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Le dichiarazioni

Mourinho: "Accetterei immediatamente Oliveira in prestito per un altro anno"

L'allenatore portoghese è intervenuto durante un incontro in una università di Lisbona: "È gratificante prendere giovani della Primavera e farli esordire in Nazionale"

Josè Mourinho in conferenza stampa (AS Roma via Getty Images)

Josè Mourinho in conferenza stampa (AS Roma via Getty Images)

La Redazione
03 Giugno 2022 - 15:17

Non è mai vacanza per Josè Mourinho. L'allenatore portoghese ha viaggiato a Lisbona per le meritate ferie dopo una stagione che ha visto la Roma trionfare in Conference League e guadagnare un posto per la prossima Europa League. Nella giornata di oggi però Mourinho è tornato a parlare, durante un evento alla facoltà di Scienze Motorie di Lisbona, la sua vecchia università, come parte di un corso di Formazione di allenatori. Queste le sue parole:

Il discorso di apertura.
"Io sono lo stesso, vincente o meno. E ritorno qui con la stessa faccia, sia dopo le vittorie che dopo le sconfitte. Alcuni di voi mi descrivono in modo diverso. Sono all'inizio della mia carriera. È semplice. Stavo parlando prima con i ragazzi qui e una delle cose di cui abbiamo parlato è stata la finale e dei giorni precedenti. Ho detto loro che dopo 10, 20, 30 finale non cambia nulla. Alcuni cercano di vendersi in modo diverso, ma io non ho mai cercato di nascondere chi sono e cosa penso. Ho apertamente detto che questa finale, credo fosse la diciottesima, non è diversa dalla prima, che se non ero era quella di Coppa Uefa con il Porto. Sono passati 19 anni e non è cambiato nulla. Alcuni giorni prima della finale c'è tensione, come nelle ore precedenti. Nei novanta minuti della partita non è cambiato nulla. Sono quelli in cui mi sento più rilassato, non c'è tempo per le sensazioni e le emozioni. Poi le emozioni sono di nuovo le stesse. Comparandomi a come ero 20 anni fa, in termini di motivazioni, il modo in cui vivo il mio lavoro, nulla è cambiato. Sono ancora all'inizio della mia carriera, nel caso in cui io sia cambiato è in senso positivo. Ho imparato dai miei errori, con l'esperienza. Mi ricordo sempre di qualcosa che mi è stato detto in questo anfiteatro alla prima lezione. Un insegnante che ricordo con emozione, perché è stato quello che, in questi 20 anni, è sempre stato al mio fianco. Ha sempre risposto al telefono e alle mail, proprio come ieri. Manuel Sergio disse che una volta che non si devono allenare calciatori, ma giovani che giocano a calcio. Può sembrare banale, ma è una cosa geniale detta da un professore geniale. Anche perché arrivava da una persona che non aveva mai allenato, che non è mai stato a capo di un gruppo in maniera costante. Quella frase mi ha fatto diventare una persona e un allenatore migliore. A volte guadagniamo di più, a volte di meno, ma la nostra essenza è sempre moderata. Mi sento giovane. Dovranno sopportarmi ancora per qualche anno".

Sulla Conference.
"La vittoria della Conference mi ha fatto sentire come forse non mi sono mai sentito. È stata la nostra Champions. Sono diventato meno egocentrico, diventando una persone che vive molto più per gli altri che per me stesso".

Su Sergio Oliveira.
"È un giocatore del Porto. Se vogliono rinnovare il prestito lo passerò a prendere a Madrid, dove sta festeggiando il suo compleanno. In prestito lo prenderei immediatamente, ma non credo abbia i soldi sulla carta di credito per poterlo comprare. È un campione, e nel gruppo era importante, ha tanti principi che condividiamo, sia calcistici che lavorativi, ma anche su come affrontare le cose. Mi ha aiutato a trasmettere quel messaggio nella seconda stagione. Era l'esempio di cui avevamo bisogno, è un giocatore di squadra e la squadra è molto più importante del singolo. Sono felice della sua stagione, mi piacerebbe davvero che restasse con noi, ma vedremo".

Su Rui Patricio.
"Sicuramente lui rimarrà a Roma, Non so perché lo chiamino San Patrizio. Alcuni di voi hanno avuto il coraggio di dire che non era titolare in Nazionale perché ha fatto una brutta stagione a Roma, avendo commesso tanti errori, non voglio parlarne".

Sulla Roma.
"Al Chelsea era sicuramente più facile, schioccavo le dita e il calciatore era lì. Ma alla Roma è interessante, ci aiuta a pensare non solo al prodotto finito, ma anche al prodotto in lavorazione, che sta per essere finito e investire su di esso. È bello prendere dei diciottenni che qualche mese fa erano in Primavera e che dopo pochi mesi giocano una finale europea e convocati in Nazionale. È gratificante. Per questo dico che la mia carriera è lunga e ricca di esperienza. Questo profilo di club e di progetto arricchisce le mie esperienze". 

Sugli allenatori portoghesi e il suo allenatore preferito.
"Penso che il prototipo di tecnico portoghese non esista. Ci sono allenatori. Non riesco a distinguere tra allenatori portoghesi e non portoghesi. Non riesco neanche a distinguere tra allenatori giovani e vecchi, offensivi e difensivi. Per me vale solamente una cosa: essere allenatore. Poi c'è chi vince più o meno spesso, ma l'unico concetto che posso identificare, che per me è molto più bello, è quello di cosa significa essere un allenatore. Sono molto semplice su queste cose, sono ottimista. I miei allenatori preferiti sono i miei amici. Ovviamente ce ne sono altri che hanno grandi palmares, ma i miei allenatori preferiti sono quelli che mi piacciono, per cui soffro. Sono quelli per cui nel weekend non mi basta essere preoccupato del mio risultato, ma anche del loro. Posso dire tre o quattro nomi, anche se ne potrei dire di più. Zé Peseiro è uno dei miei preferiti, ma anche Zè Morais".

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