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Roma-Udinese: si rivede Stefano Okaka, l’uomo dei rimpianti

Segnò il primo gol con la Roma a 17 anni e un mese. Il secondo nel 2010: di tacco al Siena su assist di Pit, poteva regalare lo scudetto a Ranieri

Stefano Okaka, di LaPresse

Stefano Okaka, di LaPresse

12 Aprile 2019 - 12:48

Aveva un fisico straordinario Stefano Okaka, i piedi no, ma la tecnica si può allenare, con risultati sorprendenti, nel giusto ambiente e con le giuste motivazioni. La Roma lo prese nell'estate del 2004, quella in cui il Palermo salì in serie A, trascinato dai 30 gol di Luca Toni: Okaka, se solo avesse avuto la voglia di migliorarsi del bomber modenese, avrebbe potuto fare una carriera simile, purtroppo non l'aveva.

E così i giganteschi margini di miglioramento che aveva quando sbarcò a Roma 15enne dal settore giovanile del Cittadella rimasero in gran parte inesplorati, e a 22 anni, quando lasciò una volta per tutte (era già andato via 5 volte in prestito) la maglia giallorossa, lo fece con solamente 2 gol in serie A, in 34 apparizioni. Il primo campionato, quando era ancora in età per gli Allievi, lo concluse con 6 spezzoni e (inevitabilmente) nessun gol, nel secondo segnò subito: in panchina alla prima giornata, col Livorno, in gol alla seconda, all'Artemio Franchi di Siena, al 92', subentrando a Francesco Totti a un quarto d'ora dalla fine.

Aveva 17 anni e un mese, sembrava destinato a spaccare il mondo: quell'anno però non segnò più, l'anno dopo iniziò il giro dei prestiti. Che, dopo la stagione intera a Modena, con un bottino tutt'altro che disprezzabile di 7 gol, presero presto uno schema ben preciso: iniziava bene, da titolare, perdeva il posto, chiudeva il semestre con 2 gol, a giugno tornava a Roma per fine prestito, a luglio andava in ritiro sapendo di essere in partenza, ad agosto l'allenatore diceva che in fondo uno con quel fisico enorme in certe gare poteva pure fargli comodo, lui si diceva felicissimo di rimanere, a novembre-dicembre si stufava di raccogliere le briciole, a gennaio andava via, e ricominciava il giro.

Capitò nel 2008-09 (9 presenze in giallorosso, 16 a Brescia in B), l'anno dopo (7 a Roma, poi in Premier col Fulham di Hodgson), e quello dopo ancora (di nuovo in B, 10 presenze al Bari, dopo le 4 dell'andata).

Via per sempre

Nel 2011-12 il copione cambiò di poco, pure se lasciò di nuovo Trigoria a gennaio: con Luis Enrique non venne mai convocato, con il Parma, in A, fece 3 gol invece dei soliti 2. E soprattutto, a fine anno la Roma non lo rimise in squadra, ma si accordò per la risoluzione consensuale. Il Parma - con la ben nota bulimia di calciatori che nel 2015 portò al fallimento - lo mise sotto contratto, per mandarlo in prestito allo Spezia in B, e nel gennaio del 2014 lo cedette alla Sampdoria. La lasciò dopo un anno e mezzo, e 9 gol in 45 partite: non tantissimi, ma a Genova conquistò per la prima volta quella Nazionale che da adolescente, quando era considerato la risposta romana a Balotelli, sembrava scritta nel suo destino.

Esordì contro l'Albania, il 18 novembre 2014, con Antonio Conte, e segnò subito: era nel mirino delle milanesi, ma alla fine solo l'Anderlecht insistette per averlo. In Belgio tenne per la prima volta in carriera la media di un gol ogni due partite (13 in 27), un anno dopo era in Premier, col Watford dei Pozzo. Che, dopo due anni e mezzo, lo hanno portato a Udine: domani ritroverà l'Olimpico e Ranieri, come quando segnò il secondo gol in serie A.

Era l'anno dei miracoli: quello del derby vinto sostituendo Totti e De Rossi all'intervallo, del terzo portiere (Julio Sergio) che dopo tre anni con zero presenze si scoprì una sorta di Benji Price, della vittoria in rimonta in casa della Juve al 93'. E soprattutto, del gol più bello della carriera di Okaka, contro il Siena di Curci e Rosi, che a gennaio stava già andando dritto in B, dopo aver esonerato due allenatori come Giampaolo e Baroni per affidarsi a Malesani, ma quel giorno all'88' era ancora sull'1-1.

Fino a quando Adrian Pit, un carneade romeno preso a parametro zero dal Bellizona per motivi rimasti ignoti, uno che partiva dalla panchina pure al Pisa in B, alla seconda e ultima presenza con la Roma mise in mezzo un cross che Okaka, spalle alla porta, deviò in rete di tacco. Il giorno dopo andò al Fulham, e Pit alla Triestina: sarebbero tornati a fine anno, per essere accolti nel Valhalla degli eroi, i protagonisti dello scudetto più inatteso e sorprendente della storia della serie A, senza quel maledetto 25 aprile, in cui la Sampdoria e Pazzini cancellarono il lieto fine a una favola che era ormai vicina alla conclusione.

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