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la sfida nella sfida

Mourinho e Mazzarri, in comune non solo l'iniziale

Sabato 10° incrocio tra i due: José ha vinto 5 volte. Tra il 2009 e il 2010 si sono spesso punzecchiati, in seguito sono diventati amici

Mourinho a bordocampo contro la Fiorentina

Mourinho a bordocampo contro la Fiorentina (GETTY IMAGES)

21 Dicembre 2023 - 07:30

Di nuovo di fronte, o meglio, l’uno di fianco all’altro, a pochi metri di distanza. Ognuno sulla rispettiva panchina, ognuno con le rispettive pressioni, le rispettive difficoltà, le rispettive idee calcistiche. José Mourinho, lo “Special One”, da un lato; dall’altro, Walter Mazzarri, che l’allora ad del Catania Pietro Lo Monaco (ricordate? «Monaco di Tibete, Bayern Monaco, Gran Prix di Monaco....») definì «il Mourinho dei poveri». A unire i due tecnici non ci sono soltanto le attenzioni (non richieste e non ricambiate) dell’ex dirigente dei siciliani, ma anche un rapporto che, nel corso degli anni, è diventato di stima reciproca. Non che non ci siano stati momenti di tensione, anzi; alla fine, però, si può dire che oggi i due siano - a tutti gli effetti - amici. 

I battibecchi
Uno delle più celebri sfuriate di Mou ai tempi dell’Inter è figlia proprio di una sconfitta contro Mazzarri: Samp-Inter, semifinale d’andata di Coppa Italia, 4 marzo 2009. I nerazzurri, in formazione ampiamente rimaneggiata, perdono 3-0. José non usa giri di parole e si concede uno sfogo “in stile Bodø”, per rendere l’idea. «Ora forse si è capito - dice il portoghese - perché giocano sempre gli stessi, mentre altri non giocano mai. Ma avevamo deciso di cambiare perché è umanamente impossibile giocarle tutte». Al ritorno, l’Inter vince 1-0, ma non basta: passa la Samp. A fine gara, vista l’alta classifica dei doriani e i bei risultati ottenuti da Mazzarri, al tecnico toscano viene chiesto se anche lui, alla guida dei nerazzurri, vincerebbe quanto Mou. «Quando ci sono dei valori così esagerati - dice il livornese - è normale che molti allenatori, non solo Mazzarri, avrebbero potuto vincere il campionato con quella squadra lì. Ma tutti gli allenatori devono fare un percorso e a Mourinho è stata data quella squadra perchè aveva già vinto molto in precedenza». Il portoghese preferisce non replicare. Lo fa, per certi versi, un anno più tardi: Mazzarri nel frattempo è andato ad allenare il Napoli e il 14 febbraio 2010 ferma sullo 0-0 l’Inter al San Paolo, che quell’anno farà il Triplete, ma che in quel momento vive qualche difficoltà. In una conferenza stampa memorabile, qualche giorno dopo, José torna sulla gara con i campagni. E dice che «qualche allenatore, che non ha vinto neanche la Coppa Lombardia o la Coppa Toscana, considera il risultato della vita fare risultato contro di me». Ogni riferimento è puramente casuale. O forse no?

La pace
Dopo il trionfo interista, Mou se ne va al Real Madrid, poi al Chelsea. Nell’estate 2013, affronta in amichevole negli USA la “sua” Inter, che nel frattempo è stata affidata proprio a Mazzarri: i due hanno un lungo colloquio, prima della gara, tanto che - pare - debbano richiamarli per far loro presente che la gara è in procinto di iniziare. Dopo il match, José dice che «Mazzarri è il tecnico giusto per l’Inter»: un’incoronazione a tutti gli effetti, che il collega toscano apprezza molto. «È stato un bellissimo incontro - ricorderà in seguito l’attuale tecnico del Napoli - e da lì io credo che possiamo definirci, se non amici, due persone che si stimano». 

I due si ritrovano in Premier nel 2016-17, sulle panchine di Manchester United e Watford (una vittoria per parte). Alla vigilia di una delle due sfide, Mazzarri ribadisce: «Noi nemici? No, siamo molto simili, e c’è grande rispetto tra di noi». Parole al miele che José ricambia quando il collega approda a Cagliari: «Sono felice del suo ritorno in Serie A». Le sfide con i rossoblù, per la cronaca, se le aggiudica entrambe la Roma (2-1 in rimonta in Sardegna e 1-0 all’Olimpico). La speranza è che le cose possano andare allo stesso modo anche stavolta: perché, al netto della stima e dell’amicizia, un avversario è pur sempre un avversario. Ma lo “Special One”, ovviamente, questo lo sa fin troppo bene. Strette di mano e abbracci non mancheranno; ma, vista la necessità di punti in casa giallorossa, una volta in campo non ci sarà spazio per i sentimentalismi. 

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