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La partita

Europa League, giovedì il ritorno: ci vorrà impegno doppio

Con l’unica azione pericolosa del match gli austriaci della Red Bull hanno vinto il play-off di andata.. Tra sette giorni servirà l’Olimpico top

Paulo Dybala Salisburgo-Roma

Paulo Dybala Salisburgo-Roma (GETTY IMAGES)

17 Febbraio 2023 - 09:00

Nella serata europea più tranquilla di tutta la gestione Mourinho, la Roma torna addirittura battuta da Salisburgo con un gol arrivato nel momento della partita in cui il pareggio che stava maturando stava lasciando l’amaro in bocca delle mancate occasioni. E invece a due minuti dalla fine un leggibilissimo inserimento di Capaldo, uno di quei tagli verticali delle mezzali della formazione di Jaissle su cui la Roma in settimana si era preparata, si è trasformato in una pepita d’oro per gli acerbi talentini di casa, increduli di tanta grazia: finire in vantaggio una partita in cui non era stato fatto niente per segnare e che Rui Patricio stava chiudendo senza neanche un intervento degno di nota.

Così l’andata del play-off di Europa League va al Salisburgo, mentre alla Roma resta adesso l’onere della vittoria con almeno due gol di scarto giovedì all’Olimpico, con l’inevitabile chiamata alle armi del pubblico romanista (già sollecitato ieri sera a caldo da Mourinho) e una formazione che al momento nessuno è in grado di ipotizzare: Dybala si è arreso infatti dopo un tempo ad un risentimento muscolare, Pellegrini e Abraham sono usciti piuttosto stanchi, i tre difensori, con Matic e Cristante, hanno fatto gli straordinari, e Zalewski ed El Shaarawy sono rimasti in campo per 90 minuti. E di mezzo ci sarà pure il Verona. 


Certo, non doveva essere questo Salisburgo a complicare il cammino della Roma in questa competizione e fino al gol che ha deciso la gara non c’era stato alcun elemento a far credere che potesse accadere. Sin dalle prime battute, alla poco convinta pressione dei padroni di casa la Roma ha risposto come spesso fa adattandosi alla situazione, ma senza andare mai in difficoltà. Troppo scolastica l’applicazione tattica degli uomini di Jaissle, uno dei cosiddetti laptop trainer tedeschi, troppo eleganti e formali per incarnare realmente l’anima che serve poi per vincere qualcosa al di fuori dei confini nazionali. Il 4312 del Salisburgo punta peraltro sulla fantasia di un trequartista (Sucic) che è un Volpato un po’ più celebrato (almeno da queste parti) e su un play, il francese Gourna-Douath, che rallenta parecchio le operazioni di sviluppo del possesso palla, così la manovra non è velocissima e difetta nella rifinitura, con gran vantaggio per la tignosa linea difensiva romanista, supportata da muscoli e centimetri di Cristante e Matic, che se non li attacchi a duecento all’ora non faticano a tenere lontani i guai dalla porta di Rui Patricio. Così nel primo quarto d’ora il possesso è stato per gli austriaci, ma i tiri  partoriti non hanno impensierito il portiere portoghese che si è limitato ad osservare le traiettorie disperse oltre lo specchio o respinte dal buon posizionamento difensivo dei suoi compagni. A diverso titolo ci hanno provato Dedic, Capaldo e Okafor, neanche un brivido.

El Shaarawy, preferito a sinistra a Zalewski che a sua volta è stato preferito a destra a Celik (almeno dall’inizio), ha poi cominciato a godersi lo spazio che inevitabilmente un 4312 concede ai quinti dello schieramento avversario, e ha creato i primi grattacapi agli uomini di Jaissle, che a quel punto si sono abbassati e hanno smesso di impensierire Mourinho: in un’occasione il Faraone è stato fermato con un intervento vigoroso ai limiti del regolamento, mentre Abraham è stato spostato di spalla in area nell’inserimento profondo. Difficile dare il rigore in un caso così, ma forse avrebbe potuto starci la punizione dal limite per l’ostruzione a El Shaarawy. In ogni caso muovendo la palla più velocemente, i romanisti hanno trovato facilmente spazio esterno per alzare il baricentro e a poco a poco sono fioccate le occasioni: al 17’ El Shaarawy è stato fermato da Dedic che ha resistito al suo tentativo di dribbling, al 23’ prima Zalewski e poi ancora El Shaarawy hanno provato a calciare forte in porta un corner di Dybala respinto due volte dalla difesa, un minuto dopo il Faraone ha pescato crossando con la consueta libertà Abraham in area, ma Kohn ha bloccato senza difficoltà, occasione gemella al 26’ stavolta però col cross da destra di Zalewski, e deviazione stavolta fuori misura. Al 43’ l’occasione più ghiotta con l’azione che si è sviluppata nel giro palla veloce da sinistra a destra della Roma, con scarico di Zalewski per Cristante che ha calciato forte oltre la linea difensiva su Abraham, bravo a prendere l’interno di Pavlovic, a fingere di tirare subito di sinistro e a rientrare sul destro, un po’ meno bravo nella conclusione ravvicinata a cui si è opposto Kohn.

 
All’intervallo lo 0-0 sembrava stretto per la Roma e niente, neanche l’uscita si spera solo precauzionale di Dybala (con inserimento di Celik in fascia e avanzamento di El Shaarawy a trequarti), poteva far pensare all’esito negativo della serata. È stata anzi la Roma a creare le occasioni per chiudere già all’andata la pratica della qualificazione, ma come Abraham nel primo tempo così Belotti nel secondo ha mancato la sua palla-gol, lasciando il risultato in equilibrio. Una prima infilata, tipo il gol alla fine, la Roma l’ha subita dopo un quarto d’ora, con l’attaccante che era appena subentrato a Fernando (Adamu), trovato libero nel suo inserimento tra esterno e terzo centrale, talmente libero che se avesse segnato probabilmente il Var, tirando le linee, avrebbe rilevato la sua posizione irregolare. Poi la Roma ha alzato un po’ la pressione e forse ha commesso l’errore di non rischiare la giocata per cercare di vincerla. Solo su calcio d’angolo sono arrivate le occasioni migliori. Su due corner praticamente identici, al 20’ e al 28’, Pellegrini ha trovato Cristante sul primo palo: nel primo caso la deviazione è stata respinta, nel secondo è finita sul palo esterno. Mourinho ha richiamato anche Abraham e Pellegrini col pensiero rivolto probabilmente al Verona, e, senza i due principali battitori, dalla bandierina per l’ultima volta è andato Zalewski, a dieci dalla fine: sulla bella traiettoria forte è arrivata la pronta torre di Smalling sul secondo palo per Belotti, che a mezzo metro dalla linea di porta non è riuscito a imprimere forza alla sua deviazione, incertezza che ha consentito a Kohn di respingere con l’aiuto della traversa.

Col rammarico per il mancato vantaggio, la Roma ha preso forse un po’ alla leggera i minuti finali, mentre Jaissle ha inserito altri giocatori offensivi (Gloukh e Koita per Sucic e Okafor). Pavlovic ha pestato un piede a Belotti impedendo lo sviluppo di una bella ripartenza, rimediando il cartellino giallo che lo terrà fuori per la gara di ritorno. Così ha messo maggior vigore nel suo ultimo inserimento offensivo, calciando una palla tagliata nel cuore della difesa giallorossa, colpevolmente morbida nell’occasione: Capaldo, al rientro tra i titolari stasera dopo quattro mesi d’assenza, si è inserito troppo facilmente tra Matic e Ibañez e ha colpito precisamente verso l’angolino, lontano dalla portata di Rui Patricio. È stato l’episodio che ha deciso la partita e riequilibrato all’improvviso il pronostico della qualificazione, fino a quel punto decisamente sbilanciato a favore della squadra più forte, la Roma. A nulla è servito l’assalto finale, che ha partorito solo altri due gialli, uno a Ibañez per proteste, l’altro a Gloukh che non voleva mettersi a distanza regolamentare in barriera. E al triplice fischio la Red Bull Arena ha preso a cantare, nel rammarico dei 1500 tifosi romanisti che però non hanno certo smesso di sostenere la Roma, neanche nei diversi viaggi di ritorno a casa. L’appuntamento è tra sette giorni.

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