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Il mister

Mourinho: "Domani vogliamo vincere, mi aspetto di più da parte di tutti"

Il tecnico alla vigilia della gara col Frosinone: "I giocatori sono miei amici, tra di noi c'è empatia. Non sono io il problema e non ho paura della pressione"

Mourinho durante una conferenza stampa

Mourinho durante una conferenza stampa (GETTY IMAGES)

La Redazione
30 Settembre 2023 - 14:41

Domani sera alle 20.45, la Roma scenderà in campo allo Stadio Olimpico per affrontare il Frosinone nella settima giornata di campionato. Non è un buon momento per i ragazzi di José Mourinho, che nelle prime sei gare hanno raccolto solo 5 punti. Lo Special One ha parlato in conferenza stampa alla vigilia della partita: di seguito le sue dichiarazioni.

Momento delicato. Come deve ripartire la squadra? 
"Vogliamo vincere, dobbiamo vincere. Non dobbiamo cercare alibi, ritirare la responsabilità. Abbamo avuto tre partite prima della chiusura del mercato, in cui quel punto unico ci ha lasciato in una situazione che è diventata un peso per tanti giocatori. Ho pensato che dopo il 7-0 con l'Empoli e il 2-1 con lo Sheriff questo peso fosse scomparso, ma non è stato così. Il pareggio a Torino è diventato negativo, quando in situazioni normali sarebbe stato un buon punto. A Genova mi aspettavo continuità, un miglioramento: questo non è successo. Sono successe tante cose, siamo entrati male e abbiamo preso gol; abbiamo pareggiato, poi con Cristante in difesa, che è il giocatore più consistente che abbiamo, siamo peggiorati. Con la difesa a quattro abbiamo perso stabilità, abbiamo segnato in fuorigioco e poi è arrivato il terzo gol. Il quarto è fuori contesto. Mi hai chiesto quello che dobbiamo fare: bisogna avere il coraggio di entrare in campo, di accettare una reazione di grande romanismo, che può essere un supporto fantastico o una manifestazione negativa. Dobbiamo avere il rispetto di questa manifestazione e avere il coraggio di giocare con una squadra che sta psicologicamente bene, consapevoli della difficoltà dell'avversario. Dobbiamo avere coraggio. Ci sono stati due giorni per recuperare, dovremo avere la personalità. Mi dispiace che non sia oggi il giorno della partita".

Il suo contratto scade nel 2024, lei ha detto che nulla deve essere un alibi. Serve una scossa: se oggi le venisse offerto un nuovo contratto, firmerebbe?
"Non mi piace parlare di situazioni ipotetiche, questa è una risposta che non posso dare. Posso dire che tre mesi fa, più o meno, c'era quasi un dramma nel pensare che potessi andare via. A Budapest ho detto a tutti che sarei rimasto, due giorni dopo abbiamo giocato contro lo Spezia e dopo essere tornato in campo ho detto ai tifosi che sarei rimasto. Due o tre giorni dopo ho incontrato Friedkin e gli ho detto che sarei rimasto. Durante l'estate ho avuto la più pazza offerta che un allenatore abbia mai avuto e l'ho rifiutata per la parola data ai giocatori, ai tifosi e ai proprietari. Tre mesi dopo sembra che io sono il problema e questo non l'accetto. Non leggo, non sento la tv, ma ho amici e gente attorno che mi fa arrivare le voci e non accetto nulla. Io non sono il problema: nel calcio e nella vita le cose dipendono da molti fattori, non si può dire neanche quando si vince chi è il responsabile. Ci sono tante piccole cose che succedono in un club, in un'azienda, in una struttura politica o educativa. Tutto è multifattoriale. Fino al 30 giugno del 2024 io sono qua a lottare e a lavorare ogni giorno, per i tifosi, per i giocatori. C'è solo una persona che può dire che è finita prima del 30 giugno, ovvero Dan Friedkin. Io sono la stessa persona che ha dato la parola ai giocatori, a tutta Trigoria, ai tifosi, al mondo. Perché quando parlo, io parlo al mondo, la mia carriera è così. Fino al 30 giugno sono qui con i miei giocatori, a lavorare per la proprietà e i tifosi. Non ho paura delle pressioni esterne, non ho paura dei fischi che possono esserci domani. Qualche volta, quando decido di stare a cena fuori e vado in albergo, la mia vita è qua. Non c'è paura, mancanza di fiducia, sono qui. Domani saremo lì, insieme, come sempre, dal primo giorno. Saremo lì a prenderci la responsabilità di quello che succederà prima, durante e dopo la partita. Ma noi vogliamo vincere".

Per quanto riguarda il modulo, quali potrebbero essere le problematiche della Roma? Cristante è in forma, quest'anno ha giocato in una posizione un po' diversa, ma questo ha favorito la fase offensiva. Dove lo schiererà domani e nelle prossime partite? Davanti alla difesa, come mezzala o in difesa? 
"Pinto è stato in conferenza nei primi giorni di settembre e ha fatto una buona spiegazione di come la Roma è obbligata a interpretare l'accordo del Ffp. Si devono prendere anche decisioni rischiose: non ci sono Ibañez e Kumbulla, con Smalling infortunato siamo rimasti con tre difensori e giochiamo tre gare a settimana. L'infortunio di Llorente fa parte della sua storia clinica e ci ha messo in difficoltà, ma come dicevo prima non è il momento di trovare alibi. Il Ffp è una situazione che conoscevo perfettamente e contro il Genoa, nel momento in cui facciamo gol, la squadra è stata forzata a fare un cambio. Cristante è il giocatore che in questo momento ci può dare di più: è diventato più sveglio, veloce, è fondamentale. E in quel momento la squadra è peggiorata. Magari arriveranno domande sul sistema: io credo che per giocare a quattro Joao Costa dovrebbe giocare titolare. Sarà convocato. Per giocare a quattro dovrebbe esserci anche El Shaarawy a sinistra. Dybala sembrava molto stanco giocando all'interno del campo, immaginiamo come starebbe se domani giocasse sull'esterno. Non dovrei parlare di queste cose, domani abbiamo una partita che dobbiamo giocare al massimo delle nostre potenzialità. Mi aspetto di più dai giocatori e da me stesso. Noi ci alleniamo in difesa sulle palle inattive, invece non ho mai detto di lasciare Lukaku isolato. Mi aspetto di più".

Ha avuto una buona risposta? 
"Molte volte questa cosa dipende dalla squadra. Qualche volta senti di più o di meno. Questi ragazzi sono miei amici, siamo un bel gruppo ed esiste empatia tra di noi. Questa è una base che non ha prezzo, principalmente in questi momenti. Perché di solito si dice che l'allenatore sia solo nei momenti difficili, ma io con loro non lo sono mai. A me piace nascondermi con i miei pensieri, con la mia analisi, ma non mi sento solo con i miei giocatori. Mi aspetto una mentalità diversa, una fame diversa. Credo che la gente che è arrivata crescerà velocemente. Ndicka come difensore puro non sarà mai Iba: lui con la palla è più bravo, ma non sarà mai come Roger se parliamo della sua fase difensiva. A Genova abbiamo avuto 7 calci d'angolo: sapete in quanti di questi abbiamo attaccato la palla prima dell'avversario? Zero. In questo caso, come facciamo a fare gol da palla inattiva? Dobbiamo migliorare, avere coraggio. Mi aspetto di più dai giocatori e da me stesso, ma è più facile dire questo quando c'è amicizia".

Allenare una squadra è un po' come capita nelle storie d'amore? Magari ci si aspetta altro... Spalletti disse: "Nel terzo anno è difficile farsi seguire dai giocatori". È vero?
"Non la penso così. Quando una persona sta bene non cambia. Io ho degli amici che ho conosciuto da bambino e che dopo 60 anni sono ancora amici miei. Anche nel primo anno ci sono problemi, tutto è una maratona. In questo caso la maratona degli anni in cui alleni una squadra. Quando tu non senti quest'amore, senti che devi dire basta. Ci sono allenatori che hanno tanti soldi da spendere, che cambiano facilmente giocatori: noi non possiamo farlo, altre società sì. Magari si prendono allenatori diversi, per esempio. Ma il problema è se il rapporto c'è o no e qui il rapporto c'è. Stare qui dentro, con i miei giocatori, mi piace tantissimo. Ho avuto club in cui mi è piaciuto lo stesso, ma mai potrò dire di avere allenato club in cui mi è piaciuto di più rispetto alla Roma".

Questo è un momento molto delicato. Mourinho forse riesce a tirare fuori qualcosa da se stesso. C'è una mossa alla Mourinho? 
"La risposta è quella che volevo dare quando in conferenza stampa ho dato quella risposta brutta. Sono andato in tilt, qualcosa non è andato bene. In questi momenti uno si deve isolare: una cosa è essere isolati perché gli altri ti vogliono isolato, non stanno bene con te e ti lasciano da solo, che è la cosa più comune nel mondo del calcio; un'altra è quando scegli di stare da solo per opzione tua e questo è il mio caso. Dopo il Genoa sono andato a letto alle 6 del mattino dopo la partita, mi sono alzato alle 12. Penso da solo, decido da solo. Quando sei in questi momenti tanta gente parla, fuori e dentro. In questi momenti tutti hanno un'opinione. Nella riunione che ho fatto ieri con i ragazzi ho detto che avrei risposto a delle mie domande, perché mi sono immedesimato nei miei giocatori. Se avessi sbagliato, loro avrebbero dovuto dirmelo. Nessuno di loro me l'ha detto. L'ho fatto perché li conosco molto bene e perché non volevo sentire altre opinioni. Questo intendevo l'altra volta, chiedo nuovamente scusa perché è stato brutto rispondere in quel modo".

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