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Tatticamente

L'analisi tattica di Roma-Napoli: apre Paulandia

Il palleggio dal basso per far scoprire gli avversari, ecco il calcio di Fonseca: e dopo Udine, all’Olimpico il bis è di Zaniolo

Paulo Fonseca e Edin Dzeko al termine di Roma-Napoli

Paulo Fonseca e Edin Dzeko al termine di Roma-Napoli

La Redazione
04 Novembre 2019 - 11:08

Sarà che negli ultimi tre campionati il Napoli era riuscito sempre a vincere all'Olimpico, sarà che lo spessore mediatico di Ancelotti rende le sue squadre bellissime a prescindere, sarà che ormai un po' tutti considerano il Napoli a un livello superiore rispetto a quello della Roma, ma insomma la netta affermazione dei giallorossi nella sfida di sabato ha sorpreso la maggior parte degli osservatori. Un po' meno chi aveva annotato i recenti progressi della squadra di Fonseca, anche nelle partite non vinte, che invece a qualche commentatore avevano fatto storcere il naso. E invece la partita dell'Olimpico è l'ideale continuazione non solo di quelle col Milan e l'Udinese, ma anche di quella col Borussia e, prima ancora, col Cagliari.

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Solo a Genova la prova è stata decisamente inferiore alle attese, complice magari l'atteggiamento piuttosto chiuso della formazione di Ranieri, differente da quel che ha trovato la Roma contro le altre squadre, compresa l'Udinese che in svantaggio ha provato a sfruttare la superiorità numerica. Paradossalmente, dunque, rischiano di essere più complicate le prossime sfide di campionato con Parma e Brescia, rispetto magari alle trasferte europee di Moenchengladbach e Istanbul, o a quella del 6 dicembre all'Olimpico con la lanciatissima Inter di Conte. Ma si vedrà. La certezza di oggi è che senza l'apporto di giocatori che si erano dimostrati utilissimi nella prima parte di stagione (pensiamo a Cristante, Lorenzo Pellegrini e Mkhitaryan, e anche Ünder, appena tornato), Fonseca ha trovato una quadratura del cerchio invidiabile, dimostrando anche nella pratica la qualità piuttosto diffusa della rosa di quest'anno (e indirettamente riabilitando anche due degli acquisti contestati dello scorsa stagione, Kluivert e soprattutto Pastore).

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La confusione del sistema

Un obiettivo il tecnico portoghese l'ha raggiunto: ha confuso le idee di chi deve commentare le partite della Roma, adottando un sistema di gioco variabile (come ormai fanno tutti i tecnici illuminati di ogni categoria) che assume fisionomie diverse a seconda delle diverse fasi di gioco (e fin qui è persino scontato), ma spesso anche all'interno di una stessa fase. Proviamo a chiarire: quando la Roma può impostare l'azione dal basso, i due centrali si allargano e scende tra loro a far da raccordo uno dei due mediani, quasi sempre Mancini. Veretout resta nella sua verticale, i terzini guadagnano metri, quasi sempre Pastore viene incontro e spesso gli attaccanti esterni si accentrano, a disegnare un 3331 di facile visualizzazione.

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Quando la palla ce l'hanno gli avversari, invece, quello di Fonseca è un classico 4231 che spesso diventa 442, quando i due esterni si abbassano in copertura dei terzini avversari e il trequarti centrale affianca Dzeko. Se però l'attacco degli avversari è portato a sinistra, e quindi nella parte destra della difesa romanista, ad ogni uscita di un difensore sugli attaccanti corrisponde un movimento di Mancini ad assorbire l'eventuale inserimento avversario nella zona rimasta sguarnita. Questo porta a pensare che Mancini in fase di non possesso sia più basso di Veretout (da qui l'indicazione del 4141 che da qualche parte viene asserita, che però dovrebbe prevedere un allineamento tipo interni tra Veretout e Pastore che non si verifica mai), ma è qualcosa che ha a che fare con le caratteristiche dei giocatori più che con il sistema di gioco di Fonseca. Ecco perché sul Romanista continueremo a indicare nel 4231 il modulo di riferimento della Roma.

4 - Nell'articolo principale abbiamo analizzato la bellezza dell'azione che ha portato al primo gol col Napoli. Ma anche l'azione della traversa di Kluivert è stata bellissima ed anche straordinariamente simile a quella che portò al 3-0 a Udine, proprio di Kluivert1 Al minuto 58'29" Smalling interrompe un'iniziativa del Napoli e scarica su Pau Lopez2 Il portiere alza la traiettoria cercando l'esterno largo libero e raggiunge esattamente Kluivert che lascia di petto a Kolarov e si ripropone, mentre il serbo verticalizza a sua volta su Dzeko 3 E come a Udine Edin cerca e trova nei tempi giusti Pastore che dà la sua verticalizzazione all'azione, poi serve ancora Dzeko che a sua volta sfrutta il sostegno di Kolarov che è bravissimo ad appoggiare orizzontalmente per Kluivert 4 E qui l'olandese potrebbe chiudere la meravigliosa azione servendo a destra Zaniolo, ma invece preferisce tirare: colpirà la traversa, sono passati 18 secondi

Ecco Paulandia

Quel che è certo, è che l'allenatore portoghese ha saputo trasmettere ai suoi giocatori una tale convinzione nella loro espressione tattica sul campo che stanno funzionando a perfezione meccanismi che, ad esempio, con Di Francesco si intravedevano solo a sprazzi. E lo spirito che guida i giocatori sul campo è nettamente differente rispetto a quello che si è visto l'anno scorso. E poi la qualità delle giocate in certi momenti è davvero sublime. Celebrata la magnifica azione da cui è nato il gol di Kluivert a Udine, col Napoli se ne sono viste altre, di cui una addirittura in fotocopia (ne parliamo nelle grafiche a fianco). Bellissima però è stata l'azione del gol di Zaniolo, durata esattamente 78 secondi di possesso palla, passata attraverso 22 passaggi fino alla finalizzazione perentoria del talento che non piace a Capello.

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Quel che a volte faticano a comprendere gli sprovveduti profeti del calcio di una volta è che certe azioni nascono solo nelle squadre che tendono ad esagerare con un possesso che può apparire sterile. Che invece sterile non è manco per niente. Quando a volte si indulge un po' troppo nei passaggi nei pressi della propria area di rigore, non è certo per spaventare i tifosi, ma è solo per attirare gli avversari lontani dalla porta e sfruttare così gli spazi che si possono aprire, esattamente quel che è accaduto in quei 78 secondi di possesso diviso tra le due metà campo, passato due volte sui piedi di Pau Lopez e anche attraverso stretti corridoi formati dai giocatori napoletani. E quando poi si è liberata l'autostrada alle spalle di Mario Rui, Spinazzola l'ha attaccata con decisione e Mancini l'ha servito con un lancio da vero regista. E la finalizzazione (della rifinitura e della conclusione) è stata all'altezza del resto. E se un paio di minuti dopo Pastore, invece di far rimbalzare il pallone che gli aveva servito Dzeko scucchiaiando sopra la testa di Di Lorenzo, avesse provato a colpirlo al volo di sinistro e avesse segnato, forse l'arbitro avrebbe chiuso lì la partita per manifesta superiorità estetica. Niente male per una squadra che negli ultimi anni aveva subito il fascino di un Napoli che a volte appariva irresistibile.

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Il quarto d'ora di black-out

C'è però anche qualcosa che non ha funzionato nella gara di sabato e in particolare nel quarto d'ora finale del primo tempo, quando la Roma ha preso fiato (forse impaurita psicologicamente dopo la disillusione del rigore sbagliato di Kolarov) e ha decisamente abbassato il suo baricentro, lasciando il possesso quasi esclusivo al Napoli. Due le cause principali: gli attaccanti hanno smesso di pressare alto e ad ogni riconquista si cercava immediatamente la soluzione più breve, la famosa "palla lunga e pedalare" che ormai non funziona più da nessuna parte al mondo. Anche Pau Lopez ha cominciato a rinviare lungo. Risultato? Pessimo. Nell'intervallo Fonseca ha invitato decisamente i suoi uomini a ricominciare aggressivi come prima e il Napoli non ha fatto più paura.

7 - Nelle elaborazioni grafiche fornite da Wyscout, alcuni spunti di riflessione relativamente alla partita di sabato5Questi sono i flussi di gioco della Roma, dove risalta intanto lo schieramento tipo 424 (comunemente inteso come 4231 per la posizione di Pastore che svaria alle spalle di Dzeko) e anche la particolarità delle linee di passaggio inesistenti tra i due centrali romanisti (sono tracciate solo linee di almeno tre passaggi, via via più spesse aumentando il numero dei passaggi). Nell'impostazione romanista, è Mancini il principale collettore dei passaggi dei due centrali 6 Nell'impostazione del gioco del Napoli, le linee di passaggio più spesse sono proprio quelle tra Manolas e Koulibaly. E come si distingue anche facilmente, la Roma palleggia più "alto" del Napoli 7 Qui si trovano invece i flussi degli expected goal: la Roma è stata costantemente più pericolosa del Napoli, a parte solo il finale del primo tempo

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