AS Roma

Grazie davvero "Sir"

Tra i commenti sul mercato «ci vorrebbe un misto tra Dovbyk e Shomu» e sulla vittoria «ora c’è solo Torino», noi siamo ancora in Europa per merito di Ranieri

(GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Federico Vecchio
20 Maggio 2025 - 08:00

Il problema è che siamo sempre noi. Stiamo lì, dove chiunque ci potrebbe trovare, su quella stessa mattonella. Stiamo ancora a parlare del regolamento VAR, del video che «io ho capito tutto: arriva Klopp», di Pellegrini che «adesso chi se lo compra più». Non ci si rende conto che stasera, se facciamo il nostro, mettiamo almeno un piede in una coppa europea («Vincere un’altra Conference non mi dispiacerebbe») e che davanti abbiamo il Milan, che ha tutti giocatori forti e che non vorrà uscire da questo Campionato con un’altra sconfitta.

Ma poi il discorso vira sull’ultima di Claudio, sulla coreografia («Io so già tutto»), sulla difficoltà che avrà chi verrà dopo di lui («Convivere con i risultati che ha ottenuto quest’anno non sarà facile per nessuno»), sul problema della mancanza di punte che segnino («Guarda: Dovbyk segna, ma non fa mai salire la squadra; Eldor segna pochissimo, ma fa un grande lavoro. Ci vorrebbe una via di mezzo»), su Svilar che «mica lo so se resta», su Cristante che «io, a questo punto, non lo darei al Como», sull’abbonamento per il prossimo anno («Che fai? Confermi qui o te sposti?»). È una serata di dubbi, di saluti, e forse, ma questo lo scopriremo da lì a qualche minuto, anche di qualche lacrima. Ed in effetti la commozione vince subito. Appena viene srotolata quella magnifica coreografia, ed il ritardo nel dare il fischio di inizio consente a tutti di dare il giusto tributo ad un uomo intriso di Roma e di romanismo, qualche lacrima inizia a vedersi qui e lì. Non saranno quelle, copiose, viste per Totti, non saranno quelle, dal sapore più amaro, viste per De Rossi, ma sono lì, che le vedi e le senti. E quando buona parte dei seggiolini, in Tevere, si alza in piedi per un lunghissimo applauso, lo senti che dentro quel tributo c’è il bisogno di dire grazie, ma anche scusa. Scusa ad un Maestro a cui abbiamo sempre consegnato il timone di una nave uscita malconcia da qualche tempesta, abbandonata da molti e quasi alla deriva, senza mai dargli la possibilità di potere prendere il comando di una barca costruita apposta per lui, non dico in perfetto stato ma almeno in un buono stato, senza troppe falle da riparare. Perché tra quelle lacrime e quegli applausi c’è anche la consapevolezza che se lui, con la Roma, non abbia vinto qualcosa, la colpa non sia la sua, ma la nostra. Siamo noi a dovergli dire grazie, affrettandoci a dovergli chiedere anche scusa. 

E non c’è tempo di chiedergli di restare ancora, perché questa storia finirà «domenica o giovedì», come si è sbrigato a ricordarci. Ed allora ci va benissimo che resti come consigliere, senior advisor, dirigente. Fate voi in quale veste volete che resti. Ma basta che resti, per favore. Perché quando, prima o poi, ci sarà un’altra Tirana, tutta la Tevere vuole che anche lui, in qualche modo, ne sia protagonista. Ma soprattutto tutta la Tevere pretende che, quando ci sarà un altro garage, sia lui ad uscire da quel passo carrabile per difenderci. Con la sua competenza, la sua eleganza, la sua credibilità, il suo profondo amore e rispetto per la Roma. È un errore dire, come mi ricorda, con un seggiolino a me prossimo, che Claudio sia uno di noi. No, non è uno di noi. Claudio è molto di più. Perché Claudio «è parte di quella sostanza di cui è fatta la Roma. È Roma lui stesso». Ed è vero. E ieri sera, se uscendo dall’Olimpico ci siamo sentiti un po’ orfani, vuol dire che tutto questo lo abbiamo compreso. Perché quando Claudio, indicando la Sud, ha ricordato che sessant’anni fa lui era seduto lì, in mezzo a noi, ha dimenticato però di ricordare che in tutti questi sessant’anni, da quando è uscito da quella meravigliosa Curva per iniziare il suo giro del mondo, è diventato il migliore ambasciatore di questa Società. Perché lui è la migliore espressione di noi. E quando Mancini ha segnato e poi ne ha fatto espellere uno, il nostro grazie è stato non tanto, e non solo, per i tre punti che ci sembrava ormai di toccarli con mano, la cui utilità è fondamentale, ma per Claudio, perché non avrebbe mai meritato di non uscire con una vittoria dal suo stadio

Ma il tempo di rilassarsi finiva subito. Perché il Milan spingeva e giocava, magari in maniera confusa, ma giocava («È un mistero come sia così in basso in classifica») e, malgrado fosse in inferiorità, costringeva una competente tifosa a ricordare agli astanti come «avesse ragione Liedholm, perché in dieci si gioca meglio». Ma per fortuna sua (della competente tifosa, intendo) e degli astanti, lo spavento durava lo spazio dell’intervallo. Perché poi Paredes («So tutto: non giocherà più da qui a fine campionato altrimenti devi dare due milioni al Paris») segnava su punizione, ed allora tutti a chiedersi quanti ne potrebbero fare, su punizione («è ‘na risorsa per fare gol»), l’anno prossimo lui, Dybala, Pelle («Sono contento se resta») e Soulé. E poi, Svilar. E poi, Cristante, a dire basta. A quel punto, tutti i telefonini andavano sui siti a vedere ciò che sarebbe stato sugli altri campi. E quando stavamo lì lì che «a Torino ce basta un pareggio», Pedro, quello il cui nome, per noi romanisti, si scrive senza punto interrogativo ma che si legge, ogni volta, come una domanda senza una risposta, provocava un cataclisma. Perché l’Inter perdeva uno scudetto a quel punto vinto, il Napoli vinceva uno scudetto a quel punto perso, e noi venivamo costretti a programmare la trasferta di Torino con un solo risultato. Che, a questo punto, dobbiamo, senza se e senza ma, assolutamente ottenere. Perché sarebbe splendido.  Ed ancora più splendido sarebbe quel risultato se, all’ennesimo applauso che, a quel punto, rivolgeremmo ancora a Claudio nostro, si unisse anche Eusebio. Sarebbe bellissimo. Ma se anche Eusebio non ce la facesse ad unirsi a noi, sarebbe meraviglioso lo stesso. Perché adesso, scendendo le scale della Tevere per tornarcene a casa, finalmente lo sappiamo: l’anno prossimo, tra martedì e giovedì dobbiamo tenerci comunque liberi. Sembrava davvero impossibile. Invece, è così: anche l’anno prossimo, in mezzo alla settimana, se rivedemo. Grazie, Claudio. Se questo è, è tutto e soltanto merito tuo. Grazie davvero. E non solo per questo. Ma per tutto.

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