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Amarcord, Roma-Atalanta 1-0: si vola verso lo Scudetto sulle ali di Vincenzo

Il 12 maggio 2001 i giallorossi di Capello vincono di misura una gara sofferta. Decide un gol di Montella. È un passo avanti verso il tripudio del terzo titolo

05 Marzo 2022 - 12:18

Uno degli step cruciali verso il delirio tricolore del 2001: la sfida casalinga con l'Atalanta, andata in scena il 12 maggio 2001, è per certi versi la partita della svolta, quella che comincia a dare al sogno le sembianze della realtà. Perché la Roma di Capello era reduce da due pareggi per 2-2, contro Lazio e Juventus che - seppur forieri di sentimenti opposti - evidenziavano la fisiologica stanchezza della squadra dopo una cavalcata durata sette mesi abbondanti. Quel giorno, un sabato assolato, sull'Olimpico c'era la stessa luce magica e totalizzante che si vedrà qualche settimana più tardi nella sfida contro il Parma. Eppure l'Atalanta di Vavassori teneva botta, si difendeva bene e lasciava poco spazio alle scorribande di Totti e compagni. Ma gli Scudetti si vincono così: portando a casa partite sporche, ostiche, apparentemente stregate, grazie al lampo di un fuoriclasse.

La partita

Se il cielo era più limpido che mai, all'inizio del secondo tempo qualche nube di timore si addensava nelle menti dei tifosi, che però non facevano certo mancare il loro supporto ai giocatori in campo. Oltre sessantamila, sugli spalti, perché non esiste gita al mare o fuori porta se la Roma chiama. Ma la preoccupazione si faceva palpabile quando, all'intervallo, Aldair era costretto a lasciare il campo (lesione al legamento del ginocchio sinistro, sarà poi la diagnosi per il brasiliano: stagione finita anzitempo) a Mangone. Nonostante il tridente pesante composto da Totti, Montella e Batistuta, i bergamaschi erano riusciti fino a quel momento a mantenere la porta inviolata. Sulla loro panchina Vavassori, che nel 1979 - proprio con la maglia della Dea - veniva anticipato dalla girata di Pruzzo sotto la Curva Sud per un gol che valeva la salvezza. Evidentemente, il destino voleva che anche quel giorno di ventidue anni dopo fosse un numero 9 a risolvere la partita.

Damiano Tommasi contrasta Doni (Getty Images)

Al quarto d'ora del secondo tempo Capello toglieva Totti per mandare in campo Nakata, forse sulla scia della scaramanzia, dopo quanto accaduto una settimana prima al Delle Alpi: stesso cambio, più o meno allo stesso minuto. Il pubblico rumoreggiava, applaudendo il Dieci, visibilmente contrariato per la sostituzione. Ma il Destino stava compiendo il suo disegno. Perché quattro minuti dopo essere entrato in campo, il giapponese andava a calciare un corner nell'angolo tra la Curva Sud e la Tevere: la traiettoria era diretta al centro dell'area, dove solo uno con il gol nel sangue poteva prenderla. Quel qualcuno la Roma ce l'aveva. Anzi, ne aveva due: uno era Gabriel Omar Batistuta, l'altro Vincenzo Montella. Due numeri 9 nati, ma l'attaccante di Pomigliano d'Arco quella maglia se l'era tenuta stretta anche dopo l'arrivo del Re Leone, desideroso di dimostrare di meritarsela. Quel pomeriggio era lui, ad anticipare il difensore avversario con un tap-in dei suoi, e a far esplodere lo Stadio Olimpico. Una zampata da rapace, in puro stile Batistuta, se vogliamo.

Scacciati i fantasmi

Vincenzino spiegava allora le ali, per il consueto decollo post-gol, e con lui la Roma tutta. I tifosi si ritrovavano di colpo catapultati cinque o dieci file più giù, mentre i compagni correvano ad abbracciare l'Aeroplanino. A quel punto l'Atalanta accennava una timida reazione, ma la squadra di Capello non aveva certo paura di difendersi e soffrire: Tommasi, con la fascia da capitano lasciatagli da Totti, era un baluardo pressoché insuperabile, mentre Samuel si ergeva a muro, autentico "The Wall" invalicabile. Triplice fischio di Treossi e tripudio generale: a quattro giornate dalla fine del campionato, le Roma teneva a 5 punti di distanza la Lazio e a 6 la Juventus. Chi cercava di sollevare polemiche e malumori per la sostituzione di Totti, quel giorno, non trovava appigli: al di sopra del Po erano già pronti a far scopa con la mancata vittoria giallorossa e la sostituzione del Dieci, per destabilizzare l'ambiente, ma Montella li metteva a tacere. Con la sua zampata, avvicinava la Roma a un delirio atteso per diciotto lunghi anni. Un delirio che si consumerà il 17 giugno, un mese più tardi, ma che forse, senza quella vittoria per 1-0 sull'Atalanta, non sarebbe stato possibile.

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