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Al Bernardini

La voglia di Mourinho: «Ancora 48 ore, siamo pronti a ricominciare»

Domenica di lavoro a Trigoria: «Devo stare altri due giorni a distanza, ma già seguo e organizzo». E su Spinazzola: «È terribile averlo perso»

©AS Roma via Getty Images

©AS Roma via Getty Images

05 Luglio 2021 - 09:15

Non se la toglie più la maglia della Roma. José Mourinho continua ad apparire in pubblico con la t-shirt della sua nuova scuderia, griffata New Balance, il nuovo sponsor tecnico della squadra giallorossa. Lo Special One ha già iniziato a lavorare a Trigoria, ha preso possesso del suo nuovo ufficio ai piani alti (al primo piano del centro tecnico Fulvio Bernardini), nel primo giorno di soggiorno romano si è lasciato fotografare seduto alla sua nuova scrivania, dove si intravede una tastiera di un computer. E ieri ha affidato al suo profilo Instagram un messaggio per i suoi follower e per i tanti tifosi romanisti ansiosi di vederlo all'opera, pubblicando un breve video da bordo campo. Perché è vero che Mourinho sta trascorrendo l'isolamento previsto dopo il transito in Inghilterra delle scorse settimane (e la complicazione della variante Delta del Covid nel Regno Unito): «Sarò ancora due giorni lontano dai giocatori, ma va bene: il tempo è fantastico, posso stare fuori e seguire l'allenamento, posso organizzare e parlare con i collaboratori che si prendono cura di loro», ha detto.

Organizzare è il suo compito in questo momento, preparare al meglio per iniziare presto a far sul serio e nel migliore dei modi. In questo senso già altamente operative sono state le riunioni fin dal primo giorno trascorso nella sua "nuova" casa - sempre a distanza o all'aperto - con i suoi collaboratori, con i giocatori più importanti che già sono rientrati a Trigoria (atteso oggi anche Edin Dzeko) dopo le vacanze e soprattutto con il general manager Tiago Pinto. Con lui, data per assodata la lista dei giocatori da piazzare, i cosiddetti esuberi, e i "consigli per gli acquisti" (Rui Patricio e Xhaka, che sono i più vicini, su tutti), il discorso più caldo è quello dettato dall'emergenza: Leonardo Spinazzola. «Siamo molto dispiaciuti per la sua perdita che sarà out per qualche mese, ma questo è il calcio. Siamo pronti per cominciare la prossima settimana», ha concluso il suo video. Dell'esterno sinistro della Nazionale che ha riportato la rottura del tendine d'Achille durante la partita che l'Italia ha giocato contro il Belgio il 2 luglio e valida per i quarti di finale Mourinho ha parlato anche nel consueto appuntamento a TalkSport, nell'ambito della collaborazione da "giornalista" legata a Euro2020. «L'Italia ha perso Spinazzola. È terribile per loro, ma immaginate quanto lo sia per me che non lo avrò per circa sei mesi. Emerson è un buon giocatore, anche se ha giocato poco al Chelsea, ma con esperienza. Ma Spinazzola stava giocando in modo incredibile».

Il lavoro di comunicare

Ancora quarant'otto ore, quindi, poi sarà libero, José, che non vede l'ora di cominciare e di esser messo in pasto alla stampa per una conferenza stampa mondiale ma - assicurano da Trigoria - sobria. Sono migliaia le richieste di accredito che arrivano anche dall'estero. La Roma cercherà di accontentare il maggior numero possibile di ingressi, ma ovviamente tutto dipenderà dalle autorizzazioni logistiche legate alla situazione sanitaria. D'altra parte alla comunicazione José Mourinho, ci ha sempre tenuto, tanto da curarla in modo molto attento, per non dire maniacale: «Per me le conferenze stampa sono un lavoro - si legge per bocca dello stesso allenatore portoghese nel libro di Joao Gabriel "Mantenham-se Loucos e Famintos" sulla comunicazione, appunto - e opto sempre per due o tre idee chiave che sono ciò che io chiamo "ancore di salvezza", a cui ti aggrappi per trasmettere ciò che pensi sia importante in quel momento e per quella partita. Ma ci sono sempre domande che non ti aspetti, alcune del tutto sorprendenti, ed è l'intelligenza emotiva che ti costringe a reagire rapidamente, ad avere una risposta. In passato la conferenza stampa era il momento della comunicazione di un allenatore. L'unico intermediario era il giornalista e questo ci dava la garanzia che il nostro messaggio sarebbe arrivato al destinatario senza travisamenti. Oggi in alcuni casi non è così. Sto parlando in conferenza, ho inviato un certo messaggio a un determinato destinatario e le reazioni a quanto ho appena detto sono già partite sui social network, sui siti e così via… La domanda che sorge spontanea è: quale messaggio raggiungerà il destinatario? Sarà il mio messaggio o le reazioni distorte di quello che ho detto? E questo fa la differenza nella nuova comunicazione».

In alcuni passaggi dello stesso libro di Joao Gabriel, poi, Mourinho spiega anche il suo rapporto con la vittoria e la sconfitta: «Sono stato un po' vittima di me stesso. Se potessi, sarebbe una delle cose che non ripeterei - si legge - Perché ho vinto, vinto e vinto… E sono entrato in una dinamica in cui non vincere sembrava la fine del mondo. Io stesso, per la mia personalità, ho incoraggiato un po' questo pensiero. Il lavoro è vincere, vincere, vincere. Ma poi quando sono arrivato in situazioni in cui era molto difficile vincere, non ho accettato la sconfitta come altri allenatori ma reputavo il mio lavoro sempre insufficiente. Non vincere per me era un fallimento, ma non dovrebbe essere così. Ho sempre detto ai giocatori: in me troverete un uomo onesto. Un uomo che ti dice la verità, che ti dice le cose che vuoi e non vuoi sentire. Un giorno potranno dire di me che sono un pessimo allenatore, che sono stato un bastardo, ma nessuno potrà dire che non fossi onesto».

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