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Visita a casa dello sceriffo, dove il muro non è ancora caduto

Un viaggio nel mondo Sheriff, in uno stato indipendente, ma non riconosciuto. Con falce, martello e le pellicole western ad appassionare l’ex spia del KGB

Il tecnico dello Sheriff Tiraspol, Roberto Bordin

Il tecnico dello Sheriff Tiraspol, Roberto Bordin (GETTY IMAGES)

PUBBLICATO DA Simone Valdarchi
20 Settembre 2023 - 08:31

Qualcuno era comunista, perché vedeva la Russia come una promessa. Recitava così Giorgio Gaber nel 1992, tentando di esprimere in prosa la disillusione post caduta del muro, che rovinando a terra portò con sé ideali e una parte di storia recente, che appare oggi così lontana. E quella frase, incastonata nella composizione dell’artista milanese, rappresenta l’incipit perfetto per provare a raccontare la regione in cui oggi volerà la Roma di José Mourinho, per dare il via ad una nuova - e si spera emozionante, come quelle appena vissute - avventura europea. Stiamo parlando della Transnistria.

Letteralmente, la parte di terra al di là del Nistro - Dnestr in russo -, fiume che scorre attraverso Moldova e Ucraina, proprio le due nazioni tra le quali la Transnistria è incastrata. E lì, tra un paese povero e con il desiderio d’Occidente e un altro impegnato da più di un anno e mezzo a difendersi dall’invasione russa, resiste uno stato indipendente, autoprocalamatosi tale, ma non riconosciuto: la repubblica separatista della Transnistria.

Una storia che ha radici profonde nei secoli con gli ultimi - e per il momento decisivi - risvolti a partire dal 1990. Anno in cui la Moldova cominciò a spingere per ottenere l’indipendenza, poi raggiunta nell’agosto del 1991, dall’URSS. Un allontanamento che, ai transnistri, da sempre russofoni e russofili, non andò giù, fino ad allestire un referendum per rimanere attaccati alla madre patria, cadendo così nella “promessa” citata da Gaber.

Trent’anni più tardi, la situazione non è cambiata molto, in una terra “cristalizzata” nel tempo, come l’ha definita Daniela Mogavero, giornalista di Askanews intervenuta a Radio Romanista, per aiutarci ad entrare nella complessa realtà della Transnistria: «Soltanto alcune autorità russe la riconoscono. All’interno di questa lingua di terra si paga soltanto con il rublo, parlano in russo e hanno un governo filo-russo. È una zona rimasta fuori dal tempo».

E così si è finiti ad oggi con la Transnistria che viene inserita nella Moldova solo dalle cartine - o dall’Uefa, ad esempio, che considera lo Sheriff Tiraspol come formazione moldava -, ma nella realtà resta isolata al di là del fiume, circondata da una dogana varcabile solo dopo attenti controlli militari.

Il sincretismo ideologico
Insomma, lo scenario socio-politico della città in cui la Roma domani sera farà il suo debutto in Europa League non è dei più semplici, con uno stato non stato, le cicatrici ancora non del tutto rimarginate di un conflitto - quello del 1992 con la Moldova - e le ombre di un’altra potenziale escalation sempre alle porte. Ovvio che l’evento sportivo di per sé non avrà nulla a che fare con tutto questo, ma la società prossima avversaria dei giallorossi rientra a pieno titolo - con un ruolo da attrice se non protagonista, quasi - nella complessa vicenda della Transnistria.

Lo Sheriff Tiraspol, infatti, è soltanto il fiore all’occhiello - o strumento di sportswashing, a voi il giudizio - dell’impero economico  in capo alla Sheriff, azienda che da sola genera oltre il 50% del prodotto interno lordo della Transnistria. Dalle pompe di benzina alla produzione e vendita di tabacco, passando per hotel a 5 stelle fino ad arrivare agli ipermercati con generi alimentari di ogni tipo: tutto - o quasi - ciò che è in commercio oltre il Nistro lo gestisce il marchio stellato.

Ilya Kazmaly e Victor Gusan, sono loro i due uomini d’affari, ex spie del KGB russo, che hanno messo in piedi nel 1993 l’impresa per arrivare, aiutati dal governo con tassazioni agevolate, a dominare il mercato. Oggi è tutto in mano a Gusan, presidente anche dello Sheriff Tiraspol, e uomo al quale si deve la denominazione anglofona della società. Si racconta, infatti, che il suo soprannome nei servizi segreti russi fosse proprio “lo Sceriffo”, vista la sua passione per le pellicole western. Una spia russa che vede i film americani per antonomasia, un accostamento particolare. Come quello degli alberghi di lusso e dei centri commerciali che affacciano su piazze dove ancora sorgono statue di Lenin o bandiere che sfoggiano falce e martello. La sincrasia, politica e ideologica, fatta luogo.

Ad un passo dal conflitto
In tutto questo, lo stadio dello Sheriff, dove domani sera la Roma scenderà in campo, si trova a meno di 100 chilometri di distanza da Odessa, da mesi uno dei punti nevralgici del conflitto tra Russia e Ucraina. Quella di Tiraspol sarà soltanto una partita di calcio, ma può essere anche l’occasione giusta per puntare i riflettori su una zona con più luci che ombre, piena di contraddizioni e punti interrogativi. A casa dello “Sceriffo”, sembra un film western, ma è tutta realtà.

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