Non so voi, ma io, quando la Roma gioca in Coppa Italia, c'ho più paura del solito. No, paura non è corretto, terrore proprio. Questo per via dei precedenti degli ultimi 15 anni; tralasciando il derby perso in finale, vi vorrei ricordare dell'eliminazione con lo Spezia ai rigori dopo lo 0 a 0, dell'1-2 in casa col Torino, dei 7 gol presi con la Fiorentina, delle 6 sostituzioni e del tre a zero a tavolino di nuovo con lo Spezia, perché così parlano di noi gli almanacchi. Come se la Roma avesse scelto questa competizione per dare il peggio di sé. In più arriviamo all'impegno infrasettimanale dopo la brutta prova col Cagliari, che di buono ha solo il risultato; tante occasioni non finalizzate, grosso rischio su J. Pedro che prende il pallone in area solo in mezzo a sei o sette dei nostri, sul quale Rui Patricio compie un miracolo. In un Olimpico vuoto, con 5 mila tifosi tutti scontenti fin da subito, e sotto la pioggia, è andata in scena la partita con il Lecce. Un buon Lecce, anzi ottimo. E dopo pochi minuti puntualmente la serata diventa un incubo, d'altronde le cattive abitudini non si cancellano in qualche mese: gol dell'ex, e Roma sotto con zero gioco e tanta superficialità. E all'orizzonte appaiono i mostri. Pareggiamo in chiusura di frazione, con un grande Kumbulla, ed è la seconda volta che lo vediamo giocare così bene. Primi 45 minuti davvero oscuri di quelli che ti chiamano già gli amici al telefono, perchè non ce la fanno ad aspettare il 90 esimo, per chiederti: «ma la squadra de serie B so loro o semo noi?». Per fortuna sono loro. Nella seconda metà entrano: Zaniolo, che contro de questi po' giocà da solo, un Mkhitaryan molto attivo, vero fulcro del 4231, per ripartenze e assist, Viña si riprende la fascia di competenza, e Shomu che fa un bel gol contro un diretto avversario molto molto bravo. Abraham sempre il migliore in campo con gol da vero bomber e assist. Poi, nonostante il portiere loro in versione Lev Yashin, il Lecce non tira più, subisce un palo, finisce in 10, e quindi il turno è passato e siamo ai quarti. Bene, perché non era scontato, niente è scontato quando tifi per la Roma. Tutte le grandi squadre fanno fatica in Coppa Italia contro le matricole, è proprio il senso di questa competizione. Figurarsi noi che non siamo una grande squadra. Almeno non ancora. Per il resto sempre grossi problemi di personalità, nel senso che nessuno chiede che giochino bene, ma almeno di avere l'impatto corretto con la partita, di mostrare convinzione, appartenenza, tigna, voglia, rabbia, e tutto quello che serve per indossare quei due colori con rispetto. Nessun movimento senza palla, nessuna cattiveria agonistica. Senza i titolari stretti la Roma non gira. Disputare una grande Coppa Italia invece sarebbe uno dei due modi per archiviare correttamente la stagione in corso. L'altro sistema ve lo dico più avanti. Anche perché la Roma in passato è stata la regina di questa competizione, e negli anni belli alzavamo il trofeo un anno sì e un anno pure. Le Coppe Italia portano bene, preliminari che promettono cose più importanti, impreziosiscono le maglie con i cerchietti tricolore e con le stelline d'oro per i più bravi. Fra i quali, se controllate sugli album di figurine, ci siamo anche noi.
A bocce ferme
La coppa nostra
In pochi minuti la partita contro il Lecce si trasforma in un incubo, ma alla fine siamo ai quarti di finale. Bene, perché non era scontato
Sandro Bonvissuto
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