Pioggia presa a pugni
Il 7 gennaio 2001, sotto un violento nubifragio, la Roma centra una vittoria cruciale per la conquista del terzo Scudetto. La gara passa alla storia per l’esultanza di Tommasi

(asromaultras.org)
Quando Damiano Tommasi prese a pugni la pioggia, nella prima partita del 2001, capimmo davvero che quello poteva essere l’anno buono. E lo capimmo perché se l’Anima Candida tirava un pugno - per quanto il suo fosse di gioia, e quindi innocuo - allora significava davvero che l’ordine naturale delle cose era pronto a essere sovvertito. Era il 7 gennaio, all’indomani della Befana, ma la nostra epifania arrivò quel giorno, su un campo ai limiti della praticabilità dove il pallone faceva fatica a rotolare, tanta era la pioggia.
Prima che arrivassero le denominazioni dettate dagli sponsor, lo stadio di Bergamo si chiamava Atleti Azzurri d’Italia: la Roma di Capello, quel giorno, vi si recò da capolista, ma senza Zebina, Emerson e Batistuta. Il violento nubifragio aveva tramutato il terreno di gioco in un autentico pantano, e di fronte c’era l’Atalanta, autentica rivelazione della prima parte di stagione. Proprio la squadra che ci aveva eliminato al primo turno della Coppa Italia, scatenando una violentissima contestazione a Trigoria ancor prima dell’inizio del campionato. Totti e compagni, quel giorno, si trovavano quindi a sfidare i loro stessi fantasmi, in una sorta di simbolico esame di maturità: vincere quel giorno, sullo stesso campo dove quattro mesi prima avevamo perso 4-2, avrebbe significato voltare definitivamente pagina. Le inseguitrici, dal canto loro, erano lì ad aspettare un nostro passo falso, sperando che venisse ristabilito il consueto, monotono ordine naturale.
E invece la Roma il segnale lo lanciò subito, e dei più chiari: dopo appena 50 secondi, subito in vantaggio con Delvecchio. Lui, che quell’anno si adattò a fare il tornante più che l’attaccante, sbloccò la partita con uno dei suoi 3 gol in quel campionato. Colpita a freddo, l’Atalanta di Vavassori cercò di riorganizzarsi, ma in quel pantano fangoso la Roma sembrava volteggiare come un corpo di ballo. Senza per questo disdegnare la battaglia: le divise scurite dalla pioggia e dal fango, Aldair e Samuel e Tommasi contrastavano e facevano sentire i loro tacchetti sugli avversari, dimostrando un’abilità a usare sciabola e fioretto a seconda delle circostanze.
A pochi minuti dall’intervallo, con il risultato ancora fisso sull’1-0 per noi, arrivava il gol capace di chiudere virtualmente i giochi: Montella, servito in area di rigore, tentava il tiro, rimpallato da un difensore; il pallone finiva sui piedi di Tommasi che, da distanza ravvicinata, non si faceva pregare. Gran botta in diagonale col destro, dall’alto verso il basso, e palla in rete, con il futuro romanista Pelizzoli che restava a guardare. Damiano, il calciatore che più di tutti meritava quel gol, tirava il pugno destro al cielo, quasi a voler sfidare la pioggia che continuava a cadere incessante. Un gesto spontaneo, per nulla ragionato, istintivo, ma che proprio per questo risulta ancor più significativo. Un po’ come Falcao, quando il 13 marzo 1983 a Pisa si tirò su la manica dopo il suo gol, o come l’esultanza in ginocchio di Ago contro l’Avellino o il bacio al cielo di Totti in Roma-Napoli, l’immagine dell’Anima Candida che prende a pugni il cielo di Bergamo come un moderno Superman entra di diritto tra le istantanee-simbolo della storia giallorossa. Una storia che in quel momento lì cambiò, regalando a tutti i romanisti un’epifania all’indomani dell’Epifania: la consapevolezza, cioè, che quello fosse davvero l’anno buono.
Una consapevolezza confermata anche da un secondo tempo eroico più che gagliardo: perché sì, è vero, le grandi squadre si vedono soprattutto quando c’è da soffrire. E la Roma, che al 67’ rimase in dieci per l’espulsione di Cristiano Zanetti, quel giorno seppe soffrire, senza per questo concedere troppe chance ai bergamaschi. La difesa tutta sudamericana con Aldair (che proprio a Bergamo, tre anni prima, aveva ceduto la fascia di capitano a Totti), Samuel e Zago fece buona guardia, permettendoci di allungare sulle dirette inseguitrici. La Juventus, il giorno prima, era stata fermata sul 3-3 dalla Fiorentina; quel giorno, la Lazio perse 2-1 in casa con il Napoli, che a fine stagione retrocesse in B.
Dopo la gara, Montella parla a chiare lettere e senza alcun tipo di scaramanzia: «Andiamo avanti così. È il nostro anno: chi non ci crede dovrà rassegnarsi». Si rassegnarono soltanto il 17 giugno seguente, quando l’estasi tricolore divenne finalmente realtà e per le strade di Roma esplose la festa attesa diciotto lunghi anni. Una festa che fu possibile anche grazie a quella trasferta in terra bergamasca, quando neppure un campo ostico e il peggior meteo possibile riuscirono a fermarci, e quando Damiano Tommasi, l’Anima Candida, prese a pugni la pioggia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA