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Dopo Tirana un’altra finale da giocare. Il gruppo, compatto e unito, ora ci crede e punta la coppa. Mourinho ha forgiato il carattere dei suoi indomiti ragazzi

José Mourinho Bayer Leverkusen-Roma

José Mourinho Bayer Leverkusen-Roma (GETTY IMAGES)

Andrea Di Carlo
20 Maggio 2023 - 07:00

Le facce stremate ma rapite dalle immagini della partita, che lo schermo dell’elegante sala dell’Althoff Grandhotel Schloss Bensberg proietta a notte fonda. La loro guida tattica e spirituale, lo Special One, che li guarda e li riprende con lo smartphone, con quel mix di orgoglio e tenerezza del padre di famiglia. Questa è solo una delle tante diapositive che la Roma si porta dietro dalla trasferta di Leverkusen, dove ha staccato il pass per la finalissima Budapest. Questo perché, al netto della godibilità del gioco espresso dalla squadra giallorossa, è la compattezza del gruppo ad aver fatto la differenza. L’aiutarsi in mezzo al campo, riprendersi e battibeccare a muso duro, per poi ritrovarsi a lottare fianco a fianco, prima di esplodere in un abbraccio comune. 
La Roma di Mourinho è un blocco unico, granitico e imperforabile, pronto a superare ogni ostacolo si presenti sulla propria squadra, basti pensare ad una semifinale giocata tranne Smalling e Dybala, se consideriamo il loro minutaggio trascurabile ai fini del passaggio del turno. 


Tutti titolari


Le prime scelte rimarranno tali, soprattutto nella testa di Mourinho, ma ora la rosa a disposizione dello Special One sta dando dei riscontri insperati fino a poco tempo fa. Da Celik, finito nel dimenticatoio dopo la trasferta di Salisburgo, alla crescita esponenziale di Edoardo Bove, fino alla generosità di Camara e agli strappi di Solbakken. Tutti fanno la loro parte e quando vanno in campo sanno perfettamente cosa debbono fare. Cambia la qualità degli addendi ma non la loro adattabilità e osservanza delle consegne tattiche. La Roma dello Special One difende a Bologna con Missori e Tahirovic così come ha fatto alla BayArena con Matic e Wijnaldum. Stessa applicazione, stesso controllo emotivo, stesso risultato: gli altri tengono palla ma non segnano.


Bunker giallorosso


La formula ripetuta a più riprese ha quasi sempre funzionato. Nelle sfide a eliminazione diretta, quindi partendo dal playoff contro il Salisburgo, la Roma ha subito un solo gol all’Olimpico su quattro gare disputate (quello del Feyenoord nel 4-1), due invece nelle sfide lontane dalla Capitale (la rete di Capaldo alla Red Bull Arena e quella di Wieffer a Rotterdam). Vita dura per i palleggiatori seriali, un incubo per le squadre alla ricerca perenne di spazi e profondità per esprimersi al meglio. E quel possesso lungamente gestito diviene in poco tempo la prima fonte di frustrazione per gli avversari.


Adesso la coppa


Il Siviglia è avvisato, la spessa ragnatela dello Special One è pronta ad attrarre la squadra andalusa nella propria metà campo, per poi toglierle gradualmente ritmo, fraseggio e spazi. Il piano gara sembra già scritto, la Roma è pronta a seguire, per l’ennesima volta, il meticoloso piano gara di Mourinho. Che le finali solitamente non le gioca, ma le vince. E la speranza è di farlo con la rosa pressochè a disposizione, ad eccezione di Karsdorp
Lunghi giorni di gestione attendono la squadra giallorossa, pronta a schierare nella finalissima di Budapest la miglior squadra possibile. Dopo tante difficoltà e una lunga serie di infortuni, Mourinho può sorridere pensando al Siviglia. I suoi ragazzi stanno meglio, altri sono pronti. Al primo cenno dello Special One sono pronti a scatenare l’inferno.

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