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La scomparsa di Berlusconi

Il Diavolo dietro la Lupa

Con la Roma l’esordio dell’uomo che cambiò il calcio. Il primo ko a San Siro coi giallorossi da presidente in pectore. Liedholm e Ago alla guida agli inizi, poi corte serrata a Totti

Silvio Berlusconi durante una partita del Milan

Silvio Berlusconi durante una partita del Milan (GETTY IMAGES)

Vittorio Cupi
13 Giugno 2023 - 09:45

Il giorno prima di diventare ufficialmente presidente del Milan, Silvio Berlusconi dovette assistere alla prima sconfitta casalinga della stagione 1985/1986 della squadra rossonera. Fu un gol di Roberto Pruzzo, su assist di Boniek, a dare il dispiacere a colui che era già presidente “in pectore”, ma che ufficialmente lo sarebbe diventato il giorno dopo. Presidente di un Milan che aveva Nils Liedholm in panchina e Agostino Di Bartolomei in campo e che aveva perso contro una delle più belle versioni di sempre della Roma, quella della rimonta sulla Juventus stroncata alla penultima giornata dalla sconfitta casalinga col Lecce mentre proprio il Milan perdeva con la Juve. Con Berlusconi già presidente.
"Complimenti alla Roma". Furono queste le sue prime parole da presidente del Milan, perché quel 23 marzo 1986 nei fatti tale era. "Nonostante tre assenze importanti, ha giocato molto bene". Gli assenti erano Conti, Cerezo e Bonetti. "Nei prossimi giorni annuncerò un acquisto", aggiunse. Sarebbe stato proprio Dario Bonetti, primo calciatore ad avvalersi della possibilità di svincolarsi. Gli altri sarebbero stati Galli, Donadoni, Galderisi e Massaro, due anni dopo girato in prestito proprio alla Roma.

Mettetela come volete. O è stato il suo ultimo pensiero prima di acquistare il Milan, o il suo primo da presidente di fatto, ma la prima esternazione di Silvio Berlusconi è stata un complimento alla Roma per una meritata vittoria a San Siro. Chissà, magari proprio quel giorno iniziò a mettere in discussione Nils Liedholm, che avrebbe allontanato un anno dopo, con tutta la cortesia del caso. "Berlusconi è competente, ha allenato l’Edilnord", diceva il Barone quando gli veniva chiesto conto delle critiche che la proprietà gli rivolgeva. Chissà, magari aggiunse anche qualche anatema, dato che per tornare a vincere nella San Siro rossonera la Lupa ha dovuto attendere altri vent’anni e una doppietta di Totti. Campione d’Italia con la Roma nel 2001 con un allenatore, Fabio Capello, che è una invenzione proprio di Berlusconi. Fino al giorno prima, manager della Fininvest. Dal giorno dopo, erede di Arrigo Sacchi. "È uno yes-man", dicevano. Alla festa per il centenario del Milan, però, si presentò con la divisa della Roma. Era il 1999 e lo “Yes-man” aveva già detto sì alla Roma.

Totti, appunto. È l’altro grande filo che ha sempre legato Silvio Berlusconi alla Roma. Da intenditore di calcio quale è sempre stato, colui che negli anni Ottanta era definito “Sua emittenza”, e che grazie alle reti Fininvest ha dato la possibilità agli italiani di poter vedere tanto sport, dalla boxe alla Nba e non solo, ha sempre stimato il più forte calciatore italiano del dopoguerra. Ma poi, chi era più forte di lui nell’anteguerra? Chissà. Non è questa la sede.

Il primo approccio fu nel 1988, quando il Milan mise sul piatto 150 milioni di lire per portare il dodicenne Francesco Totti in rossonero. Mamma Fiorella e Papà Enzo si opposero e pochi mesi dopo fecero firmare al figlio il cartellino con la Roma. Forse all’epoca Berlusconi si fidò dei suoi collaboratori, in particolare Ariedo Braida, ma nel 2003 sapeva benissimo chi era Totti. Al Milan aveva già segnato più volte, era già il miglior calciatore italiano, nella doppia finale di Coppa Italia con i rossoneri aveva dato una incredibile dimostrazione di onnipotenza calcistica con tre calci di punizione uno più bello dell’altro che non furono sufficienti per far vincere il trofeo alla Roma. "Sono contento che Berlusconi parli di me - disse il Capitano in quei giorni - è una cosa che mi gratifica. Potevo andare al Milan quando avevo 14 anni, ma adesso potrebbe diventare il mio presidente per il futuro". 

Quel "potrebbe" lo disse con una pausa studiata. Era una tattica, per spingere la Roma a comprare campioni. Pochi giorni dopo, la società annunciò l’acquisto di Cristian Chivu. La tattica aveva funzionato. Berlusconi era già il presidente di Totti, nel senso che era il Presidente del Consiglio, ma sarebbe rimasto solo quello. Lo era diventato in seguito alle elezioni del 2001, anno dello scudetto romanista e dei cartelli sparsi per tutta Italia. Uno dei più famosi era "Meno tasse per tutti" e la parodia migliore in assoluto fu «Meno tasse per Totti». Adriano Galliani, intanto, invocava meno tasse per il calcio e una volta fece fare al numero 10 un giro in barca sul Lago di Como invitandolo a scegliere una villa di suo gradimento. Sarebbe stata la sua casa, se fosse andato al Milan. Chissà, magari glielo fece fare anche nel 2005, quando ci fu il secondo pesante tentativo, dopo quello andato a vuoto del Real Madrid. 
"Non si comprano le bandiere", ha sempre detto Berlusconi, ogni volta che è stato interpellato sul mancato acquisto di Totti, che ha sempre avuto la stima e l’amicizia anche da parte di uno dei figli dello storico presidente rossonero, Piersilvio. Anche la moglie Silvia Toffanin e l'ex di Totti Ilary sono sempre state molto amiche. Non è detto poi che dietro il mancato arrivo del Capitano al Milan ci fosse per forza un sentimento calcisticamente così nobile. "Non ha acquistato Totti dalla Roma per non inimicarsi i voti provenienti dalla Capitale", ha detto una volta Leonardo Martinelli, giornalista di fede rossonera. La verità probabilmente starà nel mezzo. Anzi, sta nelle parole di Totti. "Ho sempre detto di no per l’amore e per il rispetto per questa maglia, per questi colori e per questa città". Fatti, non parole. Al di là della stima reciproca, testimoniata proprio dal Capitano romanista nel 2016, in occasione degli 80 anni dell’ormai ex presidente del Milan. "Buongiorno presidente, volevo farle gli auguri. Io sto a metà, tra un po’ la raggiung". 29 settembre (1936) Berlusconi, 27 settembre (1976) Totti, forse anche l’astrologia ci dice qualcosa sul rapporto tra i due.

Nel frattempo, il destino della Roma era già stato segnato, si dice, da Silvio Berlusconi. Bisogna fare un passo indietro e tornare al 2004 e alla trattativa con la Nafta Moskva del magnate russo Sulejman Kerimov, interessato ad acquistare la Roma su segnalazione di Roman Abramovich, che aveva provato a prendere sia Totti sia Emerson. Nel libro “Fuori gioco: Calcio e potere”, Gianfrancesco Turano racconta che mentre il presidente del Milan, oltre che capo del governo, pubblicamente diceva di non avere nulla in contrario, nel frattempo ebbe un contatto con Vladimir Putin dopo il quale la Nafta Moskva si ritirò. Pochi giorni prima c’era stata una visita della Guardia di Finanza a Trigoria. In quella stagione la Roma arrivò seconda dietro al Milan.
Quando Berlusconi prese il Milan, la Roma gli arrivava sempre davanti. Perché aveva il migliore presidente possibile per il calcio di quei tempi, che proprio da Berlusconi in poi non sarebbe più stato lo stesso. Eppure, nel 1988, dopo il primo scudetto del Milan di “Sua Emittenza”, Dino Viola disse: "Datemi uno stadio e lo raggiungo". Lo stadio ancora non c’è e ora è Berlusconi che l’ha raggiunto. 

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