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sugli spalti

Il Decreto Sicurezza bis fa discutere anche i tifosi giallorossi

Novità in materia di lotta alla violenza. Chi ha avuto un Daspo, anche molti anni fa, ora non può abbonarsi né fare la Roma Card

I tifosi romanisti presenti alla trasferta a Bologna della passata stagione, di LaPresse

I tifosi romanisti presenti alla trasferta a Bologna della passata stagione, di LaPresse

21 Agosto 2019 - 10:54

Ancora quattro giorni e sarà finalmente tempo di tornare sugli spalti dello stadio Olimpico anche se, nelle ultime ore, l'attenzione di molti romanisti sembra essere rivolta verso questioni lontane dal campo. Sta facendo discutere la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, noto con il nome di decreto Sicurezza Bis. Approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 11 giugno su proposta del vicepremier Matteo Salvini, il decreto contiene infatti diverse e rilevanti novità in materia di lotta alla violenza in occasione delle manifestazioni sportive.

«La conseguenza che si sta verificando in questi giorni - si legge in un post pubblicato dall'avvocato Lorenzo Contucci su Facebook - è che un soggetto che ha avuto un Daspo 30 anni fa non riesce più a fare un abbonamento, pur potendo comprare i biglietti per una singola partita». In base a quanto scritto dall'avvocato Contucci e a diverse segnalazioni da parte di tifosi romanisti, il rilascio delle Roma Card - tessere indispensabili per acquistare i biglietti di numerose partite in trasferta - quanto degli abbonamenti di Serie A, è negato dalla Questura proprio a causa dell'inasprimento legato al discusso decreto Sicurezza Bis. «Un abbonamento o una Roma Card - aggiunge Contucci - sarebbe una facilitazione e chi è stato sottoposto a Daspo, in ogni epoca e per qualsiasi motivo, non può avere facilitazioni.

Siccome l'articolo 8 partorito dall'ex Ministro Amato e posto in opera, con piccoli correttivi, dal Ministro Salvini, proibisce a chi abbia avuto un Daspo, in qualunque epoca, di avere facilitazioni, ecco lì che una persona che a 20 anni ha ricevuto un Daspo a 50 anni non può fare un abbonamento». Nonostante il fallimento del progetto Tessera del Tifoso, oltre al Protocollo di Intesa che avrebbe dovuto riavvicinare il pubblico sugli spalti, la situazione attuale comporta quindi una ulteriore punizione nei confronti di chi, dopo aver scontato una diffida e aver saldato il suo personale "debito" con la legge, non potrà godere della riabilitazione.

«No al decreto sicurezza», questo lo slogan che si sta diffondendo a macchia d'olio tramite i social e che presto finirà direttamente sugli spalti degli stadi. Le tifoserie italiane sono difatti pronte a far sentire la propria voce, come già accaduto in passato, con la speranza che le novità politiche possano portare ad una soluzione utile per donare nuovamente a tutti la possibilità di sottoscrivere abbonamenti o tessere come avvenuto in un recente passato piuttosto positivo a livello di ordine pubblico e violenza legata al mondo del tifo.
Non soltanto l'inasprimento dell'articolo 8 perché, inoltre, il decreto Sicurezza Bis prevede anche un incremento della durata del Daspo per i tifosi recidivi, per una pena minima di sei anni e fino ad un massimo di dieci - rispetto agli otto precedenti. È stata inoltre resa permanente la disciplina dell'arresto differito.

A quattro giorni dall'esordio in campionato contro il Genoa, il conto alla rovescia dei romanisti è oramai agli sgoccioli. L'attenzione però non è indirizzata soltanto al campo, ma anche e soprattutto alle vicende politiche e ad un decreto Sicurezza Bis destinato a cambiare inesorabilmente diverse questioni legate al pubblico che è solito popolare gli spalti. In attesa di notizie sui cambiamenti in corso a livello di Governo, dopo le dimissioni rassegnate ieri dal Premier Conte, in molti sperano in futuro di assistere ad una ridiscussione del già criticato decreto Sicurezza Bis. Dagli spalti sono pronte a levarsi in cielo le proteste dei tifosi soprattutto di quelli che, riabilitati dopo aver scontato una pena, sono nuovamente costretti a subire limitazioni che sembrano cozzare con il concetto stesso di punizione e "perdono". Al tempo l'ardua sentenza.

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