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La partita

La Roma non si ferma più

Bove ribatte in rete nel primo tempo l’ennesimo rigore sbagliato (stavolta da Cristante). Nel 2° Pellegrini e Abraham completano la festa

Lorenzo Pellegrini prima del fischio d'inizio di Roma-Udinese

Lorenzo Pellegrini prima del fischio d'inizio di Roma-Udinese (GETTY IMAGES)

17 Aprile 2023 - 10:03

"Dobbiamo giocare da squadra", aveva detto Mourinho nel prepartita, e la Roma l’ha fatto, senza i picchi artistici di Dybala, ma con la sostanza di Bove, Pellegrini e Abraham, protagonisti del rotondo 3-0 con cui è stata rispedita in Friuli la rognosa Udinese di Sottil. 4 la Roma ne aveva presi all’andata, 3 ne ha restituiti, altra conferma di come il lavoro dell’allenatore abbia conferito nel tempo una solidità che il terzo posto rinforzato in campionato non fa altro che testimoniare. E nel giorno in cui Milan, Inter e Juventus hanno sacrificato punti pesantissimi all’inevitabile stress da plurimpegni, la Roma è sembrata volare contro i bianconeri, con cinque cambi (più El Shaarawy) rispetto a Rotterdam senza perdere un briciolo di autorevolezza, aiutata in questo anche dal clima freddino di mezzo aprile e dal calore dell’Olimpico all’ennesimo sold out (e schierato compatto sin dal prepartita con Pellegrini). Anzi, confermando la sua attenzione strategica spesso calibrata sugli avversari, Mourinho ha presentato uno schieramento praticamente a specchio, con una sorta di 3511, per non perdere la parità numerica in mezzo al campo e conservare comunque il dinamismo del suo centrocampo, tenendo in panchina Matic, abbassando Cristante nel ruolo di play, alzando Bove e Wijnaldum da mezze ali e lasciando Pellegrini a pascolare alle spalle di Belotti, unica punta in campo, ma con la confortevole presenza almeno numerica in panchina di Abraham e Solbakken. Dietro ancora fiducia a Llorente, ancora al posto di Ibanez, ancora in campo Mancini e Smalling davanti ovviamente all’intoccabile Rui Patricio. Stesso sistema dell’Udinese che ha dovuto fare a meno di Beto, così Sottil ha scelto di lasciar libero il sempre incisivo Pereyra (rigore a parte) alle spalle di Success, con cinque centrocampisti (da destra a sinistra Ehizibue, Samardzic, Walace, Lovric, Udogie), e Becao, Bijol e l’interessante ventiduenne argentino Perez in difesa. Dybala, inquadrato dalle telecamere in tribuna in una delle tante pause del primo tempo, attende tempi migliori per tornare a far luce sul gioco della Roma, nel frattempo si fa quel che si può, perché Belotti non ha molti suggerimenti da trasformare in oro e s’industria per produrseli da solo, spesso con scarsi risultati. Né l’Udinese è una squadra che ti lascia giocare facilmente, con la sua fisicità e il dinamismo dei suoi giocatori di metà campo. In più ci si è messo il destino a spezzettare il primo tempo con una serie di incidenti più o meno significativi ai giocatori in campo, il più pericoloso dei quali è occorso a Cristante, messo ko da una testata di Success sugli sviluppi di una punizione che Smalling aveva rimandato dal secondo palo: l’assist di Cristante per Mancini, che ha deviato in porta costringendo Silvestri ad una non facile parata, ha rischiato di costar caro al centrocampista, rimasto a terra stordito per diversi minuti, mentre Matic era stato chiamato a riscaldarsi precauzionalmente. Poi Bryan si è ripreso e la sanguinosa ferita all’arcata sopraccigliare è stata contenuta da un vistosissimo turbante di garza bianca, mentre curiosamente a Success ne è stato applicato uno fucsia. Quella di Mancini è stata l’occasione migliore costruita della Roma tra una punizione e l’altra e tra una discesa e l’altra di Wijnaldum, sempre più a suo agio nel contesto tattico giallorosso. Al 33’ la prima svolta della partita: su calcio d’angolo di Pellegrini, Belotti è stato il più lesto a deviare di testa cogliendo la mano di Pereyra inutilmente protesa, a braccio larghissimo. Immediate le proteste dei romanisti, meno rapida la decisione della squadra arbitrale che ha avuto bisogno della revisione del Var per sancire ciò che è apparso chiaro sin da subito. Alla trasformazione è stato chiamato proprio Cristante col turbante, preceduto da una sinistra statistica dal dischetto: quattro tirati, due sbagliati. Pellegrini, ancora turbato dall’errore di Rotterdam, ha scalato dunque posizioni nelle gerarchie. Ma il cambio non ha prodotto vantaggi: il tiro di Cristante è terminato sul palo come quello di Lorenzo col Feyenoord, per fortuna però stavolta sulla ribattuta c’era Bove, bravo peraltro ad entrare in area con i tempi giusti e soprattutto a gonfiare la rete per la prima volta. Al 40’, dopo un giallo a Success per un brutto fallo commesso davanti alla panchina della Roma, si è elevata l’ennesima protesta dallo staff di Mourinho, con l’ennesimo rosso mostrato ad uno dei suoi componenti, nello specifico il preparatore Rapetti, peraltro non nuovo a questi provvedimenti. Il tempo si è chiuso tardissimo, con cinque minuti di recupero, con una punizione di Pellegrini su cui Silvestri si è disteso in tuffo sulla sinistra.

La ripresa è stata invece praticamente inaugurata con il gol del confortante 2-0: nessun cambio era stato deciso all’intervallo dai due tecnici, e il canovaccio era rimasto identico. Nessun pericolo corso per Rui, tanta attenzione romanista nelle transizioni. Così quando Belotti si è involato a sinistra, accompagnato a destra e a sinistra da Pellegrini e Wijnaldum, si è atteso lo sviluppo che l’ex granata ha trovato mettendo quella qualità nella traccia che altre volte gli è mancata: il resto l’ha fatto Pellegrini, con il controllo e il tiro piazzato dal basso verso l’alto, con il tocco di piede di Silvestri che ha solo spostato di poco la direzione. Sul 2-0 è cominciata un’altra partita: la Roma si è un po’ seduta, abbassando l’intensità dell’applicazione, e l’Udinese ha riguadagnato metri. Su uno strappo poteva arrivare il 3-0, Wijnaldum per lo sforzo dell’azione ha subito chiesto il cambio e Mou ha inserito Matic. Ma non è stato sufficiente: su un errore di Bove, l’Udinese ha ribaltato un’azione in area e ha trovato una respinta di braccio di Mancini, ottenendo il rigore (stavolta immediato) che avrebbe potuto cambiare il senso degli ultimi venticinque minuti di gioco. E invece Rui Patricio si è disteso sulla destra difendendo con le unghie l’ennesimo clean sheet (il settimo su otto prestazioni all’Olimpico nel 2023) e dando a Mourinho l’impulso per rivedere qualcosa: dentro Spinazzola, Abraham e Zalewski, fuori El Shaarawy, Belotti e Celik. Anche Sottil ha smosso le sue acque, provvedendo a far enrtare quasi tutti i suoi giocatori di movimento disponibili (sei, più i due portieri, erano in panchina, cinque sono entrati alla fine), mettendo qualità con Nestorovski, Thauvin e il giovanissimo Pafundi, l’ultima scoperta del ct Mancini. I cambi hanno annacquato la spinta degli ospiti e lo scorrere dei minuti ha dato nuova linfa ai romanisti, nessun episodio degno di nota è entrato nel taccuino e l’Olimpico ha scaldato il rombo del suo suono destinando qualche coro poco amichevole pure al Feyenoord. Ma la festa non era ancora completa: mentre i due tecnici hanno provveduto alle ultime due sostituzioni (Masina per Udogie, Tahirovic per Pellegrini, salutato da una standing ovation di tutto lo stadio), Abraham è andato ad incornare in bello stile un ottimo suggerimento di Spinazzola da sinistra, col destro, come da specialità della casa: impossibile per Silvestri intervenire, bella la celebrazione del gol per Tammy, nel sentito conforto popolare.

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