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Empoli-Roma: Dybala, il Paulo de noantri

L'argentino a Sky: "Contento per la rete. Era un momento difficile dopo le due sconfitte, ma è in questi frangenti che si vedono le grandi squadre e i grandi giocatori"

Dybala esulta durante Empoli-Roma

Dybala esulta durante Empoli-Roma (As Roma via Getty Images)

13 Settembre 2022 - 09:15

Che fosse un campione, ne avevamo certezza sin dai suoi primi passi italiani. Anno di grazia 2012, lo avevano segnalato al direttore sportivo di allora del Palermo, Rino Foschi, al quale fecero vedere alcuni filmati. Fu come un’apparizione. Cominciò il pressing con il presidente Zamparini perché l’Instituto di Cordoba, il club dove Paulo Dybala era cresciuto a forza di effetti speciali, chiedeva oltre dodici milioni di euro. Tanti per un ragazzino che non aveva ancora diciannove anni. Però il presidente Zamparini che non c’è più, oltre ad avere il colpevole vizio di cacciare gli allenatori, aveva un buon occhio per i calciatori. Così, appena Foschi gli fece vedere i filmati, staccò l’assegno da dodici milioni. E per Paulino che ora è nostro, cominciò la sua avventura italiana. Tre anni in Sicilia, poi il grande salto a Torino, casa della vecchia signora, quarantaquattro milioni versati nelle casse del club siciliano, Juventus sono tuo. Ecco, dopo aver visto Dybala ieri sera a Empoli, la vera domanda da porsi è proprio legata alla Juventus: ma quale cavolo di pensiero è stato alla base, all’inizio di quest’anno, di decidere di lasciare andare via il campione in maschera a parametro zero per poi andare a garantire uno stipendio superiore a Di Maria, straordinario giocatore per carità, ma un’età che è quella che è con la conseguenza che, fin qui, ha visto più i medici di Allegri?

Meglio così. Perché ora Dybala è un giocatore della Roma ed è uno di quelli che possono fare la differenza. Sempre. Cosa che è andata in scena pure ieri sera in un’Empoli letteralmente invasa da migliaia di parrucchieri romanisti. "Sono contento per il gol, la vittoria e il gioco di squadra" ha esordito il talento argentino in un dopo partita con il sorriso dei giorni migliori. Proseguendo poi, ai microfoni di Sky, spiegando l’esultanza dopo il suo meraviglioso gol: "Sono andato a festeggiare con Zaniolo e Viña. Con Nicolò perché ha dimostrato professionalità mettendosi a disposizione, aveva voglia di stare con il gruppo in questo momento difficile, ci ha dato un messaggio importante. Con Viña beviamo sempre il mate, lo fa meraviglioso e volevo festeggiare anche con lui". Dopo l’esultanza l’analisi della partita: "Mourinho voleva che io e Abraham giocassimo vicini per pressare i loro centrali. Dopo il gol ho un po’ disubbidito, dovevo stare dentro il campo, movermi e cercare più spazio che è una mia caratteristica. Corsa scudetto? Dobbiamo stare tranquilli. Ovvio che ci sia grande voglia in tutti, abbiamo uno degli allenatori più forti al mondo e giocatori incredibili che hanno vinto e hanno esperienza, ma resta il fatto che dobbiamo stare tranquilli, giocare ogni partita per vincere creando la mentalità vincente. Venivamo da due sconfitte che non ci hanno aiutato. Avevamo dei dubbi, ma è in queste circostanze che si vde una grande squadra e si vedono i grandi giocatori. L’Europa League? Non dico che la vinceremo, altrimenti sai che titoli. Giovedì solo una cosa è sicura: dobbiamo vincere. Belotti? L’ho trovato più forte". Così parlò Dybala, il campione ripudiato dalla Juve.

Del resto il sospetto di aver sbagliato qualcosa a Torino avevano cominciato ad averlo già nella partita contro il Monza, una doppietta da campione. E chissà cosa avranno pensato ieri sera durante la partita che a Empoli ci ha riconsegnato, la Roma brutta, sporca e cattiva, ma impreziosita dalle giocate di questo argentino con un’eterna faccia da ragazzino. Che avranno detto nelle case dei sabaudi, dopo quell’interno di sinistro a giro che come è partito si è capito che ci avrebbe fatto esultare? Un capolavoro. E poi, sempre nelle dimore sabaude che pensieri saranno passati nei loro capoccioni quando il ragazzino che non hanno più voluto, ha disegnato quell’opera d’arte con il sinistro per mettere sul piede di Abraham il pallone di gioco, partita e incontro? Un altro capolavoro.

Ma c’è stato anche altro. Meno artistico, ma che ti dà la dimensione del campione. Ci sono stati per esempio, due, tre, cambi di fronte che possono fare in pochi. Ci sono stati alcuni numeri di una qualità che voi umani. C’è stato un tocco per Pellegrini nel primo tempo mettendolo davanti al portiere che solo chi non ha dimestichezza nel prendere a calci un pallone può pensare che sia stato di ordinaria amministrazione. C’è stato un assist per Celik che solo una grande parata di Vicario ha evitato che fosse vincente. E c’è stato, soprattutto, quel senso di appartenenza che l’argentino ha trasmesso ogni volta che entrava in possesso del pallone. Quasi che fosse qui da chissà quanti anni. Ed è questa la cosa più importante. Perché che potesse fare delle giocate da campione era quasi fisiologico, non altrettanto il fatto di come Paulino nostro si sia calato nella nostra maglia, nei nostri colori, nella nostra città. E questo può essere solo una garanzia per il futuro. Roma seguilo, lui sa come si fa a vincere.

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