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Roma, i collaboratori di Di Francesco: "Eusebio era un predestinato"

Parlano, ai microfoni di Roma TV, i due assistenti dell'allenatore della Roma: Giancarlo Marini e Danilo Pierini

La Redazione
14 Luglio 2018 - 12:09

Ecco le parole dei collaboratori di Eusebio Di Francesco, Giancarlo Marini e Danilo Pierini, ai microfoni di Roma TV.

In cosa consiste il vostro lavoro?

Pierini: "Il mio lavoro è quello di coadiuvare quello che il mister deve svolgere durante l'allenamento. Siamo pronti a sistemare i campi con paletti e conetti, per far sì che le esercitazioni avvengano nel modo giusto. Collaboriamo con lui per non avere vuoti nell'allenamento, in modo tale che tutto possa andare liscio".
Marini: "Siamo a disposizione del mister dentro e fuori dal campo".

Il campo va sempre organizzato al meglio
Pierini: "Le esercitazioni sono semplici, quando le strutturi pensi prima a cosa deve avvenire, perché non avvengano interruzioni".

Avete esperienza come osservatori della squadra avversaria
Pierini: "Prima andavi a vedere la partita, non c'era la possibilità di rivedere il filmato. Dovevi essere molto attento ed eseguire schemi che riassumono fase offensiva e difensiva, prendendo appunti su un quadernini. Poi venivano riportati attraverso Word, insieme alle figure e si presentava la redazione, in modo tale che il mister la esponesse. Allo stesso tempo si analizzavano i giocatori, per sottolinearne le caratteristiche individuale. Andando avanti col tempo ci si è messa di mezzo la tecnologia, vedi la partita e ti dedichi ad altro. Sui calci piazzati vedo chi resta dietro, perché a volte nei video non si vede. È una cosa che ho lasciato indietro, rivedo la partita e mi segno chi c'è e non c'è. Faccio la foto anziché i disegni. C'è stato un miglioramento, ma c'è da fare ancora molto".
Marini: "Io ho preso il posto di Danilo ho chiesto consigli mettendoci qualcosa di mio. Anche da ex calciatore. Quando vado a vedere una partita cerco la posizione in campo degli avversari, cerco di dividere il campo in tre zone, per la fase offensiva e difensiva, poi ci sono delle sfumature, come l'interazione tra i compagni di squadra e i giocatori e l'allenatore, e i giocatori chiave".

Si possono vedere i famosi quadernini?
Pierini: "No (ride n.d.r.). per me non sono segreti, quando fai queste cose hai anche il tuo modo di farle, tra me e lui c'è modo diverso di farle. Io mi espongo in una maniera, lui in un'altra maniera".
Marini: "Lui è più tecnologico, io più tradizionale".

In che modo ha cambiato la tecnologia il vostro lavoro?
Pierini: "Prima di venire a Roma, facevo anche la match analysis. Ero supportato da alcuni dati che mi arrivavano ma a cui non davamo molta importanza. Col tempo ci siamo accorti dell'importanza dei dati. Una squadra che spinge più da una parte rispetto all'altra può farlo in modo evidente, ma la statistica è diventata importante. Si può sapere quanto si segna in determinate situazioni ma è un dato che va applicato, oltre che capito. Qui alla Roma c'è Beccaccioli che è bravissimo con i big data, dà un'informazione molto importante a Di Francesco".

Com'è cambiato il rapporto con Di Francesco nel tempo?
Marini: "Non è cambiato molto, prima eravamo abbastanza spensierati. È facile parlare bene di Eusebio perché è una persona corretta e concreta, ha rispetto per se stesso, per gli altri e per il lavoro che fa. Questa caratteristica è importante, lui ha sempre avuto questa voglia di migliorarsi che lo ha portato a fare una carriera importante. Ora l'ho ritrovato con più esperienza ed è migliorato sotto tutti i punti di vista. Ha sempre voglia di guardare avanti e di migliorarsi e poi è molto attento al dettaglio, alla ricerca di miglioramento personale, ma è estremamente corretto".
Pierini: "Val Di Sangro la lasciamo da parte. Io l'ho conosciuto come direttore sportivo. Credo di essere quello che lo conosce di meno, lo trovai seduto su una panchina, dove eravamo in ritiro credo in un paese sperduto nel Molise. Lui si è esonerato da solo perché si era anche stufato. Già ragionava in veste diversa, dopo gli è stato tutto facile. Siamo rimasti sempre in contatto, sono accadute delle cose, gli ho dato qualche indicazione che poi si è rivelata positiva. Ho detto che era un predestinato, questo sì. Ma il concetto è un altro. Lui dentro la sua testa elabora e tutto quello che viene è suo frutto. Magari c'è qualcosa che dice lui o un altro, è lui che elabora e fa il tutto. Per fare l'allenatore ci vuole molta curiosità, bisogna avere qualche piccolo dubbio, bisogna essere sempre attenti e pensare che qualcosa possa non andare".

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