ha controllato il pallone di ginocchio all'ingresso in area e l'ha mandato con uno splendido calibro all'incrocio opposto, lontano da Lopez. Ma il vantaggio è durato un minuto perché la Roma ha avuto un sussulto d'orgoglio e in un rapido sviluppo esterno ha trovato Kolarov sul fondo, e sul cross forte dalla parte opposta Luca Pellegrini ha rinviato male spedendo la palla sulla testa di Kalinic che a quel punto non poteva davvero sbagliare l'intervento a porta vuota, di testa.

E dopo una curiosa interpretazione dell'ineffabile Di Bello su incursione di Ünder in mezzo a due avversari (sgambettato fuori area è stato ammonito lui), è arrivato anche il gol del vantaggio, ancora attraverso una bella azione veloce, rifinita da Villar e Cengiz che ha trovato ancora Miky in proiezione offensiva a smaterializzarsi in mezzo a due avversari, per poi servire all'indietro Kalinic che ancora una volta non avrebbe potuto sbagliare: 1-2 e riposo.

Nella ripresa la già descritta altalena di emozioni, con Kalinic bravo ad assistere di testa Kluivert per mandarlo solo davanti a Olsen (fredda la sua soluzione, settimo gol stagionale, quattro in campionato e tre in Europa). Sul 3-1 Maran ha inserito Pereiro e Simeone e il Cagliari s'è scosso, in transizione proprio l'uruguaiano ha sfruttato la morbidezza romanista e ha riaperto la partita che si è innervosita, ma Mkhitaryan ha ripreso per mano la squadra e ha deviato in rete una punizione laterale ben calciata come sempre da Kolarov.

Ma non era ancora finita, perché su un cross in area senza troppe pretese, Simeone ha sfiorato la palla davanti a Smalling e l'inglese l'ha colpita col braccio: rigore parato, ma ribattuta di testa a segno. Sono così partiti sette minuti di recupero in cui c'è stato modo di litigare in campo (Kalinic e Pisacane, Ragatzu e Santon, entrati nel finale) ma non di costruire reali occasioni da gol.

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