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Ostia racconta De Rossi: "Prima di firmare veniva al mare"

Dal suo isolato allo stabilimento di sempre. Parla chi lo ha visto crescere: «Il suo cuore batte qui. Nei momenti critici ha dimostrato di essere grande»

23 Maggio 2019 - 09:25

«Vanto di Ostia, simbolo di Roma». Più forti della strategia dell'oblio, queste sei simboliche parole sono ancora leggibili sotto il murales imbrattato di via delle Aleutine dedicato al nostro Capitano. Quasi a significare che né il tempo né la lontananza sono in grado di recidere il legame viscerale tra De Rossi, Ostia, Roma e la Roma. «Daniele è mio fratello che gioca nella Roma», ci dice con commozione Andrea Olivari, presidente del Roma Club Ostia "Daniele De Rossi". Un vincolo indissolubile che Ddr ha continuato ad alimentare ascoltando sempre, anche dal centro di Roma, il richiamo del mare. A un centinaio di metri di distanza dal luogo del murales, l'appartamento che lo ha visto crescere e in cui vive ancora papà Alberto si trovava di fronte a un negozio di articoli sportivi che ora non c'è più. «Era la prima Roma di Spalletti. Stavo per comprare la maglia di David Pizarro, poi ho visto uscire De Rossi da quel palazzo e ho detto al titolare di stamparmi il suo nome e il suo numero. Sono corso fuori a chiamarlo e Daniele è entrato nel negozio per autografarmi la maglietta», ci racconta un tifoso romanista di Ostia.

L'umiltà dell'uomo De Rossi affonda però le sue radici nel bambino. «L'ho conosciuto al mare e poi abbiamo fatto insieme la scuola calcio da piccoli. Una qualità che aveva già sviluppato allora e che ha mantenuto sempre è il senso dell'amicizia e della correttezza della parola data. Era molto più forte di noi, ma era un inclusivo. Non ha mai escluso nessuno, anzi, si sceglieva i ragazzi un po' più deboli in squadra e li incoraggiava. Ha sempre avuto un forte senso dell'impresa e anche per questo ha scelto di restare alla Roma», ci racconta un suo ex compagno di squadra nelle giovanili dell'Ostiamare.

Il richiamo del mare

L'abbraccio del mare è e resterà una costante nella vita di Daniele. «Questa è come casa sua – dice emozionata Nadia dello "Sporting Beach", lo stabilimento frequentato da Daniele sin da piccolo, con la sua cabina numero 5 – perché praticamente è nato qui. Stava nella pancia della mamma quando veniva al mare. Ostia è sempre stata casa sua. Quando doveva firmare un contratto veniva qui a mangiare qualcosa e mi diceva "a Na', secondo te che faccio?". Io gli ho sempre detto che da tifosa speravo che rimanesse, perché è una bandiera, come Totti, però gli facevo anche presente che andando in un altro club, magari all'estero, avrebbe potuto avere altre soddisfazioni. Ma lui era troppo affezionato alla società, alla squadra. Lui è il primo tifoso della Roma e lo è sempre stato, sin da piccolo. Nel crescere non è mai cambiato, è sempre stata una persona schietta, sincera, aperta, socievole, scherzosa. Sempre presente, con grande educazione. L'ho visto bambino, adolescente, con le prime storie d'amore in spiaggia, la sua prima ragazza. Tutto vissuto sempre con semplicità. L'ho visto anche in momenti un po' critici della sua vita, in cui ha dimostrato di essere un grande, perché li ha superati bene. Lui sa scalare le montagne arrivando sempre in cima. Ha trovato una compagna formidabile e stanno crescendo degli splendidi bambini. Una bella famiglia come quella che l'ha cresciuto con dei valori alti».

Accompagnata dal fluire delle onde che quasi si fonde con il flusso delle emozioni, Nadia ha raccontato anche un aneddoto precedente l'esordio in prima squadra di Daniele (contro l'Anderlecht il 30 ottobre del 2001). «Dopo gli allenamenti a Trigoria veniva con il padre a mangiare. All'epoca Daniele era il più piccolo della squadra e ogni tanto si lamentava che Capello lo faceva riscaldare mezzora senza farlo mai entrare, fino a che non c'è stato l'esordio e Daniele ha sempre detto che deve tutto a lui e che Capello gli ha dato tutto. Qui è sempre stato tranquillo, si sentiva protetto. Io spero di continuare a vederlo ancora. Con un'altra maglia sarà più doloroso. Per me è un grande dispiacere, però gli auguro una carriera ancora più grande, perché se lo merita».

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