Una Roma spettacolo, Como matato
Si torna alla vittoria dopo due sconfitte. Olimpico conquistato dalla determinazione della squadra di Gasperini
(GETTY IMAGES)
Gian Piero Testaccini dovremmo soprannominare l’uomo che è stato in grado di trasformare questa squadra in un gruppo di feroci assaltatori capaci di annullare una delle squadre più fantasiose del campionato e di trascorrere di sicuro le feste di campionato in un quarto posto già blindato a prescindere dal risultato che arriverà sabato a Torino contro la Juventus. Il Como di Fabregas l’ultima vittima, quinta vittoria per 1-0 su 15 partite, la settima di misura, arrivata peraltro dopo due sconfitte proprio per 1-0. Ora la Roma è quarta a tre punti dall’Inter, due dal Milan e solo uno dal Napoli, ma quel che più conta è che ha staccato di quattro punti le inseguitrici dell’altro campionato, quello giocato dalle squadre che puntano alla Champions League, prima fra tutte proprio la Juventus di Spalletti, e poi il Bologna (-5), il Como (-6) e la Lazio (-8).
La partita dal punto di vista tattico è stata uno splendore, almeno per chi ama le dinamiche di gioco di due allenatori che spingono al massimo con le rispettive filosofie, peraltro particolarmente confliggenti. Perché se da una parte c’è la regale eleganza di un Como instradato da Fabregas verso le più spettacolari osservanze del calcio posizionale, e quindi con la costruzione dal basso e per settori, con improvvise verticalizzazioni e sapienti rotazioni, dall’altra c’è la feroce determinazione in pressione individuale della Roma di Gasperini, con una predisposizione ormai conclamata per la corsa e il sacrificio, che sia per tamponare le iniziative avversarie o per ripartire a cento all’ora nelle diverse transizioni dalla trequarti dei comaschi. Gasp ha chiesto stavolta di seguire le pressioni fino sui piedi di Butez, riconosciuta arma in più della costruzione di Fabregas: con quei piedi da trequartista, il portiere francese indirizza la manovra dove vuole, che sia sul lungo per i lanci diretti ad innescare le velocissime ali, sia sul corto per uscire dalla pressione sui difensori. Fabregas ne aveva studiata una nuova di uscita: due difensori a battere la rimessa vicini, uno a sovrapporre sull’altro per ricevere la palla più avanti, con Butez pronto a far da sponda all’emergenza. Ma stavolta il portiere ha potuto pochissimo per le pressioni feroci portate fin dentro l’area, con Ferguson delegato a controllare Jacobo e a buttarsi proprio sul portiere ad ogni scarico: per il resto la Roma si è messa in una sorta di 442, con Ferguson in partenza su Jacobo, con Soulé ad accompagnare ogni iniziativa offensiva e a difendere sull’altro centrale Kempf, Pellegrini più largo a sinistra sul terzino Smolcic, Wesley più alto a destra su Valle, Koné e Cristante nel mezzo rispettivamente su Da Cunha e Caqueret, e poi in difesa Hermoso spesso concentrato su Nico Paz, Rensch a sinistra su Addai, Ndicka su Baturina e Mancini ad operare quasi da terzino destro su Diao, l’esterno per cui in settimana Fabregas aveva litigato con il ct del Senegal che ne reclamava la presenza in Coppa d’Africa (contro il parere proprio dell’allenatore spagnolo, che ha chiesto addirittura di non convocarlo, e ora non vorremmo essere nei panni dello spagnolo dopo l’infortunio muscolare sofferto dall’attaccante dopo una corsa prima della fine del tempo verso Svilar (al 37’ è entrato Douvikas, con spostamento di Baturina).
Nel primo tempo la feroce determinazione della Roma ha portato la gara esattamente dove l’aveva immaginata Gasperini, così in cronaca l’unica traccia degli ospiti è stata lasciata a pochi secondi dal termine del tempo, con una punizione calciata in area e un paio di rimpalli che avevano portato Douvikas a contatto con Svilar, come al solito coraggioso e tempestivo a buttarsi sui piedi dell’avversario e ad impedire quella che sarebbe stata una vera beffa. Perché fino a quell’episodio isolato, la Roma aveva costruito almeno una decina di potenziali occasioni da gol, a volte sprecate per approssimative rifiniture o per conclusioni fuori misura. Ha cominciato Wesley all’11’ con uno dei pochi cross azzeccati dal fondo per la testa di Ferguson sul secondo palo, bravo a schiacciare verso l’angolo opposto, ma bravo pure Kempf a respingere di piede. Al 17’ su punizione di Pellegrini Hermoso ha provato a segnare di testa, ma ha guadagnato solo un corner. Al 22’ uno spunto travolgente in velocità di Wesley ha portato la Roma a poter sfruttare un promettentissimo 3 contro 2, giocato male però dall’esterno brasiliano con un passaggio addosso alle gambe del difensore più vicino. Al 24’ Cristante ha rubato uno dei centomila palloni della sua partita e ha servito Soulé che ha cercato di restituire l’assist, anche stavolta senza fortuna. Al 25’ un’altra rapina a piede armato di Cristante ha rilanciato una transizione passata per i piedi di Koné, Hermoso, poi Soulé (primo tiro respinto), ancora Soulé per lo scarico a Wesley che da buona posizione e con ampie frazioni di porta disponibile ha tirato (malissimo) di sinistro, mandando alto. Al 27’ è stato ancora Soulé a ripartire verso la porta di Butez, ma il suo pallonetto verso il secondo palo è sfilato fuori. E ancora (29’) Pellegrini e Koné hanno duellato dopo l’ennesimo pallone rubato, per servire pulito Soulé che si è aggiustato il pallone sulla sua mattonella preferita dentro l’area, ma ha poi trovato ancora sulla traiettoria qualche tibia avversaria. Al 30’ un doppio episodio ha attizzato gli animi: Ndicka ben servito in area ha subito un contrasto che l’ha mandato a terra dando a molti suoi compagni di squadra l’idea che ci fosse stato un classico pestone da vivisezionare al Var (ma le riprese hanno depenalizzato il duetto) e sulla ripartenza Diao si è lasciato alle spalle Cristante e ha saltato netto anche Wesley, prima di arrendersi però a Rensch e a un risentimento muscolare che dopo sette minuti l’ha spinto a chiedere il cambio. E prima della pausa ci hanno provato ancora Ferguson due volte (in due minuti) e Pellegrini, con un tentativo di conclusione acrobatica.
Nella ripresa nessuno degli allenatori ha pensato di cambiare nulla e si è ripartiti con la stessa intensità. La Roma ha trovato persino il gol del vantaggio al 3’, trovando il varco giusto con un tap-in di Cristante in seguito a un cross di Pellegrini con deviazione di testa di Soulé sul palo, ma l’assistente Scatragli ha alzato la bandierina per segnalare la posizione di (netto) fuorigioco di partenza di Pellegrini. Al 7’ è stato ammonito Fabregas per proteste, subito dopo su una ripartenza in parità numerica Douvikas ha calciato in porta, la palla deviata da Ndicka si è alzata ed è stata allontanata in tuffo da Svilar, poi Nico Paz l’ha ripresa e la successiva conclusione è stata deviata in corner. Da lì la palla è giunta ancora verso l’argentino che ha calciato di nuovo (respinto) e poi ci ha provato anche Da Cunha (fuori). Si è entrati così nel momento più delicato della gara, qualcuno si è innervosito e l’incerto Feliciani ha cominciato a distribuire i cartellini, non sempre lucidamente (Addai, Mancini e Nico Paz). Poi al 15’ è arrivato l’episodio decisivo: sulla solita impostazione della Roma verso l’esterno a destra, Soulé ha ripercorso il campo in senso opposto servendo in un magnifico taglio Rensch a sinistra, sull’olandese è intervenuto in scivolata Addai (suo connazionale con passaporto ghanese) che non si è più alzato, Rensch invece ha continuato e ha crossato, la palla è stata spostata di testa da Koné e rifinita da Soulé per il quinto opposto, Wesley, che ha scaricato in diagonale tutta la sua potenza portando in vantaggio la Roma. Poco più avanti Ferguson si è girato rapidamente con il sinistro non trovando la porta per poco, poi alcuni cambi del Como hanno dato nuova inerzia agli ospiti, ma la Roma non è mai andata in affanno. La prima sostituzione ordinata da Gasperini al 27’ con El Shaarawy al posto di Pellegrini, la seconda e ultima al 37’ con Bailey al posto di Soulé. Dybala ha continuato a scaldarsi, in qualche modo conclamando la fine di una dipendenza tecnica. Nel finale Ndicka e Svilar hanno chiuso magnificamente su Posch mentre Butez si è impegnato per deviare un destro di Bailey. E poi Mancini ha rischiato qualcosa dando una spallata a Jacobo, provocando la reazione di tutta la panchina del Como, da cui mancava peraltro già Diego Perez, uno dei match analyst di Fabregas espulso per proteste già al 33’. Calma ragazzi, avete appena incontrato l’As Roma.
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