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Il dietro le quinte di Mourinho: "Io così vi cambio le teste"

Il lavoro del tecnico portoghese per imporre anche al Tottenham la mentalità vincente: «Ho vinto trofei ovunque, con me salgono le aspettative»

10 Giugno 2021 - 08:00

Nella prima stagione di Mourinho al Tottenham, di cui nelle precedenti tre puntate abbiamo raccontato l'evoluzione da dicembre a febbraio, ad un certo punto l'avversario più irriducibile diventerà, come per tutto il mondo, il Coronavirus. Il 1 marzo il Tottenham affronta il Wolverhampton. Dopo l'1-0, gol di Bergwjin, pareggiano i Wolves con Doherty, poi Aurier realizza il gol del 2-1 a fine primo tempo. Mou all'intervallo: «Dimenticando qualche errore che abbiamo commesso potrei dire che siamo stati fantastici. Però noi gli errori li abbiamo fatti, dobbiamo eliminare questi problemi…». E invece: Diogo Jota fa 2-2, e poi segna anche il 3-2, e finisce così, è la terza sconfitta consecutiva per il Tottenham. Nello spogliatoio degli Spurs esplodono le tensioni. Dele Alli si lamenta, Dier lo rimprovera e tra i due c'è una lite piuttosto significativa. Interviene a modo suo Mourinho: «Mi fa piacere che avete questa reazione, con lo staff abbiamo analizzato la partita e non abbiamo trovato errori nelle prestazioni individuali. Perché abbiamo perso questa partita? La nostra conclusione è una: siamo troppo dei bravi ragazzi. Loro hanno interrotto le nostre transizioni con un fallo, i gol sono nati da transizioni e noi non siamo stati cattivi. Voi dovete essere più aggressivi, dovete essere astuti e fare fallo, il calcio va così. Tiriamo fuori le palle perché tra due giorni siamo ancora qui, e sarà ad eliminazione diretta». Di fronte alle telecamere, Mou torna sul discorso: «A me piace che dopo certe sconfitte non siano solo delusi e frustrati, ma che reagiscano. Tra persone in gamba che si vogliono bene anche se vola una spinta, anche se vola una mano per me non è un dramma».

José e i portieri

Anche Mou ha avuto a Londra il problema dei portieri, al Tottenham ne aveva tre. Contro il Norwich il 4 marzo, in gara secca per la Fa Cup, decide di far giocare il terzo, Vorm. Finisce il primo tempo, Tottenham è in vantaggio, 1-0. Nel secondo tempo Vorm non trattiene il pallone e arriva l'1-1. Il nervosismo aumenta. In una ripartenza avversaria sulla fascia, davanti alla sua panchina, Mourinho sembra quasi voler entrare in campo per fermare l'avversario. L'episodio è davvero curioso. La partita intanto va ai rigori. Vorm para il primo rigore, ma Lamela manda alto il suo, poi Lo Celso segna e il Norwich pareggia, poi Parrott si fa parare il tiro da Krull. E infine sbaglia anche Jadson Fernandez, il Tottenham è eliminato, passa il Norwich. Il nervosismo è evidente. Dier nota un movimento in tribuna dalle parti della sua famiglia e fa una cosa clamorosa: scavalca per salire in tribuna e mettere in salvo i suoi familiari. In conferenza stampa Mourinho lo difende: «Dier ha fatto una cosa che noi professionisti non dovremmo fare, ma credo in quelle stesse circostanze ogni uomo deve fare certe cose. I tifosi sono stati fantastici con la squadra, hanno percepito il nostro impegno, il nostro sforzo, le nostre difficoltà. Certo Michel Vorm ha sbagliato, è innegabile, e non si arrabbierà come per queste parole perché è un ragazzo fantastico, esperto, ma siamo uniti. I ragazzi hanno dato il massimo e credo che meritassero di vincere. Ma i rigori sono così, mi complimento con gli avversari perché hanno segnato». Gli chiedono: «Il club prenderà provvedimenti contro Dier?». La sua risposta: «Se il club e prenderà provvedimenti io non sarò d'accordo. Anche se ha sbagliato».

L'ossessione per vincere

Il calendario ora mette di fronte il Burnley in Premier, il primo tempo finisce uno a zero per gli avversari. Mou tuona all'intervallo: «Dobbiamo vincere! Non mollate, non possiamo fare errori, su con lo spirito. Quando vi sembra che tutto vada per il verso sbagliato è il momento di reagire». Poi ordina una doppia sostituzione, mandando in campo Lucas Moura e Lo Celso. Ricomincia la partita, per un fallo su Lamela viene decretato un calcio di rigore, si fa avanti Dele Alli e pareggia. Finisce 1-1. Ma piove sul bagnato: a fine partita si fa male anche Bergwijn. Ora c'è il ritorno di Champions a Lipsia, dopo la sconfitta di misura all'andata. Mou carica: «Dobbiamo essere aggressivi, li andremo a pressare alti». Il Tottenham parte per Lipsia quando nel mondo si è già diffuso il Coronavirus. I dirigenti fanno il punto della situazione sullo stato finanziario, poi si analizza la questione Covid-19, le prime notizie sono preoccupanti. L'Uefa ha deciso comunque che a Lipsia si possa giocare con il pubblico. Alla vigilia, ipotizzando una deludente eliminazione, chiedono a Mourinho che cosa ne pensi. E qui il portoghese dice una cosa che forse tornerà d'attualità a Trigoria: «Ho vinto trofei in ogni club in cui sono stato (ma al Tottenham no, ndr) e questo crea nei miei confronti aspettative che nei confronti di altri allenatori non ci sarebbero. Questa è la mia colpa. Ma se nessuno mi mette addosso questa pressione, sono io il primo a farlo con me stesso. Io voglio vincere con quella pressione, ma per me molti giocatori di questo club è probabilmente qualcosa di nuovo e devono imparare a convincerci». La partita finisce malissimo, il Tottenham è travolto. Segna anche Sabitzer, uno dei centrocampisti di cui si è parlato per la Roma proprio come se lo avesse segnalato il portoghese. All'intervallo, già sotto di due gol, Mourinho aveva rilevato come si può adattare la sua filosofia di vincente di fronte a una sconfitta: «Dobbiamo segnare tre gol, proviamoci. Se moriremo, lo faremo provandoci, non come bambini che hanno paura di uscire, ma come uomini che danno tutto fino all'ultimo secondo». Finirà 3-0. E il tecnico si ritrova ancora a commentare questa strana incapacità dei suoi giocatori di acquisire quella mentalità vincente: «Voglio cercare di trasformare la mentalità dello spogliatoio ed è qualcosa che di solito succede nel tempo, non è una cosa che si ottiene con lo schiocco delle dita».

Arriva il Covid

Al rientro a Londra bisogna affrontare il mostro, il virus. Il medico riunisce tutti, giocatori e staff, e spiega la situazione: «Non possiamo fermare questo virus, le persone si ammaleranno, bisogna solo cercare di rallentare i contagi. La cosa buona è che perlopiù i sintomi o non si avvertono o sono leggeri, solo un po' di tosse e febbre. Ma le persone anziane possono avere problemi più seri. Bisogna lavarsi sempre le mani, il virus contagia attraverso occhi, naso e bocca attraverso i droplet, ecco perché non ci diamo più la mano». Mourinho è preoccupato: «Che cosa facciamo se si blocca il campionato?». «Finché non ci sono positivi nel gruppo possiamo continuare ad allenarci. Ma basta che ne entri uno e dobbiamo chiudere il centro sportivo». Poi i dirigenti lo avvisano: «L'Uefa farà un annuncio in giornata per dire che sono cancellate tutte le competizioni europee e anche i campionati». «E ora che facciamo con gli allenamenti? Nel week end li lasciamo liberi, ma per le prossime settimane?». Le domande del tecnico sono quelle che in quel momento si stanno facendo in tutta Europa. A proposito del contagio Mourinho dice: «La cosa che più mi preoccupa è il mio stato mentale. Io non ho paura del contagio. Ho paura che mi dicano che devo stare a casa quatro mesi. Anzi, quattro mesi? Se mi dicono che devo stare a casa due giorni divento matto». Il 19 marzo si chiude tutto, il paese si prepara al lockdown. Il Tottenham si adegua e manda tutti a casa. Comincia il lungo periodo in cui i giocatori si alleneranno da casa. Il mondo si ferma, Mourinho prende il suo zaino e saluta. C'è anche una bellissima immagine in cui Mourinho coordina il lavoro dei suoi giocatori attraverso un videowall dove sono tutti collegati.

Si torna a giocare

A maggio si torna al centro sportivo, con regole rigidissime e allenamenti distanziati, tamponi per tutti e si riattiva la preparazione. Mancano nove partite e il Tottenham ha potuto almeno recuperare tutti i suoi giocatori infortunati. Ora sono ottavi. Per Mourinho, decisamente abbronzato, cominciano le conferenze stampa su piattaforma virtuale. Poi, il 19 giugno, è il momento di tornare a giocare, con il Manchester United. Tutte le maglie dei calciatori portano la scritta del movimento Black Lives Matter. Bergwjin porta gli Spurs in vantaggio. All'intervallo Mou mette in guardia da un pericolo: «Prima o poi entrerà Pogba e fate attenzione: ha visione di gioco, qualità nei passaggi, con lui migliorerà la qualità, dobbiamo pressarlo e controllare quello che è lontano da lui. Attenzione a non attrarre troppo il pressing. Va bene la costruzione dal basso, ma dopo un paio di passaggi dobbiamo uscire. Se facciamo troppi passaggi indietro attiriamo il loro pressing e potrebbe essere molto pericoloso. E ricordate: non fate tirare Pogba». Il francese entra subito e in un'azione laterale inganna Dier che lo tocca da dietro: rigore e 1-1. Al 90' c'è un altro contatto tra Dier e Bruno Fernandes. L'arbitro concede il penalty, Mourinho è una furia. Ma per loro fortuna il Var annulla la decisione e toglie il rigore. Finisce 1-1.

Se Mou perde la pazienza

Nella partita successiva con il West Ham un gol di Son viene annullato per una precedente posizione di fuorigioco. All'intervallo è 0-0. L'allenatore all'intervallo regala la sua più severa performance: «Potrei parlarvi di mille errori commessi, di mille cose da rivedere. Io vi dico che se non vinciamo questa partita è finita, e ci aspetta un mese di partite senza motivazioni. Cazzo, svegliatevi. Vi ho detto una cosa sin dal primo giorno. Non voglio vedere rimpianti dopo la partita, non voglio vedere gente che si lamenta. C'è un momento per cambiare le cose che non vanno ed è durante la partita, non dopo. E invece poi magari venite qui e pappappì e pappappà (sciommiotta un calciatore che si lamenta camminando lento, ndr). Basta, reagite cazzo! Forza». La squadra reagisce, nella ripresa cambia tutto, il Tottenham vince 2-0, alla fine è grande festa. Nella conferenza stampa a distanza, gli chiedono di Dombelé, che non ha giocato ed è arrabbiato. Di prammatica la risposta: «Non possono giocare in 13, devo fare le mie scelte». Dombelé è il giocatore più pagato nella precedente estate, è necessaria una riunione tra il giocatore e il presidente Levy, che nel Tottenham si occupa di tutto come un direttore sportivo. Il 2 luglio si gioca a Sheffield ed arriva una brutta sconfitta condita anche da un gol annullato a Kane che Mourinho non ha digerito. Ma a fine gara non reclama scuse. Nell'allenamento successivo fa svolgere una partita interna sollecitando l'aggressività dei giocatori. Son si fa male a causa di un intervento duro di Dier. Nel gruppo si alza la tensione, si arriva quasi alle mani nella successiva discussione tra Lucas Moura e Dembelé. Son è avvilito in infermeria a riguardarsi il livido. Mourinho ci scherza su: «Sonny, fai una foto e mettila su Instagram e scrivi: ecco quello che succede nel nostro centro sportivo». A parte, il portoghese dice che certe cose possono capitare e, anzi, è un bene che capitino. Gli allenamenti devono essere così tirati se si vuole ad arrivare alla giusta mentalità. Questo per Mou è un tema ricorrente e siamo sicuri che sarà il leit motiv anche degli allenamenti a Trigoria. Il 6 luglio il Tottenham affronta l'Everton. Sull'1-0 per gli Spurs, dopo una stupida palla persa a centrocampo, e alla conseguente mancata copertura di Son, il portiere Lloris rimprovera a brutto muso il compagno al rientro negli spogliatoi a fine primo tempo. Le telecamere di Prime documentano anche ciò che è avvenuto negli spogliatoi. Son si giustifica: «Che potevo fare». Lloris è una furia, devono fermarlo mentre si avventa sul coreano: «Dovevi correre, mancava un minuto alla fine del tempo. E vale per te, per Lucas e per Harry». Interviene Mourinho e si mette nel mezzo: «Calma, non fate i bambini viziati. Quello che è successo a me non interessa. Ma pensiamo a un fatto: due mesi fa o un anno fa questo non sarebbe successo. Se succede è perché siete cresciuti e adesso pretendete di più da voi stessi e gli uni dagli altri. Quindi è un bene, di sicuro non possiamo concedere un gol all'ultimo minuto quindi ben vengano questi episodi. Nel secondo tempo gli Spurs lottano duro su ogni pallone e difendono il vantaggio, al fischio finale Lloris e Son si abbracciano ed è festa per tutti.

«Il derby? Per i tifosi»

Alla partita successiva con il Bournemouth finisce 0-0 e il punto rimediato vale solo il nono posto, la Champions League diventa un miraggio, ma si può puntare al settimo posto, l'ultimo valido per l'Europa League visto che il City è squalificato (ancorché in attesa del Tas). E quando chiedono conto a Mourinho in conferenza stampa del deludente nono posto, la sua risposta è chiara: «Se i tifosi non sono contenti, nessuno di noi lo è. Dopo la sconfitta in finale di Champions League è stato molto difficile per tutti credere che il giorno dopo il sole sarebbe tornato a splendere. E da quel momento abbiamo intrapreso una strada tormentata e anche gli infortuni sono stati determinanti. È un momento di transizione, ma sono fedele al progetto del club al 200%, loro vogliono crescere, e io sono ottimista. Ora giochiamo con l'Arsenal e considerata la rivalità sono sicuro che chi scenderà in campo rappresenterà al meglio i tifosi in campo». Ai giocatori sarà ancora più chiaro: «Oggi non conterà la qualità. Conterà chi combatterà di più. Andiamo». Lacazette apre le marcature con un grandissimo gol al sette tirando da 20 metri, ma su un giro palla sbagliato dalla squadra di Arteta Son si impossessa del pallone e fa 1-1 quasi subito. Poi un sinistro di Ben Davies finisce sulla traversa. Gli Spurs lottano duro e rimediano tre gialli. A dieci minuti dalla fine Alderweireld su calcio d'angolo colpisce di testa e il Tottenham vince il derby. È il lasciapassare per il finale in discesa, che consentirà agli Spurs di arrivare sesti, l'ultimo posto utile vista la revoca della squalifica per il City. Con due vittorie con Newcastle e Leicester e un pareggio, all'ultima col Crystal Palace, conquistano il sesto posto e il diritto ad andare in Europa League. Mourinho gonfia il petto: «Ho vinto molto nella mia carriera e non pensavo che avrei mai potuto festeggiare un sesto posto. Ma se penso che quando sono arrivato eravamo quattordicesimi allora lo considero un buon risultato». In quel momento era sicuramente convinto di poter alzare un trofeo l'anno seguente. Non ci riuscirà. Per il suo riscatto ora punta sulla Roma.

4ª parte / fine

Le puntate precedenti sono uscite il 28 maggio, il 3 e il 6 giugno

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