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Voeller: "All'estero la percezione del club ora è migliore. Ranieri? Alla Roma non si può dire di no"

La seconda parte dell'intervista all'ex centravanti a Il Romanista: "Zaniolo è giovane e molto bravo. Kluivert? Il mio allenatore dice che è un campione"

Rudi Voeller al Colosseo, di LaPresse

Rudi Voeller al Colosseo, di LaPresse

Gabriele Fasan, Dario Moio, Stefano Pettoni
26 Marzo 2019 - 15:08

[Continua dalla prima parte]

Se non arriva la Champions la situazione si complica un po' per la Roma.
«Un po' come a Leverkusen. In questa stagione ci sono tante squadre che in campionato stanno facendo bene. L'anno scorso, anche da noi, era più facile arrivare in Champions. In Serie A c'è la Lazio che gioca bene, le milanesi sono tornate, l'Atalanta gioca un buon calcio, c'è la Fiorentina. Non è facile».

Qual è la tua idea sul Fair Play Finanziario?
«Anche in Germania è una questione aperta. Tutti cercano di rientrarci. Noi cerchiamo sempre di rispettarlo, non esageriamo mai. La Bayer ci dà un budget di 25 milioni ogni anno, da tanti anni. Se andiamo a bussare per avere soldi extra ci dicono di no».

Rudi Voeller durante l'intervista

Però il FFP non viene mai applicato veramente.
«Psg e City sono quelli che esagerano e competere con loro diventa difficile. Ma è difficile anche competere con chi rientra nei parametri senza esagerare. Per esempio il Bayern Monaco che ha tanti sponsor, sei o sette da cui prende 30-40 milioni per ognuno. Non puoi competere. Certo, poi, sul campo li abbiamo battuti qualche settimana fa, però alla fine non c'è gara. Un giocatore che ottiene un contratto di 5 anni con il Bayern vince 4 volte il campionato, non importa se gioca bene o male. Vince lo stesso. Se sta lì vince, è come stare alla Juve adesso».

Parliamo della tua Roma, la tua prima stagione non è stata brillante e avevi chiesto di andar via. Poi sei diventato indimenticabile.
«Sì, dopo un anno. Sono cose che fanno parte di una carriera, io ero venuto a Roma con grande entusiasmo, stavo male all'inizio e sono rientrato in campo troppo presto. Poi negli Anni 80-90 non era come oggi con le rose di 23-25 giocatori, noi eravamo di meno. C'era necessità che giocassi. Il presidente Viola ogni giorno veniva a Trigoria: "Come stai? Stai meglio?", mi chiedeva continuamente. Poi andava in ufficio, dopo dieci minuti passava e mi richiedeva: "Allora, come va?". Era un presidente eccezionale. Però, ripeto, c'era tanta pressione per farmi rientrare. Sono tornato troppo presto e giocavo male».

Voeller con Dino Viola, il presidente che lo acquistò dal Werder Brema

Chi ti ha convinto a rimanere?
«Sempre Viola. Io ero un calciatore con tante offerte, soprattutto dalla Germania. Lui mi ha detto: "No, devi restare qua". Poi sono arrivati gli anni belli».

C'è stato un momento in cui hai detto: "Adesso vi faccio vedere io chi è Voeller"?
«Sapevo che stando bene fisicamente potevo far vedere le mie qualità. Poi sono venuti 3-4 anni buoni, soprattuto dopo i Mondiali del 90, la finale di Coppa Uefa, la vittoria della Coppa Italia».

Quella non era una Roma fortissima, hai mai pensato di essere "sprecato" in quella squadra?
«Certo c'era sempre il Milan, ma anche il Napoli e la Samp vincevano in quegli anni. Ma io stavo troppo bene a Roma. Ai tempi del Werder avevo avuto qualche chiamata dall'Italia. Mi ricordo nel 1984 c'era una bella offerta del Milan, venne Capello (insieme con Ramaccioni) a Brema. All'epoca non era ancora allenatore, si occupava di scoprire giovani talenti. Poi al mio posto presero Hateley, perché io non volevo andare via dalla Germania. Chiusero le frontiere e alla fine arrivò la Roma. Certe volte la vita è strana. Perché mi voleva la Roma e mi voleva Eriksson, che poi è andato via. A Roma ho conosciuto il Barone Nils Liedholm, una persona eccezionale. E poi sono venuti Radice e Bianchi».

Un aggettivo per Liedhlolm, Radice e Bianchi.
«Io con tutti i miei allenatori ho avuto un buon rapporto. Giocavo spesso e sentivo la fiducia. Anche con Bianchi sono stato benissimo, mentre Giannini e Conti hanno avuto qualche problema con lui. Radice e il Barone erano eccezionali. Con Bianchi abbiamo vinto la Coppa Italia, siamo arrivati in finale di Coppa Uefa, ma magari non è sempre stato amato. Io dico sempre una cosa, la persona più importante in una società è l'allenatore. Certo devi avere i giocatori bravi, ma un tecnico che non è a un certo livello ti fa girare male anche la squadra».

Che ricordo hai dell'anno al Flaminio?
«Tanti ricordi bellissimi, a partire dal gol nel derby».

Quando tu hai segnato il gol di testa, o meglio, di naso.
«Sì, perché il portiere uscì un po' così. Non sapevo dove aspettarmi il pallone: cercai solo di spingerlo in rete perché la porta era vuota».

Rizzitelli ci ha detto che se lui non avesse ostacolato Orsi tu non avresti segnato…
«Ruggiero fece un buon lavoro».

Rizzitelli c'entra un po' anche nel gol col Broendby.
«Lui era dietro di me, l'ho presa io. Mica poteva prendersi quel gol».

La Roma la prossima partita giocherà con il Napoli, ti ricordi il tuo gol di Capodanno.
«Me lo ricordo bene. Era il 31 dicembre e stavo a Roma. Dopo la partita siamo usciti. Mamma mia! Abbiamo fatto Capodanno qua in centro e il pomeriggio avevamo vinto 1-0 col Napoli. Che ricordi. Ho segnato quel gol negli ultimi minuti su cross di Cicoria (Tempestilli, ndr). L'unico cross bello che ha fatto nella sua carriera... (ride, ndr)».

Con la maglia della Roma hai perso la finale di Coppa Uefa, con il Var quella coppa l'avremmo vinta?
«È difficile dirlo a distanza di anni. All'epoca c'erano tante partite dove qualcosa non era chiaro. Ma devo essere sincero, i primi 6 mesi del Var in Germania sono stati proprio difficili. Poi con il tempo è migliorato e alla fine è diventato meglio giocare col Var. Per il fuorigioco aiuta alla grande. Per i falli di mano è più difficile. L'unica cosa che cambierei sul fallo di mano è in base alla posizione in area di chi lo commette: se sei più defilato è un conto, se sei al centro dell'area è più decisivo. Però è sempre difficile decidere. In Germania facciamo le stesse discussioni che si fanno in Italia».

Ti ricordi il coro "Vola, tedesco vola"?
«Sì, certo. Prima di tutto devo ringraziare Lorella Cuccarini. L'ho incontrata un paio di anni fa allo stadio e abbiamo parlato di questa cosa. Poi ho un ricordo bellissimo della Curva Sud. Ecco. I romanisti li trovi dovunque, in Germania, a Mosca, in tutto il mondo. I romanisti sono immensi. Magari in un ristorante c'è sempre qualcuno che ti fa: "Ahò, Rudi!"».

Rudi Voeller con Aldair nel 1990 nel "nuovo" Olimpico (LaPresse)

I tuoi figli sono italiani? Seguono la Roma?
«Kevin è nato qui a Roma. Tutti seguono più il Bayern Leverkusen ma hanno sempre un bel rapporto con la città».

Tu hai fatto il cucchiaio in un derby, cosa ti venne in mente in quel momento?
«Non volevo prendere in giro nessuno. Io ho spesso tirato i rigori, il cucchiaio l'ho fatto anche a Marsiglia. Qualche volta l'ho fatto perché non sapevo come tirare. I portieri si buttano sempre prima, è un modo per far gol».

Quelli erano derby duri, finivano spesso in pareggio.
«E spesso veniva cacciato qualche calciatore. Erano derby sentiti, mamma mia! I romani lo sentivano molto di più, poi dopo il primo anno ho iniziato a sentirlo anche io. Però cercavo sempre di restare tranquillo sennò diventavi matto. Desideri o Nela spesso finivano fuori. Loro lo sentivano tanto».

Il difensore più difficile che hai affrontato in Italia?
«È dura dirlo. Oggi gli attaccanti sono più protetti rispetto ai miei tempi. Una volta era difficile giocare contro il Milan. Con Baresi e Costacurta era quasi impossibile, specialmente con il "Vigile" lì in mezzo (ride, ndr). Mamma mia, quante volte alzava il braccio e il guardalinee subito alzava la bandierina. All'epoca non c'era il Var, bastava che Baresi indicasse l'offside ed era fatta... Però il Milan era una squadra eccezionale».

Il compagno d'attacco ideale?
«Ho avuto con tutti un ottimo rapporto. Con Ruggiero sono stati anni bellissimi però anche con Klinsmann in nazionale o a Marsiglia con Boksic, al primo anno abbiamo fatto tanti gol insieme. La cosa importante è quando sei contento anche per il compagno che segna, spesso oggi non è così. Io ero contento quando Rizzitelli segnava».

Ti piace Dzeko?
«Certo, già ai tempi del Wolfsburg. Come qualità fisiche e tecniche è un giocatore che non si discute, ci punterei ancora».

E Schick? Punteresti su di lui per il dopo Dzeko?
«È un talento, è veloce. Ma oggi è ancora presto per dirlo».

Un bomber che consiglieresti alla Roma?
«Il nostro allenatore è Bosz, che allenava l'Ajax, e lui mi parla sempre di Justin Kluivert, gli piace molto, dice che è un campione. Certo gli manca ancora qualcosa, è molto giovane e ha bisogno di giocare ma lo vedo molto bene. Lo dico liberamente perché tanto non possiamo comprarlo (ride, ndr)».

Ti piace Zaniolo?
«L'ho visto giocare qualche volta ed è molto bravo. Anche noi abbiamo un profilo simile, destinato a fare una grande carriera. Si chiama Kai Havertz, ha 19 anni come Zaniolo. Per fortuna abbiamo un contratto con lui fino al 2022. Diventerà molto forte».

Se arrivasse un'offerta fuori mercato per Havertz la accettereste?
«È cresciuto con noi nel settore giovanile, conosciamo bene la sua famiglia e il suo procuratore. Lui sa già che non lo vendiamo, con la società abbiamo deciso che rimane sicuramente. Poi siamo una squadra che fa soldi anche con le cessioni per poi investire e far crescere la squadra. Un discorso molto simile a quello che fa la Roma».

Nel calcio di oggi non ci sono più bandiere.
«È più difficile esserlo. Oggi i calciatori con il talento di uno come Totti vanno in una squadra come Real, Barcellona o City. Lui invece è rimasto sempre qui a Roma e per questo è diventato giustamente un idolo».

Voeller con Francesco Totti nel 2004 quando allenava la Roma (LaPresse)

Hai visto il suo addio al calcio?
«Anche io ho vissuto un addio. Da una parte è triste, dall'altra parte saluti una carriera eccezionale. Anche se ha vinto poco, con la Roma ha conquistato uno Scudetto e un Mondiale. È facile vincere con Juve o Bayern, in giallorosso si compie l'impresa facendolo».

La Roma su che tipo di allenatore dovrebbe puntare?
«Onestamente io ammiro anche Ranieri e non solo per la sua vittoria con il Leicester. Prima della sua esperienza in Premier è venuto anche a Leverkusen, è stato a vedere gli allenamenti. Questo ti fa capire che è una persona che guarda sempre avanti».

Un giudizio su Tedesco dello Schalke.
«Il suo problema è stato l'anno precedente, è arrivato secondo - ma con una squadra non di alto livello - perché il Borussia Dortmund non è andato bene e il Bayer Leverkusen è arrivato soltanto quinto. Tutti sono rimasti sbalorditi da quel risultato. Tedesco era un giovane allenatore che stava facendo bene. Ma così ha alzato le aspettative nei suoi confronti e il secondo anno è diventato complicato. Io lo conosco e sono sicuro che farà una grande carriera: il suo problema è stato aver fatto più del possibile l'anno prima».

Qualcosa di simile a quello che è successo a Di Francesco con la semifinale di Champions?
«Con Tedesco è stato ancora più estremo perché lo Schalke è arrivato secondo e non valeva quanto valeva la Roma. Ora lo Schalke rischia di andare in Serie B».

Un calciatore tedesco che consiglieresti alla Roma?
«Sui miei calciatori non posso consigliare (ride, ndr). Sané è un numero uno, del nostro Havertz ho già detto, e poi c'è Werner del Lipsia ma credo che finirà al Bayern».

La vittoria del mondiale a Roma con la Germania

Su Ünder potrebbe puntare il Bayern Monaco?
«Non credo che andrà al Bayern che ha già Koman e Gnabry».

Ripensi ogni tanto alle tue corse sotto la Curva Sud?
«Certo che ci penso anche se io ero un po' strano. Quando segnavo mi piaceva sempre correre dalla persona che mi aveva passato il pallone. Andavo sotto la Curva, ma non così spesso come gli altri».

Per noi sarai sempre il tedesco che vola.
«E i tifosi romanisti saranno sempre nel mio cuore».

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