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Dall'Olimpico all'Olimpico: Bove over the top

Ha iniziato nella Boreale Don Orione, a Monte Mario, a cui è rimasto legato. Il presidente Leonardi: «Forza mentale fuori dal comune. Poteva diventare un tennista»

L'esultanza di Bove dopo il gol al Verona (As Roma via Getty Images)

L'esultanza di Bove dopo il gol al Verona (As Roma via Getty Images)

22 Febbraio 2022 - 09:31

C'è un angolo di Roma conosciuto in tutto il mondo che intreccia varie storie cittadine e di calcio. Perché era il 1953 quando la statua dorata della Madonna "Salus Populi Romani", fu posta sul colle di Monte Mario, divenendo punto di riferimento per l'intera città, a "vegliare" sul neonato Stadio Olimpico. La casa della Roma, ai piedi della Balduina, il quartiere che divenne la casa di Paulo Roberto Falcao, nato anche lui nello stesso anno, poco più di sessantotto anni fa. E in quell'angolo della città, tra i campetti vicino a un bosco che un tempo era una tribuna supplementare dell'Olimpico, almeno fino a che non arrivò la copertura costruita per Italia '90, ha tirato i primi calci al pallone da bambino Edoardo Bove, il ragazzo che sabato scorso, insieme agli ormai ex compagni di Primavera Nicola Zalewski e Cristian Volpato ha salvato la Roma da un'altra brutta figura in questa stagione difficile.

Classe 2002, nato e cresciuto nel quartiere Appio Latino, dove la comunità orionina salvò lo scultore ebreo Arrigo Minerbi (autore dell'opera della Madonnina che domina da Monte Mario ed è ritratta nelle vedute aeree dell'impianto del Foro Italico), Edoardo Bove scelse da bambino di andare a scuola calcio al Don Orione, in via della Camilluccia, a Roma Nord, per amicizia con il presidente della Boreale, Leandro Leonardi, "patron" da dieci anni della storica società di zona: «Sono ancora senza voce perché sono stato allo stadio per Roma-Verona, con la famiglia di Edoardo...», racconta Leonardi. «Lo conosco da quando è nato, ci scelse contro ogni logistica ovviamente, visto che ha sempre vissuto in tutt'altra area di Roma, ma fu una scelta di cuore».

Bove in campo all'Olimpico (As Roma via Getty Images); il centrocampista in campo a 10 anni poco prima di passare alla Roma

Una storia breve ma intensa quella di Bove con la Boreale. Breve perché Edoardo «era un fenomeno» e se ne accorsero presto tutti. Intensa tanto che quel ragazzo che deve ancora compiere vent'anni e che oggi lavora con un allenatore che ha vinto tutto e lo ha convinto (tanto che ha appena rinnovato il suo contratto con la Roma fino al 2025), non ha mai dimenticato né tradito le sue origini. E quando ha la possibilità torna al campo del Don Orione per vedere le partite della prima squadra dei ragazzi in viola. Umiltà, cultura del lavoro e determinazione, doti rare ma in fondo essenziali per arrivare. Specie nel mondo complicato del pallone, fatto di percorsi a ostacoli, tentazioni, salite e discese: «Lo considero come un figlio - spiega il presidente della Boreale -. È un ragazzo riservato, è questa serietà la sua forza, è clamoroso. A parte le capacità che sono indiscutibili, ha una forza mentale e una voglia fuori dal comune». Ed erano caratteristiche che si vedevano fin da quando era tra gli Esordienti: «Con noi ha giocato solo nel campo a 5. Appena è passato a giocare a 7 è andato alla Roma, aveva dieci anni. Era uno spettacolo vederlo giocare. Aveva una marcia in più. Il papà può confermare che gli dissi che aveva doti non comuni. È chiaro che il percorso è lunghissimo, ma lui per adesso ha mantenuto le promesse che mostrava. Alla Boreale giocava da solo contro tutti, non aveva ruolo perché quando si gioca a 5 si ruota. Come società noi abbiamo delle regole che vanno rispettate anche se sei di un'altra categoria. Perciò Edoardo andava anche in porta, era fortissimo anche lì».

Eclettico e enormemente dotato per lo sport, tanto che per un attimo c'è stato un dubbio. Tra il calcio e il tennis: «Era molto bravo anche con la racchetta, era un vero sportivo. Aveva raggiunto numeri importanti su Roma, era tra i primi giocatori, faceva i campionati italiani. Posso raccontare un aneddoto: facemmo un viaggio a Brandenton, in Florida, lo portai alla Bollettieri Academy (dove sono passati campioni come Agassi, Becker, Courier, Serena Williams e Sharapova, ndr), fece una prova per vedere se fosse portato e l'avevano preso per fare la scuola lì da loro e iniziare il percorso da professionista. Poi con la famiglia Edoardo scelse il percorso calcistico, dove effettivamente era fenomenale. Ed è stato un bene, visti i risultati. È rimasto molto amico di Flavio Cobolli (Bove è più piccolo di soli dieci giorni, ndr), attualmente 184° nel ranking mondiale. Tra l'altro giocavano entrambi a tennis e entrambi con la Roma, poi Cobolli fece la scelta del tennis e Edoardo del calcio».

Poi arrivò la Roma, arrivò Bruno Conti, uno che di talenti scoperti ha piena la bacheca: «Sui calciatori bravi c'è un gran passaparola, si conoscono. All'epoca noi avevamo Sergio Roticiani, attuale presidente dell'Assoallenatori Lazio, che usciva dalla scuola calcio dell'Acqua Acetosa del Coni: era preparatissimo, si era integrato perfettamente nel nostro ambiente e nella nostra filosofia. Il primo a vederlo e il più deciso è stato Stefano Palmieri che collaborava con Bruno Conti. Bove era contesissimo. Lo voleva la Lazio a tutti i costi, ma la Roma l'ha scelto. Edoardo era legatissimo al nonno, scomparso da circa un anno, che aveva fatto il calciatore nella Lazio emergendo fino alla Primavera».

Un abbraccio con l'amico Zalewski nel giorno dell'esordio in A contro il Crotone (As Roma via Getty Images)

Parla tre lingue e studia Economia alla Luiss, nel percorso professionale ha avuto sempre e continua ad avere al fianco la famiglia, con la quale condivide ancora tutto, nel suo vecchio quartiere: «Il papà e la mamma sono pazzi di lui, lo seguono ovunque, in tutte le trasferte. Il padre Giovanni è napoletano ed è diventato romanista sfegatato per amore del figlio. Edoardo credo abbia preso la riservatezza dalla mamma Tanja, che è tedesca. La famiglia conta, ma conta anche chi ha intorno: il procuratore Diego Tavano è una persona che si occupa a tutto tondo di lui, non pensa soltanto alla parte economica come altri agenti». L'esordio in Serie A con Fonseca, assieme a Nicola Zalewski, con cui condivide la storia nella Roma dal giorno in cui lasciò la Boreale per vestire di giallorosso. In questa stagione la consacrazione tra i più grandi. Notato e promosso da Mourinho nel precampionato, elogiato pubblicamente un paio di volte, adesso è in rampa di lancio: «La cosa più bella sono i complimenti dei compagni - continua Leonardi -. Quando un giocatore che si allena tutti i giorni con te dice che sei bravo è una grande soddisfazione. Quello di Mourinho, poi, è un elogio importantissimo: lui ha allenato grandissimi campioni. In conferenza stampa quando gli chiedevano di Pellegrini, Veretout o Sergio Oliveira, lui ha fatto il nome di Edoardo dicendo che stava maturando. Non era una domanda su di lui, l'ha voluto proprio dire. È stata una soddisfazione immensa. Quello che ha sorpreso chi non lo conosce, a parte il gol al Verona, che è da giocatore che ha una testa diversa (con esultanza sbrigativa per provare ad andare a vincere), è stata la prestazione. Negli ultimi minuti si è fatto trovare di nuovo in zona gol sull'azione di Volpato che poi non è riuscito a crossare, ma era solo. Sarebbe venuto giù lo stadio e forse adesso non staremmo parlando (ride, ndr)...».

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