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Venti di rivolta

Serie A: tutti contro l'algoritmo, ma è l'unica via di uscita

Se il campionato non dovesse essere portato a termine, i club non amano i piani B e C di Gravina. Nessuno vuole i playoff e non hanno capito il senso del “coefficiente”

01 Giugno 2020 - 07:00

Si sa che gli uomini che prediligono le lettere non hanno un buon rapporto con i numeri. E quindi forse la giustificazione potrebbe assolvere i giornalisti che a quanto pare non gradiscono troppo i discorsi che si nascondono dietro la parola "algoritmo". Ma che anche i padroni del vapore (calcistico) - che pure i conti dovrebbero quanto meno aver imparato a farli stando alla velocità con cui hanno chiesto ai loro giocatori di rinunciare a parti consistenti del loro ingaggio annuale - contestino la soluzione prospettata dal presidente federale Gravina sui piani alternativi da individuare nel caso in cui non si riuscisse a portare a termine l'immane progetto di disputare tutte e 124 le partite residue nei 44 giorni che separano il 20 giugno dal 2 agosto, è davvero strano. Eppure niente può aiutare a stabilire chi merita di arrivare prima e chi dopo, ad esempio in una classifica imprevedibilmente spezzata, più di una "sequenza ordinata e finita di passi (operazioni e istruzioni) elementari che conduce a un ben determinato risultato in un tempo finito" (miglior definizione trovata).

Questo ha pensato di fare Gravina qualora, come è banalmente lecito immaginare, il campionato non si potesse concludere. E anche al cospetto del ministro Spadafora, nel giorno in cui tutte le componenti federali si sono dette disposte a rispettare ogni indicazione pur di ottenere il sì alla ripartenza, la Figc si è impegnata a garantire soluzioni alternative a quella della normale conclusione del torneo. E dunque Piano B con playoff e playout (che i presidenti neanche prendono in considerazione) o, in ultima analisi, Piano C con la classifica cristallizzata che però tenga conto di alcuni fattori oggettivi che non penalizzino, ad esempio, chi si dovesse trovare dietro di un punto ad un'altra squadra avendo giocato magari un numero inferiore di partite. Immaginiamo che - anche in un ipotetico regime di protocollo più allentato (magari con quarantena ridotta o annullata, sul modello tedesco) - la squadra x scopra un martedì nella propria rosa un contagiato al Covid e che, in attesa dell'esito dei nuovi test cui sottoporre i giocatori di quella squadra e delle due più recentemente affrontate, nel frattempo il campionato vada avanti per un paio di giornate, salvo poi scoprire che i contagiati sono di più e dunque ci si dovrà fermare definitivamente: è probabile che ci si possa ritrovare con una classifica con squadre a parità di partite, altre con una o due gare in meno.

E come se ne esce? Ecco che scatterebbe il calcolo di un coefficiente - per l'appunto, l'algoritmo - in grado di tener conto, come già scritto nelle norme federali per dirimere le parità di punti, dell'esito di eventuali scontri diretti, dei gol segnati e subiti, ma ovviamente anche del numero di partite giocate e, a quel punto, anche del numero di partite giocate in casa e in trasferta. Qualsiasi sia il calcolo da fare, la cosa più importante è che lo si stabilisca prima e Gravina si è impegnato a farlo nel Consiglio dell'8 giugno.

Esattamente come per i playoff. Che, nel piano federale, coinvolgeranno tutte e 20 le squadre divise su tre fasce, con sei o otto squadre a giocarsi scudetto e Champions, sei a contendersi la salvezza e le altre a giocarsi i piazzamenti. Nel caso in cui non si finisse - e resta al momento altamente probabile - i piani B e C sono sacrosanti. E se presidenti e giornalisti non lo capiscono, magari la Figc dovrà provare a spiegarlo a disegnini.

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