AS Roma

L'inizio del viaggio

Anche se il mercato è ancora padrone della scena, finalmente rotola la palla. Koné e Cristante certezze, Wesley gambe più veloci del pensiero. Poco Dybala, ma incanta

(MANCINI)

PUBBLICATO DA Federico Vecchio
25 Agosto 2025 - 07:30

«Poi, ovviamente, pronto a ricredermi alla chiusura del mercato». Questo è il mantra che chiude ogni commento, in un senso e nell’altro, che mi accompagna dal parcheggio alle scale della Tevere. C’è chi sostiene che «quest’anno non annamo da nessuna parte (poi, ovviamente, pronto a ricredermi alla chiusura del mercato)» e c’è chi sostiene, al contrario, che «secondo me ci sono tutti i presupposti per fare bene (poi, ovviamente, pronto a ricredermi alla chiusura del mercato)». La verità è che siamo frastornati. Gasperini, quello che, per noi, era il fumo agli occhi, nemmeno tre giorni dall’annuncio ed improvvisamente ci ha convinti tutti («È vero che ho sempre detto che era insopportabile, ma ho anche detto che era bravissimo»); l’annuncio dell’arrivo di Massara ci ha trasferito quel senso di solidità di cui sentivamo la mancanza («Finalmente la Roma in mano a uomini di Calcio»); soprattutto, la permanenza di Ranieri è suonata come una garanzia di futuro («Per Claudio, davanti all’ingresso della Tevere, ci vorrebbe un monumento, ma non uno di quelli normali, ma uno di quelli proprio col cavallo»). Poi, le voci successive - e non i risultati, perché, tranne l’imbarcata con l’Aston Villa, il precampionato è stato buono – si sono inoculati, lentamente, come un virus. Siamo passati, difatti, da Koné al centro del progetto a Koné offerto dalla Roma all’Inter (sic!); da Soulé titolare inamovibile a Soulé che potrebbe andare in Premier; dalla difesa che riparte da Ndicka a Ndicka che va in Arabia. Non si ricorda il nome di un giocatore della rosa che non sia rientrato, anche soltanto per un minuto, in una possibile operazione di mercato. E sempre con l’immagine della Roma mai protagonista del proprio destino ma costretta a svendere, mentre gli altri sempre con la possibilità di scegliere e pronti a fare un ottimo affare. Se poi, a questo, aggiungi che un giorno prima del Bologna vieni a sapere che Pellegrini («Non uno qualunque, ma il capitano») lo vorremmo tanto vendere, perché non lo rinnoviamo, ma non ci riusciamo, allora il senso di precarietà ti travolge («Speriamo che quando entriamo in Tevere troviamo ancora i seggiolini…»). Quindi, tu inizi alla grande (Ranieri, Gasperini, Massara) la stagione ma poi ti avvicini alla prima di campionato che ti manca la terra sotto i piedi («Chissà quale sarà la formazione tra due settimane»). Ed è una prima di campionato niente facile. 

Il Bologna, l’ultima volta che è venuto all’Olimpico, «ha stravinto contro il Milan», ha comprato Immobile e Bernardeschi, che «sono due che sanno giocare a pallone», ed ha Orsolini, «che è fortissimo, e ti costringe a fare stare Angelino troppo dietro». Su di noi, invece, senti solo dubbi: «’Sto Wesley non mi convince», «Ferguson me sembra bravo ma tocca vede», «Cristante? Ma se po’ fa’ n’antro campionato cò Cristante titolare?» (sì, rispondo io, perché è forte e merita di giocare sempre). Poi, per fortuna, si inizia. Ed allora, in quindici minuti, la Tevere si rende conto che «Ferguson è una punta vera», perché fa tre giocate che «me sembra Retegui dell’anno scorso». Poi, più passano i minuti e più si inizia a vedere il gioco di Gasperini che, via via, si manifesta in maniera sempre più decisa («Stanno sempre a pressare», «la palla viaggia più in avanti che indietro»; «guarda come si scambiano la posizione Hermoso e Cristante»). La “catena” di sinistra funziona, e la domanda sul «perché avremmo dovuto dare via prima Angelino e poi Elsha» rimane senza risposta. A destra, invece, Soulé e Wesley «non è che si trovano, però diamogli tempo», mentre in mezzo «Cristante e Koné danno certezze». Però arriviamo alla fine del primo tempo che non abbiamo segnato. Cristante (sempre lui, in risposta a chi lo critica senza ragione) ha preso un palo, ma quello zero a zero non piace. E non piace perché abbiamo voglia di ripartire subito e bene («Dobbiamo vincere stasera. Poi ci sarà tempo per tutti gli aggiustamenti. Ma non dobbiamo perdere punti»). Però si nota che il Bologna, quello che ci ritroveremo come concorrente anche in Europa, «non ha fatto nulla», e quel “nulla” è evidente a tutti che sia merito del gioco di Gasp e non del caso. Poi, però, inizia il secondo tempo con la “catena” di destra che funziona e con Wesley che segna come abbiamo capito soltanto lui possa segnare, e cioè con le gambe che corrono più veloce del pensiero («Ho capito tutto: lui non dribbla l’uomo, lui lo salta proprio. Bisogna buttargli la palla laggiù, tanto poi ci arriva»). 

Gli schemi iniziano a vedersi. Ma si rivedono anche i vecchi difetti: Koné che fa tutto bene sul cross di Ferguson («Ma per me era in fuorigioco: meglio così, sennò non ce dormivo stanotte») tranne la cosa più importante («J’ha fatto pena er portiere, sennò nun se spiega»); Dovbyk che non tira in porta ed il perché non lo capisci («Forse gli andrebbe detto che se segni col destro vale lo stesso»). E si rivede Dybala, in grande spolvero, e, soprattutto, quando Bernardeschi si accentra da destra che tu lo sai già come finisce, perché troppe ne hai vissute di beffe all’Olimpico, ed invece quel pallone finisce meravigliosamente dritto sul tetto della Farnesina, allora pensi che va bene il mercato aperto, va bene i giocatori ancora da sgrezzare, va bene che dobbiamo lasciare il tempo alle punte di iniziare a segnare, ma intanto godiamoci questo esordio che ci ha detto solo cose positive. E quando, scendendo le scale della Tevere, sentendo due giovani parlare delle loro vacanze appena trascorse, mi giunge alle orecchie la parola “Istanbul”, penso che anch’io, il prossimo anno, vorrei andarci. Ma non in estate ma qualche settimana prima. Perché i viaggi sono tutti belli. Ma ci sono periodi dell’anno in cui è più bello farli. E, in alcuni momenti, addirittura bellissimo. E, da quello che s’è visto contro il Bologna, forse è un viaggio che si potrebbe fare. Iniziamo ad organizzarci, quindi. Ma da subito, per favore. E, possibilmente, prima che si chiuda il mercato. Perché ci sono viaggi che vanno organizzati con un po’ di anticipo. Cosicché, poi, si possano ricordare per sempre. 

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