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le parole

VIDEO - Tiago Leal: "Ecco come è nata la scelta di schierare Mancini a centrocampo"

Il collaboratore di Fonseca: "La serie A tatticamente è il campionato più eterogeneo, le analisi tecniche devono essere un supporto. I nostri mediani devono saper controllare il gioco"

La Redazione
08 Maggio 2020 - 08:02

Il collaboratore tecnico di Paulo Fonseca, Tiago Leal, ha rilasciato un'intervista al podcast "Il Terzo Uomo", parlando della gestione tattica della Roma e di alcune scelte tecniche realizzate nel corso della stagione. Queste le sue parole:

In cosa consiste il tuo lavoro?

"Sono un assistente allenatore e responsabile dell'area di analisi tattica. Durante la settimana, solitamente, lavoro con la squadra nelle sessioni di allenamento, dopodiché sono quello che coordina l'analisi dell'avversario assieme al dipartimento e sono responsabile dell'analisi della nostra squadra. In termini di compiti, se separabili in parti diverse: durante la gara sono sempre sugli spalti, spesso in tribuna stampa con due membri del dipartimento. Facciamo le nostre riprese tattiche da due angolazioni e utilizzando due videocamere: una è per la squadra, mentre l'altra è per il portiere. Lavoriamo in diretta con Sportscode, raccogliendo situazioni che penso siano interessanti da condividere con Paulo e i ragazzi alla fine del primo tempo. Sono in collegamento con [il vice] Nuno in panchina: gli fornisco dei feedback sugli avversari e noi, che poi trasmette a Paulo quando lo ritiene necessario. Questo è il mio compito durante la partita: a fine gara mi occupo dell'analisi della squadra, cerco di capire se i nostri obiettivi abbiano funzionato o meno, preparo un report da condividere con lo staff tecnico il giorno dopo; ne discutiamo e cerchiamo di giungere a conclusioni che Paulo possa utilizzare con la squadra. Inoltre coordino l'analisi dell'avversario: quest'anno abbiamo creato un dipartimento di analisi alla Roma in cui lavorano due persone; prima di allora non esisteva un simile dipartimento alla Roma e abbiamo condiviso questa nostra necessità con la società. Sono stati molto disponibili verso di noi e
ci hanno dato tutto il sostegno necessario. Tutte queste attività vengono discusse ogni giorno con lo staff tecnico: partecipo a quelle sulla strategia per il prossimo match e sono sempre coinvolto nelle decisioni del mister dato che seguo gli avversari, conosco benissimo la squadra e cerco sempre di aiutare condividendo opinioni su aspetti utili per la partita e le sessioni di allenamento: le facciamo ogni giorno e cerchiamo di creare esercizi legati alla prossima gara. È un grosso lavoro, ma è ciò che faccio col mister e gli altri membri dello staff".

Toglimi una curiosità: quante persone sono coinvolte nelle analisi in una grande squadra come la Roma?

"Dipende. Il dipartimento di analisi è una novità rispetto al passato e sta crescendo: conosco squadre con grandi  dipartimenti e 5-6-7 dipendenti, altre sono senza questo tipo di reparto, come la Roma in precedenza, ma penso che sia [un reparto] molto importante per il livello del calcio ad oggi. Molte volte gli incontri sono decise da piccoli dettagli e questo [reparto] è qualcosa che i club dovrebbero curare per ottenere risultati altrimenti difficili da raggiungere. In relazione alla prima domanda: come ti avevo detto ieri, ho parlato con un allenatore che vi ha visitati nel corso della sua abilitazione come UEFA Pro. Mi ha detto che è rimasto impressionato dal fatto che gestisci direttamente alcune esercitazioni tattiche".

Potresti brevemente darci un esempio di ciò?

"Dico spesso ai miei colleghi che siamo fortunati a lavorare con un uomo come Paulo Fonseca. È un tecnico di altissimo livello e ha qualità umane fondamentali per un leader. Paulo non fa tutto da solo, lavoriamo tutti insieme. Ogni giorno discutiamo su tutte le situazioni perché a lui piace farlo e vuole ciò: ascolta molto le nostre opinioni, idee e contributi. Siamo attivi in allenamento e Paulo coordina tutto: siamo in posizioni strategiche per aiutarlo a monitorare situazioni di gioco ed inoltre lavoriamo insieme da tanti anni. A volte divide i ragazzi in gruppi: lavora molto in prima persona sui comportamenti nella fase difensiva, mentre quella offensiva è gestita da Nuno: a volte mi si chiede di lavorare su specifiche situazioni, per esempio aiutare un centrocampista in difficoltà. C'è gioco di squadra e questo è molto importante secondo noi".

Qual è stato il tuo percorso per arrivare a lavorare con il mister Fonseca?

Ho iniziato la mia carriera come allenatore a 20 anni, mentre facevo l'università. Sono stato allenatore e vice per 9 anni nelle serie minori, ma al tempo stesso ho sempre cercato di analizzare le mie squadre, ciò che andava bene o no; osservavo anche altre squadre per capire il perché dei loro risultati positivi o negativi. Cercavo di condividere le mie osservazioni tramite i social: non ero famoso, quindi mi serviva un posto in cui propormi al mondo del calcio professionistico. Ho sempre sognato di lavorarci e per fortuna Paulo vide i miei video, che gli piacquero. All'epoca allenava il Porto e, con mia grande sorpresa dato che non ci conoscevamo, mi chiamò dicendomi che voleva parlare delle mie idee: dopo due ore di conversazione dal vivo mi invitò a lavorare con lui. Non è normale che allenatori di quel calibro trovino assistenti tramite i social, ma Paulo è una persona aperta: non decide in base alle amicizie o conoscenze, ma sceglie in base a determinate caratteristiche che, grazie a Dio, anch'io possiedo".

Quale squadra di Serie A è stata l'avversaria più dura finora dal punto di vista tattico e perché?

"Secondo la mia opinione, il campionato italiano è forse il più difficile che conosca dal punto di vista tattico. Prima di tutto, c'è qualità in tutte le squadre, dalla prima all'ultima: i club italiani hanno la capacità di investire su buoni giocatori; c'è sempre un giocatore in grado di fare la differenza. Seconda cosa: questo è il campionato più eterogeneo per quanto riguarda le filosofie tattiche. Ero molto sorpreso perché non me l'aspettavo: avevo una concezione vecchia - legata soprattutto al Catenaccio - del calcio italiano, con difese molto forti. Ma quando siamo arrivati qui e abbiamo iniziato a studiare la Serie A, abbiamo capito che è un campionato molto ricco di contenuti tattici. In altri paesi ci sono più squadre con la stessa filosofia, ma in Italia non è così. Ogni squadra ha le sue peculiarità: abbiamo diversi anni di esperienza alle spalle, in Champions ed Europa League, ma ammetto che è stato impressionante. Ogni partita ha uno svolgimento diverso. Nello specifico, per i livelli di difficoltà incontrati da noi, potrei citarti l'Atalanta ed il Verona: l'Atalanta è allenata da Gasperini da ben quattro stagioni e la continuità è importantissima per qualsiasi allenatore: serve tempo per migliorare la squadra, plasmarla secondo le proprie idee. Si vede bene come la squadra abbia idee chiarissime su cosa fare in campo. Inter, Lazio, Milan, Napoli, City, Valencia: possiamo citare tante squadre che hanno sofferto con loro. Ricordo che Guardiola, dopo l'1-1 a Milano, disse che affrontarli era come andare dal dentista. Dato che molte squadre, oggi, hanno modelli di gioco basati sulla difesa a zona, quando affrontano la Dea devono cambiare la loro mentalità per questa gara. È molto difficile, quasi impossibile. Non si può cambiare volto alla squadra ogni settimana, serve tempo per lavorare sui dettagli, apportare dei miglioramenti e molte atre cose: in una settimana sei chiamato a resettare tutto per dare specifiche linee-guida ai ragazzi. Per questo molte squadre faticano contro Atalanta e Verona: per esempio, l'Hellas ha perso solo una delle ultime dieci gare n Serie A, battuto la Juventus, pareggiato con Lazio e Milan. Quando si affrontano queste squadre orientate sull'uomo, è tutto molto difficile. Ho citato queste due anche perché non abbiamo avuto abbastanza tempo per far comprendere ai nostri ragazzi. che quando giocheremo contro la marcatura a uomo, dovremmo fare questo e questo. Quando avremo avuto più tempo a disposizione, magari due o tre stagioni, la squadra sarà più preparata. Siamo al primo anno, è una novità per tutti: non è facile cambiare la mentalità dei ragazzi per la singola gara".

Volevo velocemente aggiungere - per gli ascoltatori che non seguono la Serie A - che Juric aveva giocato nel Genoa di Gasperini, che utilizzava gli stessi princìpi

"È stato anche il suo vice, esatto. Condividono la stessa mentalità"

A inizio stagione abbiamo visto Gianluca Mancini giocare come mediano a causa dell'emergenza infortuni: potresti dirci perché Fonseca decise di provarlo lì e come lo avete allenato per quella posizione?

"Non ci era mai capitato una simile crisi e gli storici dei giocatori hanno inciso; tuttavia, molti infortuni sono stati di natura traumatica, in partita o in allenamento. All'epoca avevamo solo Veretout a centrocampo, ma diciamo sempre che dobbiamo trovare soluzioni perché i problemi sono ciò che sono: Paulo ha avuto la visione, che è anche uno dei motivi per cui è un top: è un passo avanti rispetto agli altri.In sostanza dipende dalle caratteristiche del giocatore: non utilizziamo un vertice basso di interdizione, ma due mediani, uno dei quali ha più responsabilità nell'equilibrio della squadra in transizione negativa. Mancini ha queste caratteristiche difensive: è un giocatore intelligente che, arrivando dall'Atalanta, si è adattato velocemente al nostro stile difensivo; inoltre ha qualità col pallone, sia in ricezione che in trasmissione. Questo è importantissimo per i nostri centrocampisti: devono avere il coraggio di chiamare palla e prendere il controllo del gioco. Considerando tutte le opzioni che avevamo, Paulo ha scelto questo e ha avuto ragione perché abbiamo avuto un ottimo rendimento tra ottobre e dicembre, appena sotto la testa della classifica".

Quindi è stato un fit naturale per questa posizione?

"Si è sempre allenato in difesa, ma in quel periodo lo abbiamo adattato con successo: non era l'opzione che volevamo, ma era quello che avevamo e nel complesso il profilo migliore in quel momento".

Uno dei vostri migliori giocatori in questa stagione è stato sicuramente Chris Smalling: com'è riuscito ad adattarsi così velocemente ed in maniera così impressionante?

"Smalling sta facendo benissimo perché possiede un attributo importante per la nostra squadra: è aperto e vuole imparare, nonostante lo status al Manchester United per tanti anni. Il nostro gioco è complesso, con tanti concetti: senza la disponibilità ad imparare, l'ambizione di migliorarti, avrai sempre delle difficoltà come giocatore nella nostra squadra. Il secondo aspetto dietro il suo successo è che lo avevamo visionato e aveva caratteristiche richieste nel nostro sistema: avevamo intuito che avrebbe potuto aiutarci. Infine, è inserito in un contesto dove le idee sono condivise: tutti i ragazzi sanno bene cosa devono fare; abbiamo cercato di ottenere il meglio da lui e fornire nozioni per aiutarlo a migliorare nei suoi difetti. Non è un prodotto finito, può ancora crescere e stiamo cercando di aiutarlo in questo.

Cosa pensi dell'utilizzo dei dati nel calcio e quali statistiche usate come staff?

"Ci sono due cose di cui tenere sempre conto: la quantità dei dati e la loro qualità. Per noi, la qualità conta di più: sappiamo che oggi siamo sommersi dai dati e dobbiamo essere selettivi a riguardo. Usiamo i dati per confermare quello che abbiamo visto con gli occhi, non facciamo il processo inverso. Secondo me i numeri sono solo un supporto: a volte, per esempio, nei nostri report vedo che un giocatore ha perso tanti palloni nel primo terzo di campo, uno che ha toccato meno palloni di quanto avrebbe dovuto o uno che ha sbagliato 9 cross su 10, quindi posso darci un'occhiata di seguito. Sì, ci fidiamo di più dei nostri occhi rispetto ai numeri.

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