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Le partite in tv

Torniamo all’antico “lassatece cantà”

Mancano i telecronisti alla Martellini. Colti, garbati, in grado di defilarsi rispetto alle emozioni suscitate da campo e spalti

Nando Martellini

Nando Martellini

01 Aprile 2022 - 09:14

A me piaceva Martellini. La sua voce impostata, tranquilla, professionale. Era educato, gentile. Diceva il necessario, evitava il superfluo. Sottraeva, toglieva. Anche lui era del partito della sottrazione come igiene mentale. Nando Martellini, cronista radiofonico e televisivo, ha raccontato per molti anni partite di calcio dagli anni Settanta fino alla metà degli anni Novanta. Commentò il famoso 4 a 3 di Italia Germania in Messico e la finale mondiale vittoriosa della nostra nazionale sempre con la Germania in Spagna. Resta nella storia televisiva e dello sport il suo «Campioni del mondo» detto tre volte, quanti erano stati i gol dell'Italia. Tre volte, quasi un romanzo di Proust. Perché Martellini, uomo colto e conoscitore di cinque lingue, faceva parlare il campo. Indicava il nome dei giocatori, utilizzava la parola lancio, sottolineava il passaggio e saltuariamente commentava il tiro di destro o di sinistro. Lasciava parlare il campo e le immagini. Nel corso degli anni il telecronista sportivo è cambiato. Non conosce più il silenzio delle parole: parla continuamente senza fermarsi mai e quando si spegne interviene il commentatore che quasi sempre è un ex giocatore. La telecronaca è un fiume di parole e qualcuno ha parlato di evoluzione.

A me piaceva Martellini perché con i suoi silenzi ti faceva sentire non solo il pubblico ma l'anima della partita che diventava reale, gioiosa e massacrante per ogni spettatore. Potevi ammirare, senza inquinamenti, volti, gesti e stati d'animo dei ventidue in campo. Nel giro di pochi anni siamo passati dalla garbata chiacchierata di Martellini (ripresa in parte da Pizzul) al delirio onnipotente attuale. Una via di mezzo è possibile?

Mi sono ricordato di Martellini quando mia moglie davanti alla tv per Roma-Lazio di domenica 20 marzo (io ero allo stadio) mi ha raccontato che l'inno della Roma (Lassace cantà/Da sta voce nasce un coro/So cento mila voci che hai fatto innamorà…) è stato disturbato da chiacchiere inutili e pubblicità. Perché? Il calcio è un rito collettivo e quando uno stadio intero canta sarebbe bello, o comunque televisivo, farlo ascoltare. In Inghilterra non si sognano di disturbare l'inno dei tifosi del Liverpool. Ecco appunto lassatece cantà.

Il derby è stato trasmesso da Dazn, ma l'annullamento del silenzio e la poca disponibilità a far parlare il campo e il pubblico allo stadio è una regola fissa utilizzata anche da Sky e dalla Rai. Un andazzo generale che proietta nelle immagini uno sport completamente diverso, fatto da moviole e infinite ripetizioni d'immagini che si sovrappongono alla diretta. In tv il calcio sembra abbandonare la partecipazione fisica. E per dirla alla Gaber solo la partecipazione è libertà, e il campo di calcio non è uno spazio libero dove sputare parole inutili. Torniamo all'antico, giochiamo con la tradizione. Restiamo in silenzio quando sono le immagini a parlare. Così nell'insidioso istante del gol si potrà gioire o soffrire accompagnati da una personalissima colonna sonora, senza ulteriori fastidi esterni. Per questo mi piaceva Martellini.

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