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L'intervista

Rizzitelli: "La Roma deve avere il suo. Dzeko? Vorrà giocare a Genova"

L'ex giallorosso: "Dopo il Cagliari mi sono 'autocensurato'. Anch'io mi sono rotto lo zigomo come il bosniaco e giocai, ma tolsi subito la mascherina..."

13 Ottobre 2019 - 09:42

Ruggiero bomber vero, dentro e fuori dal campo. Ancora oggi che ha smesso di giocare da un bel po', ma la passione è sempre sanguigna. Quella per la Roma, in particolar modo. Quella che l'ha fatto sbottare in diretta dopo Roma-Cagliari su Roma Tv, quando Stefano Impallomeni gli ha chiesto a caldo un commento, poco dopo il gol annullato a Kalinic e lui - con un filmato che ha fatto il giro del web - ha abbandonato lo studio: «Per non recare altri danni alla Roma». Ed è diventato il nostro editoriale del giorno dopo: "Oh Rizzitelli". Alzarsi e andarsene davanti alle ingiustizie, o meglio, a un trattamento da due pesi e due misure da parte dei direttori di gara e di chi sta dietro (e in alcuni casi davanti) ai televisori e alle regie del calcio.

«Voglio ringraziare ora che ne ho l'occasione Il Romanista. Se mi sono calmato? Sì, poco dopo. Infatti mi hanno convinto a tornare in diretta. D'istinto mi veniva di dire tante cose, io sono una persona che va molto di pancia. Ma a volte dicendo troppo si rischia di far male. O dico le cose che penso o sto zitto. Ma non è per l'episodio del gol o non gol. Il problema è stata la conduzione di tutta la partita, è quello che mi ha fatto rabbia. Altrimenti si potrebbe pensare che io sia impazzito, invece non lo ero, come non lo era Fonseca. Per novanta minuti l'arbitro è stato irritante, anche per la sua arroganza. Il tecnico ha tenuto, alla fine è esploso».

A lasciare perplessità è stato soprattutto il modo di gestire la situazione finale, su Kalinic...
«Sì, c'è un labiale chiaro nel quale Massa dice ai giocatori del Cagliari che non è fallo, quindi è gol. Se poi dopo cinque minuti il Var gli comunica che c'è stata una leggera spinta, lui avrebbe avuto l'obbligo di andare a rivedere. Come è successo nel rigore del Cagliari: lui non l'aveva dato, il Var l'ha chiamato per andare a giudicare e l'ha dato. La stessa cosa doveva accadere per Kalinic. Se l'avesse rivisto e avesse annullato niente da dire, avrebbe potuto anche annullarlo e si sarebbe parlato di quello magari, ma avrebbe fatto il suo dovere».

Eppure il guardalinee non è andato a centrocampo, si era capito che qualcosa era andato storto...
«Ma c'è un regolamento da applicare: l'arbitro non ha preso una decisione. Per questo in parecchi hanno perso la pazienza».

Nella tua carriera qualche torto arbitrale l'hai subito. È più gestibile un'ingiustizia subita da calciatore o da tifoso?
«Ne ho subite da entrambe le parti. Da calciatore converti la rabbia in reazione propositiva. Quando giochi ti sfoghi davanti all'ingiustizia, per contrastarla: tante volte ho pensato "la vinco lo stesso", da giocatore hai la forza di farlo in campo. Ma dell'esterno come ti sfoghi? Urlando, d'accordo, ma vince sempre che ti ha fatto il torto. La differenza è la reazione che puoi avere, da tifoso è molto frustrante. L'unica, nel mio caso, è stato decidere di non parlare per non fare danni altri alla Roma».

Hai guardato le altre trasmissioni televisive per farti un'idea di che giudizi ci fossero sulla partita della Roma?
«Mah, ho visto i soliti buonisti che fanno la morale dopo. Personalmente avevo denunciato delle grosse disattenzioni ai danni della Roma dopo Bologna e Lecce, facendo presente che non si doveva abbassare la guardia solo perché avevi portato a casa i tre punti in quelle due occasioni. Io non ho mai nascosto il mio disappunto, bisognava far capire che la Roma aveva subito dei torti. Purtroppo però il caos scoppia quando non riesci a vincere. Io non voglio qualcosa in più per vincere, io voglio il mio. È un discorso molto semplice. Anche perché non hai sempre la forza di vincere queste partite».

Sei d'accordo con chi sostiene che bisogna essere più forti di tutto, anche di eventuali errori arbitrali?
«Ma perché devo essere più forte degli arbitraggi sfavorevoli? È un'assurdità, io voglio che si giochi a calcio. Faccio l'opinionista e a fine partita voglio giudicare, commentare, analizzare e criticare i giocatori o l'allenatore se le cose vanno male, ma per ragioni tecniche, perché abbiamo sbagliato troppi gol o non siamo stati cattivi. Noi abbiamo già i nostri problemi, li conosciamo, ma non capisco perché fattori esterni debbano ampliarceli e darci la mazzata finale. Per una squadra in crescita anche l'episodio singolo vuol dire tanto, chi ha giocato a calcio lo sa: se tu come gruppo a un certo momento hai un'autostima pari a cento con episodi del genere ti affossi e finisci sotto zero».

Ha fatto più rumore la protesta di Fonseca a cui è seguita quella di Petrachi che la gestione di Massa. Che spiegazione ti sei dato?
«Una pagliacciata. Io credo che Petrachi abbia detto delle cose che stanno un po' nel gergo, non va estrapolato quel modo di dire dal concetto. Credo che lo stesso movimento del calcio femminile, che conosco bene, sappia come stanno le cose. Invece si è voluto spostare il tiro dell'attenzione e si è andati solo a parlare del direttore sportivo e del tecnico per non parlare dei problemi arbitrali. Un meccanismo che conosciamo in Italia, perché spesso si manifesta in politica. Governo del Paese, governo del calcio, siamo lì...».

Tra l'altro la Roma è uscita dalla partita con il Cagliari con due giocatori infortunati. Come sta Dzeko? Potrà giocare normalmente con la maschera o avrà fastidi?
«Secondo me il "bomber" vuole giocare anche subito, adesso. Io mi sono rotto lo zigomo giocando, conosco benissimo questo tipo d'infortunio. Ho giocato con la mascherina, ma dopo pochi minuti l'ho tolta. Mi dava fastidio, non vedevo un cavolo. Certamente quelle che fanno adesso sono di carbonio e sono più comode. Non so se per Genova ce la farà, io credo che lui si metterà a disposizione e se Fonseca glielo permetterà proverà a giocare».

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