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Per la Roma

Il parcheggio, il tragitto e il calcio d’angolo

Come lo fai capire a chi non l'ha mai vissuta che quella camminata è un concentrato di tensione e adrenalina, passato e futuro che si alternano in ogni passo

Stadio Olimpico (Getty Images)

Stadio Olimpico (Getty Images)

23 Marzo 2022 - 10:50

Mentre passo davanti il Bowling Brunswick ricevo, terza negli ultimi dieci minuti, l'ennesima telefonata da parte di Mauro. "Ma do' stai?", chiede ancora una volta. Che poi l'appuntamento a Piazza Mancini era alle tre e mezzo e le tre e mezzo sono proprio adesso… neanche a dire che sono in ritardo. Eppure ha iniziato a mettermi ansia, ancora di più di quella mi porto addosso ogni volta che gioca la ROMA, da un'ora facendomi presente che lui ed Enrico avevano già preso la Tangenziale. E allora me li immagino già fuori il bar, in mezzo a tanti altri tifosi che – come te, loro, noi – alimentano, dissetandoli, i propri riti mischiando insieme patemi e risate, speranze e timori, goliardia e senso d'appartenenza. Parcheggio alla meno peggio, mi lego il giubbetto in vita e inizio a camminare velocemente fino a svoltare l'angolo, cento metri ancora: eccomi.

Arrivo insieme ad Alessandro: ha la felpa della ROMA anni ottanta addosso. E un viso tirato che manco se dovesse fare un colloquio di lavoro. "Prendo le birre", dice. Ed Enrico e Mauro fanno un cenno della testa assecondando la cosa pure se in mano, di birra, ce n'hanno già un'altra. Finiranno anche quella sbattendo, prima, i loro sui nostri bicchieri di plastica mentre, dall'altra parte del Ponte Duca d'Aosta, una decina di petardi scandisce il tempo che ci avvicina, pian piano, verso il fischio d'inizio. Ci avviamo.

Come lo fai capire a chi non ha mai vissuto quel tragitto che, per te-noi, quella camminata è un concentrato di tensione e adrenalina, consolazione e fuoco d'artificio, passato e futuro che si alternano in ogni passo regalandoci sempre lo stesso piacere proprio come accade con quegli eventi che non devono cambiare mai per essere irripetibili: la vigilia di Natale, il giorno prima dell'inizio delle ferie, la favola della buonanotte a tua figlia. E la ROMA che scende in campo: lo stadio.

Sfiliamo tra centinaia-migliaia di persone – ragazze e ragazzi, uomini, padri con i ragazzini, amiche: tifosi! – che sono identiche a noi per aspettative e tribolazioni, identiche a noi per notti d'attesa e sogni, tachicardia e boati, voli pindarici e circostanze che hanno portato la loro-nostra esistenza ad essere intrecciata con il calendario delle partite della ROMA. Che oggi gioca il derby. Anzi… "Che oggi vince il derby": dico. E non lo so nemmeno io se ci credo per davvero a questa cosa o l'ho detta solo per far forza a Mauro che, quando giochiamo contro la lazio, ha gli stessi occhi spauriti di un nonno fuori scuola quando non trova il nipote.

Siamo qui, adesso. Dentro lo stadio, al posto nostro. Dopo aver scalato quelle scalette su cui potrei scrivere un romanzo, in mezzo a tanti altri tifosi in equilibrio sopra questa follia collettiva che è la ROMA. Ormai ci conosciamo-riconosciamo tutti e non importa se con la maggioranza di loro non ci siamo mai scambiati nemmeno una parola. Già, non importa…  Perché ci basta guardarci in faccia per saper decodificare lo stato d'animo uno dell'altro. Guardarci in faccia per saper riconoscere quella sottile linea che divide la tensione dal piacere, lo sbandamento dalla presa di coscienza, l'infantile ricerca della felicità dall'ossessione per questa squadra che consideriamo un pezzo della nostra famiglia.

Ma adesso, però, devo lasciarvi perché è cominciata la partita già da qualche secondo. E la ROMA ha iniziato forte guadagnando immediatamente un calcio d'angolo che Pellegrini sta per calciare. "Famojelo subito", grida Alessandro…

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