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La situazione è Gravina

Un cortocircuito che può far danni

Non prendetevela con gli stanchi, assonnati, e mortificati romanisti che hanno urlato in faccia il loro amore per la Roma al pessimo arbitro della finale

Taylor circondato dai calciatori giallorossi nella finale di Budapest

Taylor circondato dai calciatori giallorossi nella finale di Budapest (GETTY IMAGES)

03 Giugno 2023 - 08:08

Ho sentito con molta attenzione ieri mattina l’intervento a Radio Romanista di Carlo Zampa. Ho percepito l’amarezza di uno straordinario cantore di passioni che è arrivato ad un punto in cui non vuole più avere a che fare neanche indirettamente con questo mondo del calcio. Sta meditando addirittura di smettere di collaborare con noi, di parlare in radio, di affrontare dibattiti pubblici sulla Roma e sul mondo del calcio. Vorrebbe mollare un mondo da cui si sente sopraffatto. Ma è così che si arriva al cortocircuito, quando la potenza non calcolata di un’onda brucia l’alveo che doveva contenerla. Qui siamo vicini al punto di non ritorno. Non solo per Carlo, chiaro, ma anche il suo è un segnale.

Se decine di persone anche miti (ne conosciamo personalmente qualcuna) arrivano a mobilitarsi in maniera piuttosto accalorata (alcuni andando decisamente oltre, ma non si prenda una sedia tirata da uno scalmanato per accomunare nel giudizio l’atteggiamento dei più, votato alla contestazione di un arbitraggio decisamente infelice che, peraltro, se viene mossa ad un politico poco cool è dagli stessi giornali derubricata a piccola manifestazione di folklore e in qualche caso persino di coraggiosa denuncia civile) urlando il proprio disappunto in faccia al simbolo - più che all’uomo - che in questo momento incarna il profilo della massima ingiustizia, l’arbitro inglese Taylor, protagonista di una gara decisamente sfortunata e diretta curiosamente a senso unico, forse più che puntare il dito dovremmo chiederci che cosa sta accadendo al nostro mondo. O siamo tutti vittima di un’allucinazione collettiva?

Taylor alla Roma con le sue decisioni sbagliate (il rigore non concesso su Fernando, le mancate espulsioni di Rakitic e Lamela, ieri è spuntato un altro video con un altro clamoroso fallo di mano nell’occasione di Abraham) è costato l’Europa League, e quindi la Champions del prossimo anno, e quindi una sessantina di milioni. Ed è solo l’ultimo esempio di una costellazione di simili “incidenti di percorso” che sono costati punti, multe, penalizzazioni, squalifiche e diverse altre conseguenze a livello interno, compromettendo i rapporti interpersonali, incidendo decisamente nella gestione della società e della comunicazione giallorossa. Però si continua a guardare il dito e non la luna. Si stigmatizzano le proteste di Mourinho, non i motivi che le hanno scatenate. Dice: ma gli allenatori si lamentano sempre, pensate che Mourinho abbia ragione solo perché ragionate da tifosi. Vecchio refrain, già ascoltato. Erano i primi anni 2000. Poi arrivò un gruppo di magistrati coraggiosi, che non credevano più alle coincidenze, e si scoperchiò un letamaio orchestrato da un blocco compatto di potere mafioso. 

Intanto qui si è arrivati a sostenere che la responsabilità morale dell’aggressione (aggressione?) a Taylor sia proprio di Mourinho, colpevole di aver apostrofato il direttore di gara con parole risentite in zona mista, fregandosene (o magari beandosi?) delle telecamere puntate addosso. Ieri è arrivato il comunicato dell’Uefa per dire tra l’altro che il comportamento di Mou è stato messo sotto inchiesta. In questo, del resto, José resta un pivello. Lui fa tutto alla luce del sole. Gli allenatori del campionato italiano, soprattutto quelli “coltivati” nel sistema italiano, sanno bene quali zone dello stadio sono al riparo da sguardi indiscreti ed è lì che trattano malissimo gli arbitri lasciando poi ai loro uomini di potere in società il compito di gestire gli effetti di quei comportamenti. Raramente viene fuori qualcosa, e se accade è solo quando qualche orecchio indiscreto di un inserviente non allineato si ritrova per caso da quelle parti. E magari piovono smentite. 

Così adesso abbiamo scoperto che si muove anche la Federcalcio, stando almeno alla gestione del processo alla Juventus, rea confessa, come attesta il patteggiamento, di reati gravissimi che hanno alterato la regolarità degli ultimi campionati, eppure punita con uno scarto di punti minimo e di una multa che non vale neanche lo 0,2% del suo fatturato. Insomma, è intervenuta la politica, e la Federazione che accoglie tutti coloro che fanno calcio in Italia, si è schierata non contro la società che per l’ennesima volta ne ha macchiato la credibilità nella comunità calcistica internazionale, ma a favore suo, nel timore evidentemente di inimicarsi il popolo juventino, alla vigilia, ma questo è solo un caso, della contrattazione dei diritti televisivi. Il potente che commette reati e si gode l’impunità che deriva dalla sua autorevolezza, in questo caso economica.

È un principio mafioso, se ci pensate. Io commetto un reato, ma tu non ti azzardare a toccarmi, se non vuoi guai peggiori. E i giornali che dovrebbero essere a presidio di questo sistema, per gli stessi motivi hanno prima difeso le istanze difensive degli strapagati avvocati bianconeri e poi plaudito alla vergognosa scelta politica della nostra federazione. Chi scrive aveva una certa stima del presidente federale, riconoscendogli una dirittura sul piano morale diversa da molti dei predecessori che aveva avuto e superiore a quella di altri che bramavano il suo posto. Per questo la delusione ad ascoltare le sue inaccettabili parole sull’importanza del “brand juventino” è feroce. Mi viene da pensare che in qualche modo sia sotto ricatto, e piuttosto che aprire una crisi che avrebbe probabilmente pagato sulla sua pelle, ha preferito adeguarsi anche lui al sistema e ottenuto una pax interna che nessun provvedimento Uefa potrà mettere in discussione. 

Ma il punto più ridicolo dell’intera stagione è stata la gestione del caso Serra. Quando ci si è resi conto che il killer di turno mandato a sabotare Mourinho l’aveva combinata grossa, esagerando nel ruolo di sceriffo che si è sentito di interpretare come fa un attore grossolano quando rende caricaturale un ruolo, soprattutto dopo che trasmissioni molto popolari ne avevano smascherato l’ingiustificato livore, è stata attivata l’unità di crisi che ha prima portato alla squalifica di Mourinho e alla sospensione del giudizio sull’arbitro, lasciando presagire una punizione anche per lui, salvo poi sancire l’improcedibilità del caso per via della decorrenza dei termini. Salvaguardando in qualche modo l’integrità di un’associazione arbitrale ormai vicina per reputazione a quella spazzata via dai magistrati di Calciopoli. E ci stupiamo se un gruppo di arrogantelli col fischietto in bocca, alcuni dei quali erano abituati nelle tavolate a Coverciano a scambiarsi le ricevute false dei taxi, si siano passati la parola di bastonare l’intemperante Mourinho?


No signori, non prendetevela con gli stanchi, assonnati, e mortificati romanisti che hanno urlato in faccia il loro amore per la Roma al pessimo arbitro della finale. Domani per la 34ª volta 60.000 persone si ritroveranno a cantare il loro amore per una squadra e per un allenatore che si è reso conto all’improvviso che cosa può significare non essere coperto nella gestione della sua squadra da società da sempre abituate a trattare a livello politico la classe arbitrale come fosse roba loro. E badate bene: non è questo che vogliamo che faccia la AS Roma. Da sempre abituati a stare contro chi governa in maniera immorale, chiediamo solamente che la Roma sia trattata con equilibrio. Anche se in panchina si ritrova un allenatore inviso al potere. E se non è nello stile del presidente trattare con il giusto e fermo rigore il tema pubblicamente, che lo faccia almeno privatamente provando a verificare anche con il suo nuovo amico Ceferin e con la signora dell’Eca Lina Souloukou che quella di Taylor sia stata solo una sfortunatissima prestazione. E venga personalmente allo stadio a vedere Roma-Spezia, la partita da vincere per riconquistare un posto in Europa League. Per quanto può sembrare uno scherzo, ad arbitrare è stato designato Maresca e al Var Mazzoleni. Quando si dice scherzare col fuoco.

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