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Dzeko fa gioco e segna: il centravanti è leader e icona

Quella del bosniaco sarebbe una cessione eccellente per i nuovi proprietari. Segna e aiuta la squadra, senza di lui la Roma di Fonseca non è la stessa

, di LaPresse

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29 Agosto 2020 - 12:58

Perché la Roma non dovrebbe privarsi di Edin Dzeko? Semplice, perché è il più forte giocatore in rosa. Con i suoi numeri Edin Dzeko è entrato nella storia della Roma. Non a caso, oltre che in quanto capitano designato della squadra, è l'uomo copertina sul sito del neoproprietario Gruppo Friedkin. Non a caso l'attuale dirigenza (a cui va aggiunto l'ex ds Petrachi) appena dodici mesi fa gli ha accordato un rinnovo di contratto sontuoso fino al 2022 (da 15 milioni lordi annui), con tanto di rassicurazioni su un progetto tecnico per competere, per convincerlo a dire no alla proposta di Antonio Conte che lo voleva all'Inter per tentare di avvicinare la Juventus. Un costo che - anche tra i tifosi, diversamente da quanto accadeva una volta - si è fatto "persona". Anche se da più parti si legge che Dzeko ha 35 o in alcuni casi 36 anni, in realtà ne ha 34, quattro in meno di un campionissimo come Zlatan Ibrahimovic che oggi il Milan (un club che fattura meno della Roma) sta ricontrattualizzando e per 7 milioni di euro.

Dzeko è un calciatore ancora integro, può garantire ancora tante partite alla Roma, sebbene abbia bisogno di rifiatare qualche volta, tanto che il club cerca un suo vero vice già da qualche anno. Non dimostra l'età che ha, anzi, per certi versi è anche cresciuto come giocatore "universale" nel corso degli anni. La Roma di Fonseca, tecnico confermato in panchina, non ne ha mai potuto fare a meno, perché non solamente il diamante di Sarajevo segna e fa segnare, ma è uno "schema" della squadra. Quando non ha giocato (l'ha fatto anche con lo zigomo fratturato) non è stata la stessa squadra. Rappresenta la leadership in una squadra che ha spesso mancato di personalità. Ha un carattere umorale, si dice, ma ha ambizione e ha vinto. L'anno scorso è stato a un passo dal provare un'esperienza altrove, è vero, ma il risultato ha certificato che nel calcio moderno Dzeko è un'eccezione, se non altro a Roma, città che si nutre da sempre di simbologia: da straniero sarebbe alla sua sesta stagione. Anche per questo la sua maglia è sulle spalle di moltissimi piccoli romanisti insieme a quella, guarda caso, di Zaniolo. Perché è una fetta di pallone sempre più rara.

Poi, al netto della pur comprensibile operazione finanziaria e tecnica di ringiovanire la carta di identità del centravanti risparmiando, il problema è come lo sostituisci. Con i prezzi attuali ad ora per il club la soluzione più praticabile è quella di approfittare dell'opportunità di acquistare con uno scambio un giocatore che non sia da meno, se non altro in prospettiva. E il profilo, in caso di partenza di Dzeko, è Arek Milik (nell'affare Ünder), che al netto degli infortuni che ne hanno limitato il rendimento nei primi due anni a Napoli, lascia ben sperare (infatti è seguito dalla Juve e non solo) e mette d'accordo, tra i prendibili, quasi tutti. Sarebbe un investimento su un valore sicuro seppur con qualche rischio, contro una certezza, una cara (in tutti i sensi) certezza.

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