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Verso Roma-Torino: e buon anno

Si chiude contro i granata di Juric un 2022 decisamente positivo. Con i tre punti si traghetterebbero le ambizioni dei giallorossi al 2023

Dybala in allenamento a Trigoria

Dybala in allenamento a Trigoria (As Roma via Getty Images)

13 Novembre 2022 - 09:09

Andrebbe sempre ricordato che cos’era la Roma prima di Mourinho. Un’eterna incompiuta, affidata ad allenatori decisamente bravi, in qualche caso colti, sicuramente sofisticati, quasi sempre orientati a far giocare bene la squadra, spesso vicinissimi ad ottenere risultati importanti, eppure, per un motivo per un altro, sempre salutati senza rimpianti, molte volte fischiati, quasi sempre incapaci di costruire nel tempo l’alchimia del gruppo forte, solido, compatto, dove tutti fossero in grado di concorrere al raggiungimento di un obiettivo finale.

È andato vicino alla gloria Spalletti, ma se n’è andato fischiato da tutto lo stadio, ha sfiorato il trionfo assoluto Di Francesco, ci hanno provato Ranieri, Fonseca, persino Zeman. Ecco perché sinceramente non capiamo l’ostracismo che affiora adesso dopo ogni mancata vittoria nei confronti di un allenatore che intanto, al suo primo anno, ha riportato un trofeo europeo dopo 61 anni, 14 di digiuno assoluto. Ma soprattutto ha riportato la Roma a un livello tale per cui quest’estate non solo è stato possibile che è un giocatore come Dybala, un top player assoluto, prendesse in considerazione l’ipotesi di sposare la causa giallorossa, ma poi di farlo persino. E quest’anno, al netto di un’inattesa sconfitta europea alla prima uscita, fino alla vigilia del derby la Roma aveva convinto tutti, alternando, è vero, prestazioni buone ad altre meno, ma comunque mantenendosi in linea con le ambizioni indicate ad inizio stagione nonostante la malasorte le avesse tolto al pronti, via! Wijnaldum e nel momento cruciale Dybala, i due giocatori su cui Mou aveva puntato le sue fiches. 

Poi il derby, brutta partita persa per un episodio, e Sassuolo, sfida equilibrata contro una buona squadra, in crisi solo di risultati, che a un certo punto pareva vinta e che alla fine si è pareggiata con l’effetto che dal 3° posto si è precipitati in poche ore al 7° di questa vigilia. Poche ore che sono bastate, come troppo spesso succede in questa città, per passare dal paradiso all’inferno con severe polemiche sulla gestione interna, come se la sua straordinaria carriera non avesse insegnato niente, e clamorose bocciature quasi unanimi rispetto ad obiettivi che sono invece ancora ampiamente alla portata della Roma.

 Oggi pomeriggio con il Torino (si torna giocare alle 15 dopo nove mesi, diretta esclusiva DAZN) una vittoria potrebbe far rientrare la squadra nelle posizioni che le competono, dopodiché si utilizzeranno i due mesi di sosta per ricalibrare la squadra e arrivare alla sfida del 4 gennaio con la rosa rivoluzionata dai ritorni in pianta stabile, almeno si spera, di Dybala, Pellegrini, Wijnaldum, Spinazzola, e con l’inserimento di Solbakken a rinvigorire un attacco caduto in una inattesa crisi di identità. Non sottovalutatela, questa Roma, a gennaio potreste pentirvene. I conti non si fanno oggi. Oggi, semmai, forse con l’apporto pure di Dybala prima di rivederlo ai mondiali, ci sarà da battere il Torino, un’altra bella realtà costruita da Ivan Juric, sapiente falegname di una architettura riconoscibilissima che al tempo stesso è virtù e limite delle squadre che allena. Giocando in questo modo, lui e i gasperiniani tutti, interpretano senza alcun dubbio i principi agonistici migliori, ma spesso si fermano sul più bello per l’intrinseca incapacità di virare il potente al produttivo. Lo dimostra proprio la parabola del capostipite e della sua fantastica Atalanta, che ogni tanto si spegne. Di fatto il loro è un controgioco all’italiana rivisitato in chiave aggressiva e offensiva. In questa maniera sono in grado di battere chiunque, e potrebbe farlo anche il Torino con la Roma oggi, ma anche di perdere male con squadre decisamente inferiori. Chissà oggi in quale veste saranno. L’anno scorso arrivarono sei punti. Oggi ne bastano tre.

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