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La Lega passa la palla e aspetta che sia il Governo a fermare il calcio: oggi l'incontro

Nell'Assemblea di ieri le società di Serie A hanno ritrovato unità, ma è una strategia per non perdere i soldi delle tv. Oggi deciderà il ministro Spadafora

22 Aprile 2020 - 07:00

Il «sollievo», per citare le parole usate dal presidente della Federcalcio, potrebbe arrivare oggi, dall'incontro che il Ministro per le politiche giovanili e lo sport Spadafora ha fissato per le 12 in videoconferenza con i vertici della Figc, i presidenti Lega Serie A, Serie B, Lega Pro, della Associazione Calciatori, della Associazione Arbitri, della Federazione Medici Sportivi e una delegazione del Comitato Tecnico Scientifico istituito dalla Figc.

Oggi Spadafora, in nome e per conto del Governo Conte, potrebbe fare come il suo omologo olandese, che ha stoppato tutto lo sport professionistico del suo paese fino al 1 settembre. Dalle parti nostre magari si potrebbero usare toni più sfumati, si darebbero riferimenti meno netti, ma già solo spostando di nuovo la data per tornare ad allenarsi di fatto si sancirebbe quello che tutti sanno ma che nessuno ancora si azzarda a dire: che questa stagione, così com'è, in tempi brevi non si potrà disputare.

Con questa scelta il Governo toglierebbe dall'imbarazzo quasi tutte le componenti del calcio italiano: sarebbe un «sollievo» per Gravina e Dal Pino, per i calciatori e per gli arbitri che non sarebbero costretti a riprendere un'attività con le incognite della sicurezza e di un calendario per tempi e modalità insopportabile, per i medici che non dovrebbero prendersi responsabilità insostenibili, e forse farebbe uscire pure i presidenti da questa strada senza uscita che hanno intrapreso con un obiettivo che però ormai appare chiaro a tutti: evitare, per quanto possibile, di dover rinunciare a quei ricavi che sono ancora alla portata e cercare, per quanto possibile, di ridurre ulteriormente i costi.

Ecco perché ieri dall'Assemblea dei club è uscito l'idilliaco quadretto di venti società perfettamente allineate, per la seconda volta in pochi giorni: prima era capitato quando si sono ritrovati a sottoscrivere la proposta di tagliare quattro mesi di stipendi ai loro calciatori, e ieri è successo di nuovo per ribadire «l'intenzione di portare a termine la stagione sportiva 2019-2020, qualora il Governo ne consenta lo svolgimento, nel pieno rispetto delle norme a tutela della salute e della sicurezza».

Tradotto: noi non ci fermiamo, altrimenti le emittenti che devono saldare la rata residua avranno un appiglio per non farlo. Se poi sarà il Governo a fermare tutto, allora si configurerà quella causa di forza maggiore che, peraltro, nei contratti di concessione dei diritti è espressamente prevista, e non esime i contraenti dal saldare quanto dovuto. Cioè, l'ultima rata.

La spaccatura resta

Non confonda dunque quel comunicato: le società restano spaccate, diversi medici sociali hanno espresso i loro dubbi e attendono ancora risposte che forse non arriveranno mai (sulla reale applicabilità dei protocolli, sulle responsabilità legali, sui comportamenti da tenere in caso di nuovi contagiati in corso d'opera: il dottor Tavana del Torino ad esempio si è dimesso dal suo ruolo nella commissione) e alcuni presidenti di tornare a giocare in tempi brevi proprio non vogliono saperne (per esempio Cellino e Cairo, che però ieri si sono giustamente allineati).

Ieri hanno persino buttato giù altre date, proprio per non apparire troppo ansiosi: visto che l'Uefa vuole che i campionati, nel caso in cui si possa giocare, finiscano entro il 3 agosto, la Lega ha fatto sapere che in teoria si può ripartire anche il 6 giugno con le semifinali di ritorno della Coppa Italia e poi, a seguire, col resto del torneo, 124 partite in apnea in nemmeno due mesi.

La posizione della Roma

Allineata insieme con le altre società c'è ovviamente anche la Roma che però ha almeno il merito di essersi distinta in questo periodo per la brillantezza dei comportamenti e per l'attenzione sociale nel destinare aiuti a tutti quelli che ne avevano bisogno. Ieri sera a Sky l'amministratore delegato e Ceo della As Roma Guido Fienga ha illustrato la posizione del club giallorosso: «Sin dai primi giorni, quando avevamo manifestato le nostre perplessità ad andare a Siviglia, la Roma ha messo al primo posto le esigenze della tutela della salute di tutti. La nostra ambizione, come quella di tutti i comuni cittadini, è quella di arrivare ad una nuova normalità che contempli la convivenza con il Coronavirus. E in questo senso il calcio può avere un suo ruolo definito, favorendo l'accesso facilitato e a basso costo a sistemi di diagnosi veloci e sicuri. E questo è il contributo che la Lega vuole dare nell'incontro che ci sarà con il Governo. In questo senso i club sono davvero tutti uniti e compatti, aperti al confronto e contro ogni tipo di speculazione. Le nostre competenze possono essere messe a disposizione di tutti ed è quello che vorremmo manifestare nel confronto con le autorità di Governo».

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